«L’Opus Dei è ciò che accade nella vita dei suoi membri»

Intervista a Fernanda Zaidan Lopes, laureata in Chimica (Brasile, 1986), che da quattro anni presiede il Comitato preparatorio del Centenario dell’Opus Dei, la cui celebrazione avrà luogo tra il 2028 e il 2030. In un colloquio con Mundo Cristiano a Roma, spiega in che cosa consiste il suo lavoro e quali sono le principali sfide di questo progetto internazionale.

- Verso il Centenario
- Ringraziare, chiedere perdono
- Cambiamenti nel tempo
- Il ruolo delle donne cent'anni dopo


VERSO IL CENTENARIO

Lei fa parte, a Roma, del comitato per la preparazione del centenario dell’Opus Dei. Chi ne fa parte? Con quali criteri sono stati scelti i membri?

Con l’idea di “mettere in gioco la palla” e dare avvio alle prime riflessioni sulla celebrazione, nel dicembre 2020 è stato costituito il comitato centrale di preparazione del centenario dell’Opus Dei, a partire da una domanda che ne ha segnato il punto di partenza: come possiamo servire meglio ogni persona, la Chiesa e il mondo a partire dal carisma dell’Opus Dei?

Il gruppo, composto da quattro donne e tre uomini residenti a Roma – per facilitare il lavoro – e provenienti da culture, generazioni e ambiti professionali diversi, aveva lo scopo di avviare la riflessione su principi ispiratori, linee d’azione, possibili progetti e calendari, con una varietà di prospettive che ne hanno arricchito la visione fin dall’inizio.

Il comitato era inizialmente formato da Juan Manuel Mora, come coordinatore; Isabel Troconis, Santiago Pérez de Camino, Jaime Cárdenas, Marta Isabel González e Mónica Herrero. Successivamente sono entrate Linda Corbi e Gema Bellido, in sostituzione di Marta e Mónica, che avevano lasciato Roma. Per quanto mi riguarda, svolgo la funzione di presidente del comitato.

Qual è il vostro lavoro adesso, a tre anni dalla ricorrenza? State già pensando ad atti concreti o si tratta piuttosto di delineare alcune linee di fondo?

Finora, con l’orientamento dell’Assessorato centrale e del Consiglio generale, organi di governo che assistono il prelato, abbiamo individuato tre aree prioritarie: una riflessione ampia; l’ascolto di tutti; e il contributo alla professionalizzazione delle iniziative di impatto sociale ispirate al messaggio dell’Opus Dei, con un’attenzione particolare alla formazione in ambiti legati alla cittadinanza e alla dottrina sociale della Chiesa.

Fin dall’inizio ci ha animato il desiderio che il centenario, oltre all’aspetto celebrativo che gli è proprio, sia soprattutto un cammino “performativo”: che cioè ogni persona possa uscirne trasformata, e che questo si rifletta anche a livello istituzionale. Un esempio concreto è quanto abbiamo vissuto recentemente con le assemblee regionali, che sono state un momento di riflessione globale (con la partecipazione diretta di oltre 50.000 persone) su come possiamo servire meglio la Chiesa e la società. A partire dalle proposte personali, sono state raccolte alcune conclusioni che contribuiranno a ispirare l’azione evangelizzatrice dei membri e i progetti formativi dell’Opus Dei nei prossimi anni.

Dopo questa prima fase di ascolto, siamo entrati in una fase di preparazione più immediata, nella quale si stanno costituendo – in diversi Paesi – i comitati locali del centenario, con l’obiettivo di promuovere iniziative che si adattino alle circostanze e alle caratteristiche proprie di ciascun luogo.

Gran parte del lavoro che continueremo a svolgere da Roma consisterà nel sostenere e accompagnare questi gruppi locali, affinché il centenario sia vissuto là dove ciascuno si trova e nel modo più adatto a ogni contesto. Ci entusiasma l’idea che questo cammino possa accendere una luce nel cuore di ogni persona, e che tutti si sentano – e siano realmente – parte del centenario.


RINGRAZIARE, CHIEDERE PERDONO

Tra le possibili linee di lavoro (fare un bilancio, ringraziare per il bene ricevuto, chiedere perdono), quale prevale?

Prevale il desiderio di ringraziare per un dono di Dio: i primi cento anni da quando Egli ha ispirato un nuovo carisma per la sua Chiesa. Questo è perfettamente compatibile con il riconoscere gli errori, correggersi, fare tesoro dell’esperienza e lanciarsi con fiducia nell’avventura del futuro.

Personalmente, mi entusiasma – e avverto lo stesso entusiasmo anche attorno a me – riscoprire come quel messaggio di Dio, che in un momento della mia vita mi ha affascinato e dato senso, possa continuare a illuminare la storia di tante persone e tradursi in una risposta d’amore nel lavoro, nella famiglia, nel tempo libero e in tutti gli ambiti in cui si svolge la nostra esistenza.

Credo che lo riassuma bene un'espressione di san Giovanni Paolo II, nella lettera Novo Millennio Ineunte, che ci ha accompagnato fin dall’inizio: «Ricordare con gratitudine il passato, vivere con passione il presente e aprirci con fiducia al futuro».

Guardando verso l’esterno, c’è qualcosa da migliorare o da mettere particolarmente in risalto?

Naturalmente, ci sono margini di miglioramento. Il nostro approccio è universale: non distingue tra “interno” ed “esterno”. Il mondo di oggi – segnato dalla polarizzazione e dalle periferie esistenziali in cui tanti si trovano abbandonati – chiede a tutti un rinnovamento della fede, lasciandosi raggiungere da Dio nelle situazioni più ordinarie; una maggiore capacità di dialogo, che superi l’individualismo e la frammentazione; il desiderio concreto di collaborare con tutti, avvicinandoci a chi è nel bisogno; l’umiltà di riconoscere i propri limiti senza ingigantire quelli altrui; e una costante disponibilità a essere costruttori di ponti.

Per quanto riguarda gli aspetti da mettere in evidenza, penso che questa celebrazione ci offra un’occasione per valorizzare tutto il potenziale del messaggio sulla santificazione del lavoro e della vita quotidiana, che san Josemaría ricevette e cominciò a diffondere quasi cento anni fa.

Una delle novità potrebbe essere la collaborazione con altre istituzioni o persone della Chiesa?

Poco fa accennavo alla necessità, oggi più che mai urgente, di persone disposte a cooperare con gli altri e a costruire ponti, per superare la polarizzazione e l’individualismo. Ci piacerebbe che proprio questi atteggiamenti di apertura e di collaborazione si riflettano nella preparazione e nella celebrazione del centenario.

Da quando san Josemaría ricevette la missione divina di fondare l’Opus Dei, ebbe rapporti di collaborazione con diverse istituzioni della Chiesa: naturalmente con il vescovo di Madrid, ma anche con il suo direttore spirituale, che era un gesuita; con le monache del monastero di Santa Elisabetta o con i religiosi che contribuirono alla formazione accademica dei primi sacerdoti dell’Opera. Allo stesso tempo, aveva chiarissimo che l’Opus Dei era nel mondo per «servire la Chiesa come voleva essere servita» in ogni momento della storia.

Poiché l’Opus Dei è costituito dalle sue persone, la vera novità sta nel carisma incarnato nella vita di tanti uomini e donne di ogni generazione. Per questo san Josemaría descriveva il fenomeno pastorale dell’Opus Dei come una “organizzazione disorganizzata”, in cui si dà priorità all’iniziativa personale di ciascuno. La maggior parte dei membri partecipa alla vita delle proprie parrocchie e, nei rispettivi ambienti professionali e sociali, collabora con altri cattolici, con cristiani di altre confessioni e con persone di buona volontà che non condividono la fede, ma condividono lo stesso desiderio di migliorare il mondo.

In questa prospettiva di riscoperta dello spirito originario, che ruolo hanno gli scritti del fondatore? Sono valorizzati a sufficienza?

Il prelato ha voluto, in vista del centenario, che fossero resi accessibili a tutti più testi inediti di san Josemaría; per questo sono state pubblicate sul sito escriva.org lettere e altri scritti. Senza dubbio rappresentano una fonte sempre viva e preziosa, tanto per i fedeli dell’Opus Dei, quanto per molte altre persone.

Mi è capitato – e sento spesso che accade anche ad altri – di imbattermi in questi testi e provare la sensazione che siano stati scritti oggi. Mi piace pensare che quelle parole, poiché intrise del Vangelo e del messaggio cristiano, siano come un seme che conserva intatta la sua forza e la sua vitalità. Sta a noi preparare e coltivare il terreno perché questo seme cresca, e la preparazione al centenario può essere un’occasione per lasciarci interpellare in prima persona da san Josemaría.

Un esempio interessante è il nuovo libro intitolato Cammino innamorato, che raccoglie 99 punti di Cammino – il testo più conosciuto di san Josemaría – e che commenta con una sensibilità contemporanea. Un altro caso rappresentativo è stata la sfida mondiale proposta dall’app di preghiera cattolica Hallow per vivere la Quaresima, che quest’anno ha utilizzato proprio Cammino come filo conduttore, con commenti e riflessioni guidate da personalità note in tutto il mondo.


CAMBIAMENTI NEL TEMPO

Nel documento Cammino verso il centenario, pubblicato nel gennaio 2024, si invitano i membri dell’Opera a partecipare con suggerimenti ed esperienze. Che tipo di contributi sono arrivati?

Abbiamo ricevuto migliaia di proposte, una vera e propria ondata di suggerimenti di ogni tipo: alcuni molto concreti, altri più ampi, applicabili a livello locale o globale. Questa grande partecipazione mi ha confermato che, davvero, l’Opera appartiene a tutti.

Il prelato, mons. Fernando Ocáriz, ricorda spesso che l’Opus Dei, in realtà, non è fatto di edifici o di iniziative istituzionali, ma di ciò che accade nella vita e nelle famiglie di ciascuno dei suoi membri.

Questi suggerimenti rivelano quali sono i sogni di tante persone dell’Opus Dei e dei loro amici: incarnare sempre meglio qualche aspetto di quel messaggio per contribuire a rendere il mondo un posto migliore. In particolare, attraverso il sostegno alle famiglie e ai giovani.

Grazie a Dio, molte di queste proposte esprimono il desiderio di riconoscere e contribuire a rispondere ai bisogni sociali di ogni luogo. In tutte si avverte una motivazione di servizio, di empatia con la sofferenza delle persone e di impegno per alleviarla o prevenirla, quando è nelle nostre possibilità.

Un contributo particolare è venuto da persone che, per un periodo della loro vita, hanno fatto parte dell’Opera: con la loro voce ci hanno aiutato a leggere in modo più completo il passato e a promuovere processi di miglioramento orientati a sostenere ogni persona.

Il centenario può aiutare a comprendere meglio il ruolo dei laici nella Chiesa?

Penso che se ciascuno, in quanto cristiano e battezzato, prende sul serio il proprio impegno di santità e di evangelizzazione, il ruolo dei laici risplenderà da sé. Mi auguro che il centenario possa contribuire proprio a questo.

Un cristiano coerente, un cittadino solidale, un buon padre di famiglia, una buona professionista stanno già costruendo la Chiesa. È lì che l’Opera desidera essere di aiuto, attraverso la formazione e l’accompagnamento che offre, per favorire l’incontro personale con Dio nella vita quotidiana e diventare seminatori di pace e di gioia in ogni ambiente, portando la carità di Cristo in tutte le realtà umane.

Che cosa suggerisce ai membri dell’Opus Dei per prepararsi al centenario?

Lo riassumerei così: “essere pronti ad ascoltare e disposti a rispondere”. Perché il Vangelo, le ispirazioni dello Spirito Santo, gli insegnamenti della Chiesa, il messaggio di san Josemaría, le persone e le circostanze che ci circondano, ci parlano, ci interpellano e ci chiedono una risposta. La risposta di chi ama questo mondo e, proprio per questo, cerca di comprendere le dinamiche che lo animano, per essere presente là, “dove nascono i cambiamenti”, con uno sguardo pieno di speranza, senza paura di lasciarsi coinvolgere, senza nostalgie per tempi passati.

Guardando ai prossimi cento anni dell’Opus Dei, e considerando che la maggior parte dei suoi membri è sposata, una priorità potrebbe essere quella di sviluppare maggiormente iniziative legate alla famiglia e alla formazione dell’affettività, come già avviene in vari Paesi. Pensa che questi ambiti avranno un peso crescente nella formazione e nelle proposte dell’Opera?

Mi piace pensare che, in occasione del centenario dell’Opera, si possa approfondire la comprensione del matrimonio come vocazione divina, così come lo vedeva il fondatore dell’Opus Dei. Mi emoziona anche il fatto che saranno proprio i membri soprannumerari e i cooperatori, con la testimonianza della loro vita, a poter rispondere alle necessità delle famiglie.

Una delle priorità su cui la maggior parte delle proposte emerse nelle assemblee regionali – svoltesi nei Paesi in cui è presente l’Opera – ha concordato è proprio il sostegno alle coppie di sposi e alla famiglia, per il contributo sociale che rappresentano. Un’esigenza concreta che continua a emergere è quella di offrire un accompagnamento aperto a tutti e una formazione adeguata alle circostanze e al contesto di vita di ciascuno. Tra i temi più ricorrenti figurano l’amore coniugale, la comunicazione nella coppia, la costruzione di un progetto familiare condiviso, l’unità matrimoniale, la complementarità nella diversità, l’accompagnamento nei casi di separazione, la solitudine non scelta, le diverse situazioni che possono presentarsi nel percorso educativo dei figli, l’assistenza agli anziani non autosufficienti, ecc.

Quali aspettative suscita Il nuovo papa Leone XIV? Vi attendete da lui qualcosa in particolare?

È stato molto emozionante vivere un cambio di pontificato nell’anno del Giubileo della speranza e nel cammino verso il centenario dell’Opera. Una parte importante dell’eredità di san Josemaría riguarda l’amore per il Papa e per la Chiesa: quando si sperimenta questo affetto, si percepisce che non è qualcosa di “nostro”, ma un’eredità, una tradizione di famiglia.

Vivendo a Roma, ho avuto occasione di seguire da vicino papa Francesco: i suoi viaggi, i suoi discorsi, le convocazioni rivolte a tutto il popolo di Dio. Posso dire che mi interpellava in modo particolare anche perché, come me, era latinoamericano, sebbene Roma insegni ad avere un cuore universale. Ricordo con emozione le ultime volte in cui gli sono stata più vicina: quando andai all’ospedale Gemelli a pregare insieme ai fedeli riuniti per lui, e durante le sue ultime comparse in Piazza San Pietro, durante la Settimana Santa.

Nei primi passi del pontificato di Leone XIV è impressionante vedere come nella Chiesa esistano una unità e un’armonia che non equivalgono a uniformità. C’è continuità nella varietà delle espressioni e dei caratteri. Posso dire che, pur non conoscendolo ancora bene, già gli voglio bene e desidero sostenerlo nella sua missione attraverso il mio lavoro, così come cercavo di fare durante il pontificato di Francesco.

Durante la Messa di inaugurazione del pontificato, per una circostanza del tutto casuale, ho avuto l’opportunità di leggere la preghiera dei fedeli in portoghese. È stato un momento brevissimo, ma che mi ha permesso di essere testimone dell’emozione del Papa, di incrociare il suo sguardo, di vedere la piazza dalla sua prospettiva e di percepire le telecamere che trasmettevano la celebrazione in tutto il mondo. È davvero un tesoro avere il Papa: egli ci unisce tutti e ci collega al cuore di Gesù.


IL RUOLO DELLE DONNE CENT’ANNI DOPO

Come viene affrontato concretamente, nel centenario, il tema del ruolo delle donne?

Il mondo è cambiato molto in questi cento anni, e una parte di questi cambiamenti riguarda proprio la presenza della donna in ambiti in cui prima non era riconosciuta. Ciò comporta nuove opportunità e nuove sfide, per le quali non esiste un’unica risposta.

Mi rallegra constatare che il fondatore dell’Opus Dei è stato un pioniere in questo ambito, riconoscendo le caratteristiche proprie della leadership femminile. San Josemaría affermava che la donna è chiamata a portare nella famiglia, nella società civile, nell’impresa, nell’università, nella vita pubblica e nella Chiesa qualcosa che le è proprio e che solo lei può offrire: la sua delicata tenerezza, la generosità instancabile, l’amore per le cose concrete, l’intelligenza acuta, la capacità di intuizione…

Personalmente, sogno una promozione della donna che non implichi disprezzo per l’uomo, né contrapposizione tra i due. Costruiremo qualcosa di duraturo e significativo solo nella misura in cui sapremo rispettare e promuovere realmente la dignità di ogni persona e la collaborazione reciproca.

Come state vivendo nell’Opera il processo di aggiornamento degli Statuti, richiesto da papa Francesco e coincidente con il cammino verso il centenario?

Nell'Opera abbiamo vissuto questo processo in grande unità con il prelato e, con lui, in piena comunione con il Papa. È stato un cammino di tre anni, durante i quali mons. Ocáriz ci ha tenuti costantemente informati su ogni fase del lavoro, e ciò ci ha aiutato ad accompagnarlo con la preghiera, come lui stesso chiedeva. Ho potuto constatare personalmente la fiducia in Dio e la prontezza del prelato nel rispondere a ciò che la Santa Sede chiedeva in ogni momento.

La proposta di adeguamento ha permesso di raccogliere suggerimenti da tutti i membri che desideravano partecipare, e di verificare ancora una volta come si cerchi di mantenere un equilibrio tra il carisma e la dimensione giuridica. Questa intenzione è stata una costante nella vita del fondatore dell’Opera e, in un certo senso, Dio ha voluto che, nel cammino verso il centenario, tale aspetto tornasse ad essere di attualità.

Non sappiamo ancora quale sarà la forma definitiva degli Statuti, anche perché, mentre eravamo nel pieno del processo di revisione, nel Codice di Diritto Canonico sono intervenuti cambiamenti significativi riguardo alle prelature personali, ora equiparate ad associazioni clericali. Pur riconoscendo che anche i sacerdoti vi svolgono un ruolo fondamentale, lo spirito dell’Opera è eminentemente laicale. L’importante è che possiamo vivere pienamente il nostro spirito, che possiede un immenso potenziale per il mondo di oggi.

La riflessione sull’espressione giuridica del carisma ha permesso anche di individuare alcuni aspetti oggi particolarmente significativi, attraverso i quali siamo chiamati a offrire un contributo specifico nella Chiesa e nella società: la comprensione del lavoro come mezzo di incontro con Cristo e di servizio agli altri, e come manifestazione del carattere secolare del nostro carisma. In un mondo in continuo cambiamento, è fondamentale mantenere il legame con le origini, che è la base di una fedeltà creativa nella risposta personale.


Intervista pubblicata nell’edizione cartacea di Mundo Cristiano dell’agosto 2025.