Tra i dialoghi di Dio con Mosè contenuti nel libro dell’Esodo, c’è una scena circondata di mistero, nella quale Mosè chiede al Signore di mostrargli il volto. «Vedrai le mie spalle – risponde il Signore –, ma il mio volto non lo si può vedere» i. Arrivata la pienezza dei tempi, in una delle conversazioni confidenziali che gli apostoli avevano con il Maestro, Filippo fa la stessa richiesta a Gesù: «Signore, mostraci il Padre» ii. E la risposta del Dio incarnato non si fa attendere: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» iii.
Quando meditiamo i Vangeli è possibile scoprire i tratti di Dio – tra i quali, in modo eccelso, la sua misericordia – plasmati nella semplicità delle parole e della vita di Gesù.
Cristo rivela il Padre: quando meditiamo i Vangeli è possibile scoprire i tratti di Dio – tra i quali, in modo eccelso, la sua misericordia – plasmati nella semplicità delle parole e della vita di Gesù. La misericordia divina, che Dio aveva mostrato progressivamente nel corso della storia del popolo eletto, risplende nel Verbo incarnato. In Lui, «volto della misericordia del Padre» iv, si realizza in pieno la tenera preghiera che il Signore aveva insegnato a Mosè, perché i sacerdoti benedicessero i figli di Israele: «Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace» v. In Gesù, Dio fa risplendere definitivamente il suo volto su di noi e ci concede la pace che il mondo non può dare vi.
Il Dio che cerca e ascolta
La misericordia di Dio si lascia intravedere fin dalle prime pagine della Genesi. Dopo il peccato, Adamo ed Eva si nascondono tra gli alberi del giardino, perché percepiscono la propria nudità e non osano più guardare Dio negli occhi. Però il Signore va subito a cercarli: «Se in quel momento inizia l’esilio da Dio, con il peccato, c’è già la promessa del ritorno, la possibilità di ritornare a Lui. Dio chiede subito: “Adamo, dove sei?”, lo cerca» vii. Il Signore annuncia loro già allora la futura vittoria sulla stirpe del serpente, e inoltre li copre con pelli a guisa di vesti, a dimostrazione che, malgrado il loro peccato, il suo amore verso di loro non è cessato viii. Dio chiude alle loro spalle la porta del paradiso ix, ma apre all’orizzonte la porta della misericordia: «Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!» x.
Nel libro dell’Esodo il Signore agisce con decisione per liberare gli israeliti oppressi. Le sue parole rivolte a Mosè dal roveto ardente si proiettano nei secoli, come quelle della Genesi: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto» xi. Quale esempio per noi, a volte lenti nell’ascoltare e nel fare ciò di cui gli altri hanno bisogno! Dio è un Padre buono che vede le tribolazioni dei suoi figli e interviene per dar loro la libertà. Una volta passato il Mar Rosso, nel solenne paesaggio del Sinai, il Signore si manifesta a Mosè come «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» xii.
Un amore “viscerale”
Il Salmo 85 ripete quasi alla lettera queste parole dell’Esodo: « Deus miserator (rajum) et misericors (janún), patiens et multae misericordiae (jésed) et veritatis (émet)»xiii. Nel tradurre la Bibbia in latino, san Gerolamo optò per tradurre tre concetti ebraici con tre termini quasi sinonimi, derivati dalla parola “misericordia”. In realtà questi concetti s’intrecciano, ma ognuno di essi apporta alcune sfumature che conviene esaminare se vogliamo comprendere la realtà della misericordia di Dio, che non si esaurisce in una sola parola.
Dio si intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino, desiderosa solo di amare, proteggere, aiutare, pronta a donare tutto, anche sé stessa.
L’aggettivo rajum (miserator) deriva da réjem, che significa “ventre, viscere, seno materno” e nella Bibbia è usato quando si parla della nascita di una creatura xiv. Rajum descrive i sentimenti di una madre per l’essere che è propriamente carne della sua carne. «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai» xv. Dio «si intenerisce per noi come una madre quando prende in braccio il suo bambino, desiderosa solo di amare, proteggere, aiutare, pronta a donare tutto, anche sé stessa. Questa è l’immagine che suggerisce questo termine. Un amore, dunque, che si può definire in senso buono “viscerale”» xvi. Un amore che soffre in modo particolare per le dimenticanze, il disprezzo o le defezioni dei suoi figli - «Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato?» xvii -, ma che a sua volta è sempre disposto a perdonare e a non tenere conto di questa indifferenza, perché «non serbi per sempre l’ira, ma ti compiaci d’usar misericordia» xviii; un amore che s’immedesima nelle situazioni penose in cui possono trovarsi i figli nel corso degli anni - «Farò cicatrizzare la tua ferita e ti guarirò dalle tue piaghe» xix -, e che non desiste dal desiderio di riabbracciarli se si sono allontanati; un amore pronto a proteggere i propri figli se sono inseguiti o perseguitati: «non abbatterti, Israele, poiché io ti libererò da un paese lontano e la tua discendenza dal paese del suo esilio. Giacobbe ritornerà e godrà in pace, tranquillo e nessuno lo molesterà» xx; un’accoglienza cordiale e colma di emozione, pronta al più piccolo dettaglio di affetto; «Venite. Comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte» xxi. È un amore che ci insegna a preoccuparci degli altri, a soffrire per le loro sofferenze e a rallegrarci per le loro gioie; a stare davvero vicini a quelli che stanno attorno a noi, con le nostre preghiere, il nostro interessamento, facendo visita ai malati..., in definitiva, dando il nostro tempo.
Dio viene definito anche come janún (misericors).Questo aggettivo, che si può tradurre con “compassionevole”, proviene dalla parola jen, che significa “grazia, favore”: qualcosa che si concede per pura benevolenza, che va oltre la stretta giustizia. Esprime l’atteggiamento di Dio che si riflette in uno dei comandamenti del codice dell’Alleanza: « Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso (janún)»xxii. Si tratta di un comandamento ispirato dalla compassione verso il povero, che non ha potuto pagare ciò che per giustizia avrebbe dovuto: Dio non tollera di vederlo soffrire, e in questa compassione – che Dio sa ispirare ai suoi – si fa strada la vera giustizia: «Voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti» xxiii. Chi conosce Dio veramente sa riconoscere il fratello che soffre. Quante occasioni di servire gli altri scopriremo, se chiediamo al Signore uno sguardo pietoso! L’anno giubilare è una buona occasione perché, insieme con altri, facciamo qualche opera di misericordia corporale là dove stiamo.
Il Dio fedele, che sa aspettare
Questo salmo dice anche che il Signore è un Dio di grande misericordia, multae misericordiae (jésed), utilizzando in questo caso una parola del vocabolario familiare, che si può tradurre letteralmente con “pietà”. Si riferisce, soprattutto, alla bontà intrinseca delle relazioni dei genitori con i figli, di questi con i loro genitori o dei coniugi fra loro. Quando Giacobbe, ormai molto anziano, sta per morire, chiama il figlio Giuseppe e gli domanda: «Metti la mano sotto la mia coscia e usa con me bontà ( jésed) e fedeltà: non seppellirmi in Egitto»xxiv. Vale a dire, gli chiede di comportarsi da figlio buono e di adempiere l’ultimo desiderio del padre. Dire che Dio abbonda in jésed è lo stesso che affermare che Dio ci guarda sempre come figli: i suoi doni e la sua chiamata sono irrevocabili xxv. «Di questo Dio misericordioso è detto anche che è “ lento all’ira ”, letteralmente, “lungo di respiro”, cioè con il respiro ampio della longanimità e della capacità di sopportare. Dio sa attendere, i suoi tempi non sono quelli impazienti degli uomini; Egli è come il saggio agricoltore che sa aspettare, lascia tempo al buon seme di crescere, malgrado la zizzania (cfr Mt 13,24-30)»xxvi.
la misericordia non è una commedia che dissimula le offese e le ferite come se non esistessero
Infine, si afferma che la misericordia del Signore è basata sull’abbondanza di verità: et veritatis (émet). Infatti, la misericordia non è una commedia che dissimula le offese e le ferite come se non esistessero: le ferite non vanno fasciate «senza prima curarle e medicarle» xxvii, perché potrebbero infettarsi. Il Signore «è Medico e cura il nostro egoismo quando lasciamo che la sua grazia penetri fino in fondo alla nostra anima» xxviii. Lasciare che ci curi significa riconoscerci peccatori, mostrargli le ferite con la disposizione di impegnarci a curarle. «Mostra la ferita!, perché te la curino a fondo, perché eliminino tutte le possibilità di infezione, anche se ti fa male come in un’operazione chirurgica» xxix. E allora il Signore promette che «anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve» xxx.
Una relazione stabile e serena con Dio e con gli altri si può costruire soltanto sulla verità. La vera felicità – scrive sant’Agostino, pensando alla nostra vita sulla terra e a quella che ci aspetta in cielo – è il godimento della verità, gaudium de veritate xxxi. Vivere nella verità è molto più che “sapere” alcune cose. Ecco perché il termine ebraico émet significa tanto “verità” come “fedeltà”: la persona sincera è fedele e chi desidera essere fedele ama la verità. «Una “ fedeltà” senza limiti: ecco l’ultima parola della rivelazione di Dio a Mosè. La fedeltà di Dio non viene mai meno, perché il Signore è il Custode che, come dice il Salmo, non si addormenta ma vigila continuamente su di noi per portarci alla vita: “Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele [...]. Il Signore ti custodirà da ogni male: egli custodirà la tua vita. Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre (121, 3-4.7-8)”» xxxii.
In sintesi, nell’Antico Testamento la misericordia divina è l’accoglienza materna e affettuosa che il Signore offre a chi si trova nella necessità e riconosce la verità della propria situazione, cioè le proprie debolezze, i propri errori, i propri peccati e le proprie infedeltà. Dio non solo lo libera da quello che pesa su di lui e l’opprime, ma lo guarisce e lo restituisce alla dignità di figlio.
Il volto della misericordia del Padre
«Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita...» xxxiii. Con la stessa forza con cui furono scritte, arrivano fino a noi queste parole vibranti dell’apostolo che Gesù amava. In Gesù vide e toccò l’amore di Dio, cosa che possiamo fare tutti noi cristiani, «perché la nostra gioia sia perfetta» xxxiv. «Gesù Cristo è la misericordia di Dio in persona: incontrare Cristo significa incontrare la misericordia di Dio» xxxv. San Josemaría ci invitava a non stancarci di assaporare «le scene commoventi in cui il Maestro opera con gesti divini e umani, o riferisce con espressioni divine e umane la storia sublime del perdono, il suo Amore ininterrotto per i suoi figli» xxxvi.
Cristo è il buon samaritanoxxxvii, che non tira dritto quando qualcuno ha una necessità, spirituale o materiale, ma si commuove e pone rimedio al male. «Dio si immischia nelle nostre miserie, si avvicina alle nostre piaghe e le guarisce con le sue mani; e per avere mani si è fatto uomo. È un lavoro di Gesù, personale: un uomo ha commesso il peccato, un uomo viene a guarirlo» xxxviii. Tutta la vita del Signore è piena di gesti di misericordia: perdona i peccati al paralitico che viene fatto scendere nella barella attraverso il tetto della casa nella quale si trovava xxxix, risuscita e consegna vivo alla madre il figlio unico della vedova di Nain xl, dà da mangiare miracolosamente alle folle che lo seguono, affinché non vengano meno xli.
Questo amore incondizionato del Signore raggiunge la sua massima espressione durante la sua Passione. Lì tutto è perdonato agli uomini, tutto è pazienza per i nostri peccati, sono parole senza nessuna amarezza.
«Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero» xlii.
Questo amore incondizionato del Signore raggiunge la sua massima espressione durante la sua Passione. Lì tutto è perdonato agli uomini, tutto è pazienza per i nostri peccati, sono parole senza nessuna amarezza. Inchiodato sulla croce, si commuove alla confessione sincera di un ladro - «noi siamo qui giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni» -, che improvvisamente gli chiede: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno» xliii. È una “istantanea” perfetta della misericordia: Gesù accoglie la richiesta di quell’uomo che ha bisogno di affetto, che riconosce con semplicità il male compiuto; lo perdona e gli apre la porta d’ingresso al cielo: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso» xliv. La risposta del Signore dimostra che stava aspettando questo momento, così come lo aspetta da parte nostra. «Gesù accoglieva con bontà i peccatori. Se noi pensiamo in modo umano, il peccatore sarebbe un nemico di Gesù, un nemico di Dio, ma Lui si avvicinava a loro con bontà, li amava e cambiava loro il cuore» xlv.
Ai piedi della croce c’era Maria santissima. Fiduciosi nella sua intercessione, ci possiamo rivolgere a Dio assieme a san Josemaría, il quale, seguendo un’ispirazione divina, pregava: « Adeamus cum fiducia ad thronum gloriae ut misericordiam consequamur »xlvi, andiamo con fiducia al trono della gloria per ottenere misericordia.
Francisco Varo
i Es 33, 23.
ii Gv 14, 8.
iii Gv 14, 9.
iv Papa Francesco, Bolla Misericordiae vultus (11-IV-2015), n. 1.
v Nm 6, 24-26.
vi Cfr. Gv 14, 27.
vii Papa Francesco, Omelia, 7-IV-2013. Cfr. Gn 3, 9.
viii Cfr. Gn 3, 14-21.
ix Cfr. Gn 3, 24.
xRm 11, 32.
xiEs 3, 7-8.
xiiEs 34, 6. Un’espressione quasi identica è ripetuta in vari luoghi della Sacra Scrittura, soprattutto nei Salmi 85(86), 15 e 102 (103), 8.
xiiiSal 85(86), 15.
xivCosì, per esempio, in Es 13, 2: «Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre ( réjem) tra gli Israeliti – di uomini o di animali –: esso appartiene a me».
xvIs 49, 15.
xviPapa Francesco, Udienza, 13-I-2016.
xviiMic 6, 3.
xviiiMic 7, 18.
xixGer 30, 17.
xxGer 46, 27.
xxiIs 55, 1.
xxiiEs 22, 25-26.
xxiiiOs 6, 6.
xxivGn 47, 29.
xxvCfr. Rm 11, 29.
xxviPapa Francesco, Udienza, 13-I-2016.
xxviiPapa Francesco, Discorso, 18-X-2014.
xxviiiSan Josemaría, È Gesù che passa, n. 93.
xxixSan Josemaría, Forgia, n. 192.
xxxIs 1, 18.
xxxiSant’Agostino, Confessioni, X, 23.33.
xxxiiPapa Francesco, Udienza, 13-I-2016.
xxxiii1 Gv 1, 1.
xxxiv1 Gv 1, 4.
xxxvJoseph Ratzinger, Omelia nella Messa pro eligendo pontifice, 18-IV-2005.
xxxviSan Josemaría, Amici di Dio, n. 216.
xxxviiLc 10, 33-35.
xxxviiiPapa Francesco, Omelia in Santa Marta, 22-X-2013.
xxxixCfr. Mc 2, 3-12.
xlCfr. Lc 7, 11-15.
xliCfr. Mt 14, 13-21; 15, 32-39.
xliiPapa Francesco, Bolla Misericordiae vultus, n. 8.
xliiiLc 23, 41-42.
xlivLc 23, 43.
xlvPapa Francesco, Udienza, 20-II-2016.
xlviCfr. Eb 4, 16.