"Mi piace servire!"

Katia Blondeau, 31 anni, è una numeraria ausiliare dell’Opus Dei. Lavora nella Scuola Alberghiera Dosnon vicina a Soissons (Francia).

Che cosa significa per te essere numeraria ausiliare?

Una numeraria ausiliare è una donna cristiana, una persona dell’Opus Dei che vive il celibato e che cerca di porre gli altri (la propria famiglia, i clienti, gli amici) al centro del proprio lavoro – nel mio caso, il settore alberghiero- e in questo modo vuole servire Dio, conoscerlo e amarlo.

Personalmente mi sforzo di creare un ambiente familiare nel posto dove lavoro, e spero di contribuire in questo modo alla serenità e all’equilibrio delle persone con cui vengo in contatto con la mia professione.

Come rendi concreto tutto ciò?

Attraverso la cura che metto nei piccoli particolari, per esempio, nell’apparecchiare la tavola; o ascoltando con attenzione le necessità degli altri. In fondo si tratta di far felici gli altri.

In questo periodo lavoro come assistente tecnico della Scuola alberghiera Dosnon. Sono responsabile della cura e del servizio di coloro che partecipano alle attività di formazione e ai ritiri spirituali nel Centro di Convegni di Couvrelles, adiacente alla Scuola Alberghiera.

Quale è stata la reazione della tua famiglia di fronte alla tua scelta?

Quando io ho cominciato a frequentare un Centro dell’Opera, i miei genitori non conoscevano l’Opus Dei e per questo hanno cercato qualche informazione. Mi ponevano domande e io rispondevo evidentemente in modo soddisfacente perché si sono tranquillizzati. Poco a poco hanno conosciuto lo spirito di famiglia che c’è nella casa in cui vivo: si sono trovati bene  in quell’ambiente e perciò sono  contenti.

Mio padre è cuoco di professione e così qualche tempo fa, è venuto a preparare una cena “di gala” che volevamo offrire a una di noi che compiva gli anni. Oramai i miei vengono con regolarità alla Scuola Dosnon per partecipare alle attività che organizziamo. 

Quale è stato il tuo percorso professionale?

Quando ho terminato i miei studi di tecnica alberghiera, ho lavorato per qualche tempo nel ristorante di un importante Gruppo Aziendale . Ho imparato molte cose e a un buon ritmo, perché il lavoro in questo settore non si può improvvisare. Trinciare,  far fiammeggiare i piatti in sala davanti al cliente, l’arte della tavola, enologia, tutto molto bene…. Ma io volevo lavorare per la mia famiglia, l’Opus Dei. E così iniziai a lavorare nei vari centri dell’Opera svolgendo lì i compiti domestici.

In questo momento sono docente di ristorazione nella scuola alberghiera, dove, inoltre, l’Opus Dei offre alle alunne che lo desiderano una formazione cristiana. Lì cerco di trasmettere tutte le mie conoscenze professionali oltre alla cura per gli altri che considero di estrema importanza.

Oggi c’è un grande interesse per le professioni relative al servizio degli altri, prima poco valorizzate. Cosa ti sembra di questo cambio?

Mi sembra molto positivo e allo stesso tempo logico! È come scoprire il valore di ogni persona e la necessità che abbiamo di essere amati. Secondo me gran parte dei problemi della società derivano dall’indifferenza con cui a volte ci trattiamo.

Penso che le professioni che hanno relazione con il servizio contribuiscono molto direttamente a creare una società più umana, più “calda”. Per questo mi sembra logico che vadano acquisendo un nuovo valore: è un grande guadagno per la società. 

Non ti pare che in un’epoca in cui tutti cercano di sottolineare i diritti e lavorare meno, il vostro ritmo di lavoro può sembrare eccessivo?

Noi che lavoriamo nel settore dei servizi alberghieri, sappiamo che i nostri compiti non hanno nulla di ordinario: lavoriamo quando gli altri riposano, andiamo in vacanza fuori tempo, e così via.

Il ritmo è evidentemente esigente: basta osservare il personale di sala o della cucina di un ristorante in un giorno di alta affluenza! Da parte mia, sono soddisfatta con le mie 35 ore di lavoro.

I giorni di festa quindi sono sinonimo di maggior lavoro?

Certo! Perché i giorni nei quali si festeggia qualcosa, è richiesta un po’ più di attenzione. Bisogna sforzarsi per esempio per preparare il piatto favorito di qualcuno e inventarsi un nuovo addobbo della tavola, qualcosa di originale, di inatteso.

Mi piace dare questa dimensione familiare al mio lavoro e dimostrarlo con particolari di affetto verso i miei. Queste attenzioni non rappresentano per me un sovraccarico di lavoro; sono fonte di allegria perché so che gli altri godono per ciò che ho fatto.

Nei centri dell’Opera ho fatto delle bellissime esperienze: ogni persona cerca di rendere lieta la vita degli altri, specialmente se qualcuno è in difficoltà, per motivi di lavoro, salute o altro. Credo che le numerarie ausiliari abbiamo un compito molto importante in questo campo e questo mi è di stimolo per lavorare con maggiore attenzione e senso professionale. 

Ti sembra che questo tipo di lavoro sia sufficientemente remunerato?

Il mio salario risponde alle mie conoscenze e al mio lavoro. Non è eccessivo,  ma è sufficiente.

Attualmente ho un contratto con la scuola Alberghiera Dosnon. Il mio mantenimento è a mio carico: vitto, abbigliamento, libri, svago, ecc.

Cerco di usare senso di responsabilità nelle spese, sapendo che – come ogni persona dell’ Opus Dei - posso aiutare economicamente, se mi è possibile, molte iniziative sociali, culturali ed educative che persone dell’Opera portano avanti in tutto il mondo. Mi piace contribuire – anche se con piccole quantità - allo sviluppo di iniziative nei Paesi più poveri.

Quale frase di San Josemaría ti piace di più?

Che la tua vita non sia una vita sterile. – Sii utile. –Lascia traccia.- Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore.