San Josemaría era solito parlare della antica novità del messaggio che aveva ricevuto da Dio: vecchio come il Vangelo e nuovo come il Vangelo [1]. Vecchio, perché lo spirito dell’Opus Dei è quello che hanno vissuto i primi cristiani, che erano consapevoli di essere chiamati alla santità e all’apostolato senza abbandonare il mondo, immersi nelle loro occupazioni e compiti quotidiani. Perciò, il modo più facile per capire l’Opus Dei è di pensare alla vita dei primi cristiani. Essi vivevano a fondo la loro vocazione cristiana; cercavano seriamente quella perfezione alla quale erano chiamati per il fatto, semplice e sublime, di aver ricevuto il Battesimo[2].
Il fondatore dell’Opus Dei si riempiva di gioia quando trovava negli scritti degli antichi Padri della Chiesa tracce di questo messaggio. Sono molto chiare a questo proposito le parole che San Giovanni Crisostomo rivolge ai fedeli nel IV secolo: “ Non vi dico: allontanatevi dalla città e disinteressatevi delle faccende cittadine. No. Rimanete dove siete, ma praticate la virtù. Veramente, preferirei che brillassero per le loro virtù coloro che vivono nel cuore delle città, piuttosto che coloro che se ne sono andati a vivere sui monti. Perché da questo ne deriverebbe un bene immenso, dal momento che nessuno accende una luce e poi la mette sotto il moggio… E non venire a dirmi: ho figli, ho moglie, devo occuparmi della casa e non posso compiere quanto mi dici. Se non avessi niente di questo ma fossi tiepido, tutto sarebbe perduto; ma anche se in tutto questo tu fossi immerso, se sei fervente, praticherai la virtù. Si richiede soltanto una cosa: una generosa disponibilità. Se c’è questa, né l’età, né la povertà, né le ricchezze, né gli affari, né alcuna altra cosa possono costituire un ostacolo alla virtù. E, in verità, vecchi e giovani; sposati e padri di famiglia; artigiani e soldati, hanno compiuto già quanto comandato dal Signore. Davide era un ragazzo; Giuseppe, uno schiavo; Aquila esercitava un mestiere manuale; la venditrice di porpora dirigeva un laboratorio; un altro era carceriere; un altro centurione, come Cornelio; uno era malato, come Timoteo; un altro era uno schiavo fuggitivo, come Onesimo, e tuttavia, niente di tutto ciò fu di ostacolo per nessuno di loro, e tutti brillarono per la loro virtù: uomini e donne, giovani e vecchi, schiavi e liberi, soldati e borghesi”.[3]
Il Signore vuole entrare in comunione d’amore con ciascuno dei suoi figli, nella trama delle occupazioni di ogni giorno, nel contesto feriale in cui si svolge l’esistenza» Giovanni Paolo II
Le circostanze della vita ordinaria non sono un ostacolo, bensì materia e via di santificazione. Con le debolezze e i difetti tipici di ognuno, siamo anche noi, come quei primi discepoli, cittadini cristiani che vogliono corrispondere in pieno alle esigenze della loro fede[4]. Lo spirito dell’Opus Dei si rivolge a cristiani che non hanno bisogno di uscire dal loro posto per incontrare e amare Dio, proprio perché - come ha ricordato Giovanni Paolo II commentando l’ insegnamento di san Josemaría – “il Signore vuole entrare in comunione d’amore con ciascuno dei suoi figli, nella trama delle occupazioni di ogni giorno, nel contesto feriale in cui si svolge l’esistenza ”[5].
Perciò esclamava san Josemaría: suscitando in questi anni la sua Opera, il Signore ha voluto che mai più si ignori e si dimentichi la verità che tutti devono santificarsi e che alla maggior parte dei cristiani compete di santificarsi nel mondo, nel lavoro ordinario. Per questo, finché ci saranno uomini sulla terra, esisterà l’Opera. Occorrerà sempre questo fenomeno: che ci sono persone di tutte le professioni e mestieri che cercano la santità nel loro stato, nella loro professione o mestiere, essendo anime contemplative nel bel mezzo della strada[6].
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Gli insegnamenti che san Josemaría ha trasmesso con la sua parola e i suoi scritti, assieme al suo esempio, costituiscono uno spirito con dei tratti caratteristici, come il senso della filiazione divina, la contemplazione nella vita ordinaria, la fusione dell’anima sacerdotale con la mentalità laicale, l’amore alla libertà e la gioia tipica dei figli di Dio … Questi e tutti gli altri aspetti degli insegnamenti del fondatore dell’Opus Dei non sono elementi semplicemente giustapposti, bensì sprazzi di luce di un unico spirito capace di informare e penetrare tutti i momenti e le circostanze della vita.
Come una porta gira con naturalezza sul proprio cardine, allo stesso modo lo spirito dell’Opera poggia e fa perno sul lavoro ordinario, sul lavoro professionale esercitato in mezzo al mondo [7]. Il cardine di una porta non è più importante della porta stessa, ma è un elemento che occupa una posizione singolare. Così come non servirebbe a niente il solo cardine, senza la porta, allo stesso modo non avrebbe quasi senso – per molto brillante che fosse - un lavoro professionale avulso dall’ insieme, fine a se stesso: un lavoro che non fosse l’asse della santificazione di tutta la vita ordinaria, familiare e sociale. Ma allo stesso tempo, che ne sarebbe di una porta senza il cardine? Per noi, il lavoro professionale e i doveri familiari e sociali sono elementi inseparabili dell’unità di vita, indispensabile per santificarci e santificare il mondo dal di dentro, configurando la società umana secondo il volere di Dio[8].
Il nostro lavoro professionale può essere effettivamente lavoro di Dio, operatio Dei, perché siamo figli adottivi di Dio e formiamo una sola cosa con Cristo. Il Figlio Unigenito si è fatto Uomo per unirci a Sé – così come le membra di un corpo sono unite alla testa - e agire attraverso di noi. Veramente, noi siamo di Cristo come Cristo è di Dio[9]. Egli vive e agisce nel cristiano attraverso la grazia.
San Josemaría ha predicato instancabilmente che qualunque lavoro onesto si può santificare –diventare santo-, trasformarsi in opera di Dio. E che il lavoro così santificato ci identifica con Cristo –perfetto Dio e perfetto Uomo -, ci santifica e perfeziona, ci rende immagine sua. E’ tempo che i cristiani dicano ben forte che il lavoro è un dono di Dio[10]: non un castigo o una maledizione, ma una realtà voluta e benedetta dal Creatore prima del peccato originale[11], una realtà che il Figlio di Dio incarnato ha fatto sua a Nazaret, dove condusse una vita di lunghi anni di lavoro quotidiano assieme a Santa Maria e a San Giuseppe, senza brillantezza umana ma con uno splendore divino. Nelle mani di Gesù il lavoro, un lavoro professionale simile a quello di milioni di uomini in tutto il mondo, si converte in impresa divina, in attività redentrice, in cammino di salvezza[12]. Anche lo stesso sforzo che il lavoro esige è stato innalzato da Cristo a strumento di liberazione dal peccato, di redenzione e santificazione[13]. Non esiste un lavoro umano onesto che non possa “divenire ambito e materia di santificazione, terreno di esercizio delle virtù, dialogo d’amore che si realizza nelle opere”[14].
Tra le nostre mani, come in quelle di Cristo, il lavoro si deve trasformare in preghiera verso Dio e in servizio agli uomini per la corredenzione dell’intera umanità. Il Creatore aveva formato l’uomo dal fango della terra e l’aveva reso partecipe del suo potere creativo affinché perfezionasse la creazione, e la trasformasse con il suo ingegno[15]. Tuttavia, dopo il peccato, invece di elevare le realtà di questa terra alla gloria di Dio per mezzo del lavoro, frequentemente l’uomo si acceca e si degrada. Ma Gesù ha trasformato il fango in collirio per guarire la nostra cecità, in modo simile a quanto fece con il cieco dalla nascita[16]. Quando scopriamo che è possibile santificare il lavoro, tutto si illumina di un senso nuovo, e iniziamo a vedere e ad amare Dio – ad essere contemplativi – nelle circostanze che prima sembravano monotone e comuni, o si sviluppavano in un orizzonte soltanto terreno, senza una portata eterna e soprannaturale.
Davanti a noi si presenta un panorama splendido: santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro, santificare con il lavoro[17]. Siamo protagonisti del disegno divino di mettere Cristo al vertice di tutte le attività umane. Disegno che Dio ha voluto che san Josemaría comprendesse con una chiaroveggenza che lo portava a scrivere, pieno di fede nella grazia e di fiducia nella nostra corrispondenza: Posso già contemplare, lungo tutti i tempi, fino all’ultimo dei miei figli – perché siamo figli di Dio, lo ripeto- agire professionalmente, con sapienza di artista, con immaginazione felice di poeta, con sicurezza di maestro e con un pudore più suadente dell’eloquenza, procurando di fare del bene a tutta l’umanità –proprio mentre sta cercando la perfezione cristiana nella sua professione e nella sua condizione nel mondo [18].
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Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali (…) E’ in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce[19]. La Santissima Trinità ha concesso a san Josemaría la sua luce perché potesse contemplare profondamente il mistero di Gesù Cristo, luce degli uomini[20]: “grazie ad una vivissima percezione del mistero del Verbo Incarnato, egli comprese che l’intero tessuto delle realtà umane si compenetra, nel cuore dell’uomo rinato in Cristo, con l’economia della vita soprannaturale e diviene luogo e mezzo di santificazione”[21]. Lo spirito dell’Opera ha già illuminato la vita di una moltitudine di uomini e donne delle più diverse condizioni e culture, che hanno intrapreso l’avventura di voler essere santi nella naturalezza della vita ordinaria. Un’avventura di amore a Dio, abnegato e forte, che ricolma l’anima di felicità e semina nel mondo la pace di Cristo[22].
Giovanni Paolo II ha invitato a seguire fedelmente l’esempio di san Josemaría. “Sulle orme del vostro Fondatore, proseguite con zelo e fedeltà la vostra missione. Mostrate con lo sforzo quotidiano che l’amore di Cristo può informare tutto l’arco dell’esistenza[23]”. Contiamo soprattutto sull’intercessione di nostra Madre. A Lei chiediamo di prepararci ogni giorno il cammino e di mantenercelo sicuro sempre. Cor Mariae dulcissimum, iter para tutum!, iter serva tutum!
Javier López Díaz, Professore di Teologia Spirituale presso la Pontificia Università della Santa Croce
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1. Colloqui, n.24
2. Ibidem
3. San Giovanni Crisostomo, In Matth. hom., XLIII, 5
4. Colloqui, n. 24
5. Giovanni Paolo II, Allocuzione durante l’Udienza ai partecipanti al Congresso “ La grandezza della vita quotidiana”, 12-I-2002, n.2
6. San Josemaría, Lettera 9-I-1932, nn.91-92. Citato in Andrés Vázquez de Prada, Il Fondatore dell’Opus Dei, vol I, p. 319, ed Leonardo International
7. E’ Gesù che passa, n. 45
8. Cfr. Conc. Vaticano II, Costit. dogm. Lumen Gentium, n.33
9. Cfr. Gv. 6, 56-57; 17, 23; 1 Cor 3, 23; Col 1, 26-29; Gal 2, 20; Rm 8, 10-11
10. E’ Gesù che passa, n. 47
11. Cfr. Gn, 2, 15
12. Colloqui, n. 55
13. Cfr. 1 Cor 6, 11
14. Giovanni Paolo II, Allocuzione durante l’Udienza ai partecipanti al Congresso “ La grandezza della vita quotidiana”, 12-I-2002, n. 2
15. Cfr. Gn. 2, 7, 15
16. Cfr. Gv 9,7
17. E’ Gesù che passa, n. 44
18. San Josemaría, Lettera 9_I-1932, n. 4
19. Sal 35, 8, 10
20. Gv 1, 4
21. Congregazione per le Cause dei Santi, Decreto sull’esercizio eroico delle virtù del Servo di Dio Josemaria Escrivà de Balaguer, Fondatore dell’Opus Dei, 9-IV-1990, § 3
22. Cfr. Ef 1,10
23. Giovanni Paolo II, Allocuzione durante l’Udienza ai partecipanti al Congresso “ La grandezza della vita ordinaria”, 12-I-2002, n. 4