Moda, stile e formazione cristiana

Il modo di vestirci rivela molti aspetti della nostra personalità. Inoltre, la moda e lo stile personale debbono rispecchiare la bellezza che nasce dalla fede e dalla verità. Articolo sulla moda e i valori cristiani.

Parlando del battesimo, san Paolo afferma che siamo stati rigenerati dalle sue acque in modo che «possiamo camminare in una vita nuova» i. Per vivere d’accordo con il Vangelo bisogna permettere che la luce della fede rinnovi il modo in cui consideriamo l’ambiente in cui viviamo e adottare l’altissima dignità dei figli di Dio come criterio decisivo per le nostre scelte personali. Si scopre così che tutto, grande o piccolo che sia, interessa Dio nostro Padre, e che la fede riguarda tutti gli aspetti della nostra vita. Grazie all’amore, è possibile dare un tocco cristiano a ogni aspetto della nostra esistenza affinché rispecchi la novità e la bellezza del cristianesimo, anche quelli apparentemente più materiali, come possono essere le scelte riguardanti lo stile del vestire e di comportarsi.

La fede e lo splendore del corpo umano

Senza pretendere di essere esaurienti, prenderemo in considerazione alcune funzioni e significati dell’abito. Per prima cosa, sono da sottolineare alcune funzioni elementari quali, ad esempio, la protezione dal tempo inclemente o da agenti esterni di altro tipo. Tuttavia, gli indumenti hanno qualcosa di più di un senso utilitaristico perché sono anche un modo con il quale esprimiamo la nostra personalità. Il nostro modo di vestire è la prima immagine di noi che proiettiamo agli altri e probabilmente farà parte del ricordo che si porteranno di noi, anche se l’incontro è stato breve. Questo spiega come mai il vestito svolga anche funzioni sociali e che sia normale l’elaborazione di uniformi e costumi particolari per feste ed eventi, che seguono certe norme di etichetta, ecc., come ormai mette in evidenza la presenza di dress codes per diverse occasioni sociali (lavoro, celebrazioni, avvenimenti sportivi, ecc.).

D’altra parte, il vestito è un grande alleato per proteggere l’intimità. Il modo in cui le persone si vestono, il taglio degli abiti, la disposizione degli accessori, sono un mezzo per mettere in evidenza alcuni punti della propria personalità e per rivolgere l’attenzione verso gli aspetti più umani. In questo senso, un bell’abito aiuta a far sì che sia rispettata la propria libertà senza esporre l’intimità a sguardi indiscreti, dato che contemplare una cosa equivale, in qualche modo, a possederla.

La fede completa e rafforza i motivi precedenti, attraverso ciò che ci insegna intorno alla dignità del corpo umano. In un certo senso, il corpo è lo specchio dell’anima della persona e, dunque, riflette anche l’immagine di Dio ii. È destinato a essere la dimora dello Spirito Santo: «Santo è il tempio di Dio, che siete voi» iii, scrive san Paolo. Recentemente Papa Francesco ci ha ricordato che, se parte da una corretta valutazione del corpo, l’uomo può entrare in una relazione armoniosa con il resto della creazione: «L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente» iv.

Pertanto, sostenere che il modo di vestire dimostra il pudore e la modestia non ha nulla da vedere con l’affermare che il corpo sia qualcosa di indegno o sconveniente. Al contrario, è proprio il riconoscimento del suo altissimo valore, e questo porta a una moda che, senza stravaganze o assurdità, contribuisca al rispetto dell’intimità del corpo. Lo si capisce meglio alla luce della Rivelazione, che ci insegna come, dopo il peccato originale, la concupiscenza sia entrata nella costituzione dell’uomo e come, da quel momento, le tendenze naturali dell’uomo e della donna siano segnate da un certo disordine. Si è perduta l’innocenza nello sguardo e, come diceva l’allora cardinale Ratzinger, «lo splendore di Dio è venuto meno nell’uomo, che ora si trova lì, nudo ed esposto, e si vergogna» v; si è perduto quello splendore divino che era come la «prima veste» dell’uomo e della donna. Proprio il pudore è una sorta di rimedio a questo disordine introdotto dal peccato, perché ci aiuta a coltivare le relazioni in modo più umano, rispettando delicatamente la corporeità dell’altro e riconoscendone il valore inviolabile.

Esistono nelle culture diversità ed evoluzioni legittime dei costumi, che sono l’espressione della loro peculiarità anche nelle diverse creazioni di abiti e vestiti. La loro ricchezza dipenderà dalla misura in cui servono a contribuire al valore insostituibile di ogni persona. Così, proteggere l’intimità attraverso il vestito sarà sempre necessario. In caso diverso, si cadrebbe in un grave impoverimento e, se si generalizzasse, comporterebbe una tremenda decadenza morale nella società. Siamo realisti: anche se si annulla il senso del pudore, la concupiscenza non scompare e vi sono alcuni modi di presentarsi che incitano sempre a reazioni irrispettose che, alla fin fine, sono poco umane.

Un ambito per la formazione

Tra la fede e il bello c’è un’armonia fondamentale, di modo che, come dice Papa Francesco, «tutte le espressioni di autentica bellezza possono essere riconosciute come un sentiero che aiuta a incontrarsi con il Signore Gesù» vi. Questo comprende anche il linguaggio, il contegno, l’abbigliamento personale, con la scelta dell’abito e dello stile, che mettono in evidenza la nostra personalità. La formazione cristiana influisce in quest’ambito, perché si rivolge alla persona tutta intera: «Non si riferisce soltanto a una parte della persona, ma a tutto il suo essere. Deve arrivare ugualmente all’intelletto, al cuore e alla volontà» vii.

In realtà, il buon gusto è una cosa che, di per sé, richiede formazione nel senso più ampio del termine. Come dice il Papa, «prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta a uscire dal pragmatismo utilitaristico. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» viii. Nessuno nasce con il buon gusto già formato, perché fa parte dell’educazione che si riceve da piccoli attraverso la contemplazione della bellezza nella natura – della sua diversità e del suo ordine –, l’apprezzamento di un brano di musica classica, di una scultura, ecc.

Non tutto dipende dalle circostanze e dalle opinioni che cambiano. Perciò è logico indicare con chiarezza quando un prodotto e lo stile di vita implicito che con esso si propone, attentano direttamente a valori quali il pudore, il rispetto, la sobrietà. Conviene, tuttavia, che si espongano bene, con senso positivo, le ragioni morali che sconsigliano una scelta, tanto più efficaci se avanzate da qualcuno di cui riconosciamo il buon gusto. Non siamo condannati a uno stile stantio e noioso; è proprio il contrario: i valori cristiani sono connaturali all’autentica bellezza, che però comincia da ciò che in noi c’è di più profondo.

Ognuno può sviluppare un proprio stile, che manifesti la gioia di un’anima che riferisce ogni cosa all’amore di Dio. Una buona formazione cristiana aiuta molto, perché genera nella persona una struttura solida, caratteristica dell’unità di vita, che non dipende dagli alti e bassi dei sentimenti, dalle opinioni degli altri, dal desiderio di autoaffermazione, dall’ultima cosa apparsa sul mercato. Alcuni principi della fede, come la filiazione divina, la fraternità cristiana, la destinazione del corpo alla gloria della risurrezione, stanno alla base delle scelte e danno un criterio per valutare le mode. Favoriscono, in definitiva, una sana autostima che porta a ciò che san Josemaría chiamava il «complesso di superiorità» dei figli di Dio, che operano sicuri delle proprie scelte, anche quando l’ambiente ha altre abitudini.

L’influenza della moda nel compito della nuova evangelizzazione

Promuovere una moda degna, che non riduca la persona alla sua dimensione corporale, è un compito di grande importanza. San Josemaría sottolineava quanto sia importante che i cristiani lavorino nel settore della moda e che vi portino il messaggio del Vangelo. Una delle prime donne che seguirono san Josemaría ricorda che tra gli ambiti apostolici che proponeva loro c’erano proprio le attività della moda; nell’aprire questo panorama aggiungeva: «Di fronte a tutto ciò si possono avere due reazioni: una è quella di pensare che si tratta di cose molto belle, ma chimeriche, irrealizzabili; l’altra è aver fiducia nel Signore che, se ci ha chiesto tutto questo, ci aiuterà a farlo. Spero che la vostra sia la seconda» ix. Come accade in qualunque altra attività di evangelizzazione, la fecondità dipende dalla forza della preghiera. Contemporaneamente è necessario lavorare a grandi livelli di professionalità.

Le attività legate alla moda – stiliste, sarti o sarte, disegnatrici e disegnatori, consulenti… –, se svolte con serietà e senso soprannaturale, rendono presente Dio nella misura in cui esprimono la vera bellezza: tutto ciò che è autenticamente bello è un riflesso della bellezza di Dio, nobilita la persona e la spinge a essere rispettosa con se stessa e con gli altri. In un vestito un certo stile, anche quando è un prodotto culturale ed effimero, è capace di comunicare una concezione trascendente dell’essere umano se è in relazione con il suo fine ultimo, la gloria di Dio. Non soltanto l’alta moda rispecchia questa bellezza, ma anche un indumento semplice, giornaliero, con il quale si può stimolare il buon gusto, superare la villania e aiutare a formare un clima interiore ricco nel quale può crescere una perfetta vita cristiana.

La buona moda contribuisce, come nella parabola, a far sì che la terra dove cade il seme del Vangelo sia predisposta a dare frutti di santità x; libera dal consumismo e dal lusso eccessivo, che rendono l’anima schiava alle cose materiali; innalza l’uomo e la donna al di sopra della sensualità e di ogni impurità; nel contempo, li rende più sensibili alla bellezza autenticamente umana: non solamente quella del corpo, ma anche quella dello spirito. Proprio per questo vale la pena cercare quegli stili che, senza disprezzare il corpo, non lo mettono eccessivamente in evidenza a detrimento della dimensione spirituale della persona; quegli stili che portano allo spirito, al cuore, alla trascendenza, attraverso ciò che è materiale.

In questa attività di creare una moda attraente, che abbia un tono autenticamente cristiano, un ruolo speciale viene svolto dai professionisti del settore. Però, forse oggi più che mai, possiamo contare su innumerevoli mezzi perché chiunque possa influire positivamente. Esistono canali attraverso i quali i consumatori, anche facendo fronte comune, possono dichiarare se un prodotto rispecchia o meno lo stile di vita che vogliono adottare. A chi, per negligenza o per mancanza di buon gusto, sceglie un capo di vestiario poco adatto, si può rivolgere un commento delicato al momento opportuno. Di solito, tutti hanno piacere di essere aiutati, specialmente quando l’aiuto viene da un amico sincero.

Nel contesto della nuova evangelizzazione, la singolare importanza di questo settore spinge a conservare la speranza: «Non dobbiamo permettere che cada nel vuoto la bella sfida di far sì che molte persone e istituzioni, in tutto il mondo, promuovano, spinti dall’esempio dei primi cristiani, una nuova cultura, una nuova legislazione, una nuova moda, che sia in accordo con la dignità della persona umana, destinata alla gloria dei figli di Dio in Gesù Cristo» xi. Per quanto ardua possa sembrare questa missione, continuiamo a considerarla con ottimismo, «sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore» xii, dato che ci impegniamo per servire la Chiesa e l’intera società.

N.S.W.

i  Rm 6, 4.

ii  Cfr. Gn 1, 26-27.

iii  1 Cor 3, 17.

iv  Papa Francesco, Lettera enc. Laudato si’, 24-V-2015, n. 155.

v  Joseph Ratzinger, Via Crucis, X stazione, Venerdì Santo 25-III-2005.

vi  Papa Francesco, Es. Ap. Evangelii gaudium , 24-XI-2013, n. 167.

vii San Josemaría, Lettera 8-XII-1949, n. 91.

viii  Papa Francesco, Lettera enc. Laudato si’, 24-V-2015, n. 215.

ix  Citato in Andrés Vázquez de Prada, Il fondatore dell’Opus Dei , vol. II, Leonardo Internaz., Milano 2003, p. 568.

xCfr. Mt 13, 8.

xiJavier Echevarría, Lettera pastorale, 29-IX-2012, n. 17.

xii1 Cor 15, 58.