L’Opus Dei, prelatura personale

In occasione del XXV anniversario dell’erezione dell’Opus Dei come Prelatura personale, il Prof. Carlos José Errázuriz risponde ad alcune domande.

Mons. Carlos José Errázuriz Mackenna, cileno, è professore di Diritto Canonico nella Pontificia Università della Santa Croce. Inoltre è Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti e del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi. È autore, fra altri libri, de Il diritto e la giustizia nella Chiesa, pubblicato da Giuffrè Editori.

1. Che cos’è una prelatura personale?

Una prelatura personale è una parte della Chiesa Cattolica, nel senso che è composta da determinati fedeli ed è strutturata in modo gerarchico, con un prelato che ne è capo e principio di unità e con sacerdoti e diaconi che con lui collaborano. Specifico delle prelature personali è che promuovono la vita cristiana e l’opera di evangelizzazione della Chiesa in modo complementare alle diocesi, alle quali continuano ad appartenere i fedeli che fanno parte di una prelatura personale.

La complementarietà delle prelature personali può rispondere a motivi diversi, ma sempre in relazione al bene spirituale dei fedeli. Può succedere, per esempio, che, volendo favorire una maggiore partecipazione degli emigranti alla vita ecclesiale, si organizzi una prelatura con un clero preparato per occuparsi delle loro necessità specifiche; oppure, come nel caso della prelatura dell’Opus Dei, può accadere che una realtà ecclesiale che nasce da un carisma (in altre parole, da un dono di Dio alla Chiesa) riunisca in se stessa le caratteristiche proprie di una prelatura personale.

2. Come si crea una prelatura personale?

È la Chiesa stessa, rappresentata dal Papa, che prende la decisione di creare una prelatura personale, dopo aver consultato le Conferenze Episcopali interessate, con l’intenzione di servire più efficacemente le anime. Naturalmente questa decisione presuppone l’esistenza degli elementi costitutivi di una prelatura personale: una comunità di fedeli, presieduta dal Prelato, un clero che l’aiuta pastoralmente e una specifica ragione ecclesiale.

3. Da quando esistono nella Chiesa le prelature personali?

Anche se esistevano precedenti simili di strutture gerarchiche di tipo personale (come gli ordinariati militari), la figura delle prelature personali è frutto dell'impulso apostolico del Concilio Vaticano II, che poi è stato accolto dall’attuale Codice di Diritto Canonico. La prima a essere eretta è stata la prelatura dell’Opus Dei, in virtù della Costituzione Apostolica Ut sit di Giovanni Paolo II del 28 novembre 1982.

4. Quante prelature personali esistono attualmente? Perché non ce ne sono di più?

Attualmente esiste solo la prelatura personale dell’Opus Dei. Il fatto che finora non ne siano state erette altre si spiega con la novità stessa delle prelature personali, che devono offrire garanzie di solidità ecclesiale e devono inserirsi armonicamente nelle diocesi in cui sono presenti. Esistono, peraltro, altre circoscrizioni ecclesiastiche, come gli ordinariati militari, dotate di una configurazione del medesimo tipo, vale a dire personale e complementare alle diocesi.

5. In che cosa si assomigliano e in che cosa si differenziano le prelature personali rispetto alle diocesi, agli ordini religiosi e ai movimenti?

È bene tenere presente che tutte le realtà ecclesiali, di qualunque natura siano, partecipano della stessa vita e della stessa finalità dell’unica Chiesa. Pertanto, tutte sono chiamate a vivere nella stessa comunione ecclesiale e a coltivare relazioni di reciproco affetto.

Sia le prelature personali che le diocesi sono comunità di fedeli di natura gerarchica. Le diocesi sono Chiese particolari e comprendono tutti i fedeli di un determinato territorio. Le prelature personali vivono e operano all’interno di una o più diocesi, con le quali cooperano mediante il compimento della loro finalità ecclesiale specifica, in un rapporto di complementarietà.

All’interno della Chiesa i fedeli possono costituire realtà di carattere associativo che, pur non essendo comunità di natura gerarchica come le diocesi e le prelature, portano avanti un’attività ecclesiale con fini diversi. Alcune, come le confraternite o le associazioni di carità, non prevedono nei loro membri una vocazione specifica. Altre, invece, presuppongono che vi sia una chiamata che fa partecipare a un determinato carisma. Gli ordini e le congregazioni religiose raggruppano fedeli che, mossi da un carisma proprio, danno con la loro vita e con la loro azione apostolica una testimonianza pubblica e ufficiale della radicalità del Vangelo.

I movimenti sono realtà associative di origine carismatica che comprendono ogni tipo di fedeli, specialmente fedeli laici che vivono nel mondo e che stabiliscono fra loro vincoli di fraternità e di apostolato legati al proprio carisma.

6. Che cos’era l’Opus Dei prima di essere una prelatura? In che cosa si differenziano gli statuti del 1950 dagli attuali?

Fin dalla sua fondazione, il 2 ottobre 1928, l’Opus Dei era già essenzialmente, sia pure allo stato germinale, la stessa cosa che oggi vediamo divenuta realtà: una parte della Chiesa, composta da fedeli e strutturata gerarchicamente intorno a un capo, che all'inizio fu il fondatore, san Josemaría Escrivá, sacerdote. Questa realtà ecclesiale universale aveva bisogno, naturalmente, di essere riconosciuta dalla Chiesa ed era necessario che la Santa Sede intervenisse per configurarla come struttura gerarchica. È stato un processo lungo, cosa comprensibile trattandosi di un fenomeno nuovo nella vita della Chiesa.

Prima dell’erezione come prelatura personale, cioè la figura che risponde pienamente alla sua realtà, l’Opus Dei era stato approvato come istituto secolare, cosa che permetteva di riconoscere che tutti i suoi fedeli, sacerdoti e laici, facevano parte della stessa realtà ecclesiale e attribuiva una certa potestà al sacerdote che ne era a capo. Gli statuti del 1950 rispecchiavano fedelmente la realtà dell’Opus Dei, ma, dovendo soddisfare la figura di istituto secolare, contenevano alcuni elementi che non coincidevano con la realtà secolare che è propria del carisma dell’Opus Dei. Questi elementi sono poi scomparsi nei suoi statuti come prelatura.

7. Da quando è una prelatura, l’Opus Dei ha una maggiore autonomia? Si può parlare dell’Opus Dei come di una chiesa dentro la Chiesa?

Nessuna porzione della Chiesa costituisce “una chiesa dentro la Chiesa”, ma esattamente il contrario: ogni porzione produce vincoli di comunione rispetto a tutta la Chiesa. I fedeli dell’Opus Dei, proprio in quanto tali, sono e si sentono membri vivi della Chiesa universale e delle loro rispettive diocesi, alla cui vita partecipano come gli altri fedeli; bisogna poi tener presente che questa prelatura, a differenza di ciò che potrebbe succedere in altre, non contempla alcuni aspetti della pastorale ordinaria (battesimi, cresime, matrimoni, funerali, ecc.), e invece dedica una particolare attenzione alla formazione dei suoi fedeli e di quelli che si avvicinano ai suoi apostolati (incontri e ritiri spirituali, studio delle scienze sacre, direzione spirituale personale, ecc.).

La legittima autonomia dell’Opus Dei nel portare avanti la sua missione ecclesiale, come lo è del resto l’autonomia che in gradi diversi è propria di ogni fedele e di qualsiasi realtà ecclesiale, è sempre autonomia in comunione con la Chiesa universale e con il Romano Pontefice, con le Chiese particolari e con i Vescovi diocesani. In questo senso, l’Opus Dei, nella sua attuale configurazione come prelatura, gode dell’autonomia propria degli enti della costituzione gerarchica della Chiesa (il cui capo è un soggetto con potestà episcopale), che è diversa dall’autonomia propria degli enti a struttura associativa.

8. Qual è la missione della prelatura dell’Opus Dei? Che cosa ha di peculiare questa missione, che non si trova in altre realtà della Chiesa?

La missione della prelatura dell’Opus Dei è la stessa missione salvifica di tutta la Chiesa, da compiere in base a un carisma specifico di santificazione e di apostolato nel lavoro professionale e nell’insieme della vita ordinaria. Tutto ciò che è peculiare di questo carisma e di questa missione, come accade con ogni carisma, proviene dal dono di Dio, dato prima a San Josemaría come fondatore, poi alle sue figlie e ai suoi figli spirituali, oltre che a tutti quelli che ad esso partecipano in maggiore o minore misura. Il fatto che questo carisma dia luogo a una prelatura non è frutto di una semplice decisione basata su motivi di convenienza, ma deriva dalla realtà stessa di questo carisma, che comporta necessariamente la conformazione di una comunità di fedeli gerarchicamente strutturata.

9. Come si governa la prelatura dell’Opus Dei? Chi la dirige?

Come in ogni prelatura, il governo della prelatura dell’Opus Dei compete al prelato e ai suoi vicari, che si avvalgono a diversi livelli di consigli, nei quali collaborano altri fedeli, molti dei quali laici, sia uomini che donne. Inoltre i fedeli laici danno un contributo decisivo nelle opere di organizzazione e realizzazione dell’attività formativa dell’Opus Dei.

10. Come si finanzia?

La prelatura dell’Opus Dei si finanzia come le diocesi o altre prelature, vale a dire anzitutto con i contributi dei suoi stessi fedeli e di altre persone che cooperano economicamente alla sua missione. Le iniziative apostoliche legate alla prelatura nell’ambito dell’educazione, della sanità, della promozione sociale, ecc. – delle quali la prelatura si assume solo la responsabilità di ciò che riguarda la loro vitalità cristiana – si finanziano come le altre istituzioni dello stesso tipo nei vari Paesi.

11. Da chi dipende il Prelato dell’Opus Dei? Chi lo nomina?

Il prelato dell’Opus Dei e la stessa prelatura dipendono – come tutte le circoscrizioni ecclesiastiche – dalla Santa Sede, ossia dal Romano Pontefice e dall’organo che lo aiuta in ciò che riguarda le diocesi e le prelature, vale a dire la Congregazione per i Vescovi.

Il prelato dell’Opus Dei è nominato dal Papa, a seguito della procedura di individuazione della persona prevista negli statuti della prelatura; essi richiedono l’intervento di alcuni fedeli della stessa, che sono chiamati a pronunciarsi e a indicare un sacerdote che ritengono più adatto. In seguito il Romano Pontefice può chiamare il prelato a ricevere il sacramento dell’episcopato, che, pur senza essere indispensabile, è molto congruente alla sua missione gerarchica di pastore. Così è avvenuto con i due primi prelati, mons. Álvaro del Portillo e mons. Javier Echevarría.

12. I laici fanno parte della prelatura, o ne fanno parte solo i sacerdoti?

Sia gli uni che gli altri fanno ugualmente parte della prelatura, nella quale, come in tutta la Chiesa e in ognuna delle sue porzioni, esiste una fondamentale uguaglianza tra tutti i fedeli in quanto a dignità e missione come cristiani, e nello stesso tempo c’è una diversità essenziale per ciò che riguarda il sacerdozio. Questa diversità assicura la cooperazione organica tra sacerdoti e laici nella missione della Chiesa. Giovanni Paolo II, parlando della Prelatura dell'Opus Dei, ha affermato: "Innanzitutto desidero sottolineare che l'appartenenza dei fedeli laici sia alla propria Chiesa particolare sia alla Prelatura, alla quale sono incorporati, fa sì che la missione peculiare della Prelatura confluisca nell'impegno evangelizzatore di ogni Chiesa particolare, come previde il Concilio Vaticano II nell'auspicare la figura delle Prelature personali" (Discorso , 17-III-2001). Concepire la prelatura come una istituzione formata unicamente da sacerdoti sarebbe contrario sia alla realtà dell’Opus Dei che alla stessa novità e all’indole specifica delle prelature. Una concezione del genere considererebbe le prelature come associazioni di sacerdoti incardinati in esse, istituzioni certamente molto importanti nella vita della Chiesa, ma essenzialmente diverse dato il loro carattere associativo e unicamente clericale.

Invece la realtà dell’Opus Dei comprende, è vero, una associazione di sacerdoti, la Società Sacerdotale della Santa Croce, inseparabile dalla prelatura; ma la Società Sacerdotale della Santa Croce riguarda solo la vita spirituale dei suoi membri: non il loro lavoro pastorale, che non cambia per il fatto di appartenervi. Fanno parte di questa associazione i sacerdoti della prelatura e altri sacerdoti diocesani che hanno ricevuto anche la vocazione all’Opus Dei per santificarsi nella loro vocazione sacerdotale, senza costituire un gruppo a parte, ma facendo in modo che il loro ministero e il loro inserimento nella diocesi, il luogo che è loro proprio nel servizio della Chiesa, siano sempre più fecondi, in piena e cordiale obbedienza all’autorità del vescovo diocesano, unica autorità ecclesiastica dalla quale dipendono, e in fraterna unione con tutti gli altri sacerdoti.

13. Che differenza c’è fra un normale cattolico, più o meno praticante, e una persona dell’Opus Dei?

Nessuna differenza, in quanto una persona dell’Opus Dei è un normale cattolico che, all’interno della sua vocazione cristiana, ha ricevuto la chiamata specifica a far parte di una famiglia spirituale e a sforzarsi di essere un cristiano migliore e a collaborare alla missione della Chiesa. Questa chiamata non lo distingue dagli altri, perché non implica la trasformazione della sua vita in un segno ecclesiale della sequela di Cristo, come è proprio della vocazione dei religiosi. La secolarità è essenziale per tutti i fedeli dell’Opus Dei, anche per quelli che vivono il celibato come parte della loro vocazione. Ovviamente, se per normale cattolico s’intende un cattolico che nella sua vita non è particolarmente impegnato con il Signore e con la Chiesa, i fedeli dell’Opus Dei cercano con tutte le loro forze di non riconoscersi in questa tipologia: non solo, ma essi sanno di essere chiamati a ricordare a tutti che per i discepoli di Cristo dev’essere normale seguirlo incondizionatamente, con uno stile di vita che certe volte può apparire sorprendente a chi non lo intende da una prospettiva pienamente cristiana.

14. Com’è possibile che si richieda una vocazione specifica per essere membro di una prelatura?

Naturalmente questo requisito vocazionale non è essenziale nelle prelature personali, le quali possono fondarsi su circostanze molto diverse, generalmente legate a vincoli sociali tra i loro fedeli.

Tuttavia è possibile che lo si richieda nel caso in cui la stessa realtà ecclesiale presupponga una vocazione specifica, come accade nel caso dell’Opus Dei. La Chiesa riconosce e favorisce qualcosa che viene dallo Spirito Santo, senza la quale tutta la prelatura dell’Opus Dei non potrebbe esistere.

15. A che cosa si impegna una persona che si incorpora all’Opus Dei?

L'incorporazione alla prelatura dell’Opus Dei è essenzialmente unita alla vocazione personale di quel fedele. Ecco perché l’incorporazione comporta l’impegno di vivere tutto quello che si riferisce a tale vocazione. Nelle sue manifestazioni esterne questo impegno si colloca sempre ed esclusivamente sul piano della vita ecclesiale della persona, senza entrare mai in ambiti di natura temporale. Si tratta di obblighi che si riferiscono alla vita spirituale, alla formazione personale, a una partecipazione sollecita alle attività apostoliche svolte dalla prelatura. Trattandosi solo di ambiti nei quali un fedele gode di libertà per seguire questo o quel cammino, l’impegno con la prelatura si armonizza perfettamente con gli obblighi che un fedele ha verso la Chiesa universale e verso la Chiesa particolare, e con altri obblighi che naturalmente o per propria volontà abbia assunto. Il vincolo all’Opus Dei tende esattamente ad aiutarlo a vivere l’insieme dei suoi obblighi ordinari, sia nella Chiesa che nella società civile.

Per alcuni fedeli l’impegno comprende anche il celibato apostolico e una maggiore disponibilità al servizio delle attività apostoliche proprie della prelatura.

16. A livello istituzionale, che relazioni ha l’Opus Dei con la diocesi? Inoltre, nella sua attività pastorale opera d’accordo con le istituzioni religiose e con altre realtà ecclesiali?

La vita della prelatura s’inserisce, come parte viva, all’interno di ogni diocesi. Perciò la prelatura è in costante rapporto con la diocesi e con il rispettivo vescovo. Inoltre è giuridicamente necessario il suo intervento per iniziare il lavoro della prelatura nella diocesi oppure per aprire Centri della prelatura. Ancora più importanti, tuttavia, sono i contatti permanenti che favoriscono la piena sintonia con la vita diocesana e con gli obiettivi pastorali del Vescovo diocesano.

La prelatura dell’Opus Dei è in comunione con tutte le realtà ecclesiali presenti in una diocesi. All’interno della legittima autonomia ecclesiale di ognuna di queste realtà, la vita della diocesi alla quale tutte appartengono offre abitualmente molteplici occasioni di contatto e di collaborazione. È bene tener presente che l’Opus Dei non costituisce un gruppo a sé all’interno della diocesi e non è né opera come una associazione, e perciò i suoi membri possono liberamente far parte di associazioni di fedeli di carattere secolare.

17. Quale beneficio riceve una diocesi dal lavoro dei fedeli dell’Opus Dei?

Il lavoro e l’intera vita delle persone dell’Opus Dei, nella misura in cui sono fedeli alla loro vocazione, concorrono al bene spirituale e apostolico della diocesi in cui le attività si svolgono. Come è proprio del carisma dell’Opus Dei, il contributo dei suoi fedeli al bene della diocesi – e lo stesso si può dire del contributo dell’immensa maggioranza dei cattolici – ha come scenario la vita secolare, vale a dire l’ambito familiare, culturale, economico, politico, ecc., nella quale le persone dell’Opus Dei, godendo della stessa libertà e autonomia di qualunque altra persona, si impegnano a vivere a fondo secondo il Vangelo: vale a dire, al servizio degli altri per Dio.