Meditazioni: Solennità della Santissima Trinità

Riflessioni per meditare nella solennità della Santissima Trinità. I temi proposti sono: La Trinità è nella nostra anima; Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; Lo Spirito Santo ci porta al Figlio e al Padre.

- La Trinità è nella nostra anima

- Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

- Lo Spirito Santo ci porta al Figlio e al Padre


La solennità della Santissima Trinità ricapitola tutto ciò che ci è stato rivelato nella Pasqua: la morte e la resurrezione del Signore, la sua ascensione alla destra del Padre e l’effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste. La liturgia inizia questa festa lodando e adorando la Trinità, che ci è stata manifestata in Gesù; «Sia benedetto Dio Padre e l’unigenito Figlio di Dio e lo Spirito Santo, perché grande è il suo amore per noi» (Antifona d’ingresso). La Trinità non è soltanto un mistero dell’identità di Dio. È, in modo speciale, il mistero del suo amore misericordioso per il mondo e per ciascuno di noi.

«Io ti battezzo – disse un sacerdote mentre spargeva per tre volte l’acqua sulla nostra testa – nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». E continua sant’Ilario: «Il Signore comandò di battezzare (…) professando la fede nel Creatore, nell’unico Figlio e in quello che viene chiamato il Dono. Uno solo è il Creatore di tutto, perché uno solo è Dio Padre, dal quale tutto procede; e uno solo l’unico Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, per il quale tutto è stato fatto; e uno solo lo Spirito, che è stato dato a tutti noi»[1].

La Trinità ci ha fatti entrare nell’intimità divina come figli. L’acqua del battesimo ci ha dato la capacità di relazionarci con le tre persone. Di più: siamo stati creati per questa relazione d’amore; per glorificare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. «Mi avete sentito dire molte volte – diceva san Josemaría – che Dio è nel centro della nostra anima in grazia; e che, quindi, abbiamo tutti un filo diretto con Dio nostro Signore. A cosa possono valere tutti i paragoni umani con questa meravigliosa realtà divina? Dall’altro lato del filo c’è, mentre ci guarda, la Trinità intera: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, perché dove c’è una delle Persone divine, lì sono le altre due. Non siamo mai soli»[2].


Tutte le volte che facciamo il segno della croce, ricordiamo il nome di Dio nel quale siamo stati battezzati. La celebrazione eucaristica inizia e termina con il segno della croce. Succede la stessa cosa, spesso, prima di cominciare a pregare e alla fine. Ci sono anche persone che hanno l’abitudine di segnarsi quando entrano o escono di casa, e in molti altri momenti di preghiera. «Nel segno della croce e nel nome del Dio vivente è, perciò, contenuto l’annuncio che genera la fede e ispira la preghiera»[3].

San Paolo ci ricorda che, per mezzo di Cristo, camminiamo alla presenza di Dio, nell’amore di Dio che «è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5). È questa la «speranza che non delude». Nella pienezza dei tempi, Dio ha voluto rivelarci la sua divina intimità per farci figli di Dio Padre, con la redenzione di Dio Figlio, in virtù della grazia di Dio Spirito Santo. Il suo amore continua a realizzare l’opera della nostra salvezza e santificazione. Santa Teresa di Calcutta un giorno per strada incontrò un’anziana, coperta di piaghe e cominciò a medicarla. A un certo punto, la donna le chiese: «Perché lo fai?». Santa Teresa le rispose: «Me lo ha mostrato il mio Dio». L’anziana replicò: «Chi è il tuo Dio?». E Teresa di Calcutta con semplicità: «Tu conosci il mio Dio. Il mio Dio si chiama amore».

Dio è amore, «non nella singolarità di una sola Persona, ma nella Trinità di una sola natura» (Prefazio). «Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo»[4]. Dio non è un essere solitario, che vive isolato e indifferente al destino dell’uomo; è una famiglia, una fonte inestinguibile di vita che si dona.


Nel discorso dell’Ultima Cena, Gesù annuncia e promette l’invio dello Spirito Santo: Egli sarà consolazione e forza per i discepoli. Il Signore lo chiama «Spirito di Verità» perché ci «guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16, 13). Lo Spirito Santo non aggiunge nulla di nuovo al Messia; «prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà», dice Gesù (Gv 16, 14). Come Gesù, dice solo quello che ascolta e riceve dal Padre, «lo Spirito Santo è interprete di Cristo. (…) Non ci conduce in altri luoghi, lontani da Cristo, ma ci conduce sempre più dentro la luce di Cristo»[5].

Con parole di san Gregorio Nazianzeno, «L’Antico Testamento ha manifestato chiaramente il Padre, oscuramente il Figlio. Il Nuovo Testamento ha rivelato il Figlio e lasciato trapelare la divinità dello Spirito. Oggi lo Spirito vive in mezzo a noi e si fa conoscere più chiaramente»[6]. Il Paraclito «insegna fin d'ora ai fedeli, nella misura in cui ciascuno è capace di intendere le cose spirituali, e accende nel loro cuore un desiderio di conoscere tanto più vivo quanto più progredisce nella carità, grazie alla quale ama le cose che conosce e desidera conoscere quelle che ignora»[7].

«Con l’azione dello Spirito Santo ha irradiato una luce nuova sulla terra e in ogni cuore umano che lo accoglie; una luce che rivela gli angoli bui, le durezze che ci impediscono di portare i frutti buoni della carità e della misericordia»[8]. Come quando si rompe un’ampolla di profumo il suo odore si spande ovunque, così, quando il Corpo di Cristo è morto sulla croce, il suo Spirito si è sparso nei cuori di tutti[9]. Chiediamo a Maria, figlia, madre e sposa di Dio, che ci insegni a entrare nella comunione trinitaria, per vivere e testimoniare l’amore che dà significato alla nostra vita.


[1] Sant’Ilario, Trattato sulla Santissima Trinità, libro 2, 1, 33.35.

[2] San Josemaría, Appunti da una predicazione, 8-XII-1972.

[3] Benedetto XVI, Angelus, 30-V-2010.

[4] Francesco, Angelus, 26-VI-2013.

[5] Benedetto XVI, Omelia, 7-V-2005.

[6] San Gregorio di Nazianzio, Discorso 31, 25-27 (PG 36, 159).

[7] Sant’Agostino, Trattato 97,1 (Commento al Vangelo di san Giovanni).

[8] Francesco, Angelus, 11-VI-2017.

[9] Cfr. Sant’Ippolito, Commento al Cantico dei Cantici, 13, 1.