La neve che prepara i cuori

Anche se e Betlemme non nevicava, è impossibile per noi riferirci al Natale senza pensare alla neve, al freddo e al calduccio delle nostre case pronte per la festa. Don Daniele Mottura ci aiuta a entrare nel periodo di Natale con una riflessione sulla chiamata a “crescere al di dentro”.

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Questo periodo nella nostra parte del mondo coincide con la fase più fredda dell’anno. Temperature e umidità fanno sì che appaiano le prime nevicate. Fenomeno curioso questo, che interessa grandi e piccini, anche quelli che vivono in zone in cui non nevica, e che magari chiedono con insistenza ai genitori di assistervi ad ogni costo. La neve riveste le cime, scende nelle valli e sulle pianure. Si insinua sulle strade e obbliga a rallentare e talvolta addirittura a fermarsi così da poter alzare lo sguardo; la neve ti “obbliga” a contemplare.

L’acqua d’un tratto muta e si lascia trasformare in una forma sorprendentemente nuova. Sfida la gravità, cade leggera e con discrezione va ricoprendo di fatto qualsiasi scena. Chiede quasi permesso per appoggiarsi al suolo ed è lì che si lascia spazzare via se il caso lo impone. Protegge la terra della campagna dai freddi più rigidi della stagione alle porte.

Una custodia per il cuore

E lo Spirito Santo, che accompagna il Natale, ha le sembianze di questo agente atmosferico che scende dal cielo. Considerava san Josemaría a tal proposito: Non si vedevano le piante coperte dalla neve. - E il contadino, padrone del campo, commentò contento: “Adesso crescono al di dentro” (…)[1]. In questo modo sono protetti i nostri cuori dagli eventuali freddi rigori che minacciano la nostra flebile speranza (guerre e ingiustizie quotidiane che l’assediano e mettono alla prova).

Allora, di fronte alle luci di un nuovo Natale, di un nuovo annuncio e di una nuova confusione, c’è pur sempre il cuore di un Dio bambino - «Colui il cui cuore batte all'unisono con il mio»[2] - disposto a palpitare, di un padre e una madre santi disposti a incoraggiare la Sua vita nascente che ha nutrito e nutre ogni speranza. Così (…) - Dimmi: anche tu cresci “al di dentro”[3]?

Tornare alla speranza che non illude

E se è vero che tale annuncio invita a non credere alle favole del mondo, insiste a sussurrarti di una possibile vita favolosa, di giubilo, già su questa terra, che Lui stesso ha voluto condividere. La speranza cristiana d’ora in avanti «non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino»[4].

Unendoci a Cristo in questo Natale possiamo fare questa scoperta che, come si legge nell’inno della liturgia delle ore, Dio è - senza sudario - presente dove lavora un uomo e un cuore gli risponde[5]. Non è il re che inevitabilmente altri speravano… Ma come con la neve egli continua a inviare il suo messaggio alla terra dove la sua parola corre veloce (…)[6].

Dobbiamo allora tornare alla Parola di Dio - preparandoci al Giubileo imminente - per riconoscere che la migliore risposta all’amore del suo Cuore è l’amore per i fratelli; non c’è gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore. E la Parola di Dio lo dice con totale chiarezza: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40)[7]. E così anche per noi la corrispondenza all’amore del Signore e la gratitudine per questo Natale - come lana - disperda il gelo come cenere[8] e alimenti la speranza di vivere con giubilo la vita che ci è stata donata e una volta ancora rinnovata da Gesù Bambino.


[1] Escrivá, J., Cammino, n. 294.

[2] S. Teresa di Gesù Bambino, Lettera 67 a sua zia Madame Guérin, 18 novembre 1888: Opere complete, Città del Vaticano 1997, 354.

[3] Escrivá, J., Cammino, n. 294.

[4] Francesco, Spes non confundit, n. 3.

[5] CEE, Liturgia delle ore, Inno, Ti sta cantando il martello.

[6] Salmo 147.

[7] Francesco, Dilexit nos, n. 167.

[8] Salmo 147.

Daniele Mottura