Alvaro del Portillo
Roma, 14 settembre 1980, festa dell'Esaltazione della Santa Croce.
Prologo all'opera "Via Crucis"
Mettiti nelle piaghe di Cristo Crocifisso. Quando proponeva questo cammino, a quanti gli chiedevano consiglio per approfondire nella vita interiore, mons. Josemaría Escrivá non faceva altro che comunicare la sua esperienza personale, mostrando la scorciatoia da lui percorsa durante tutto il suo itinerario terreno, e che lo ha condotto alle più alte vette della spiritualità. Il suo amore per Gesù fu sempre una realtà tangibile, forte, tenera, filiale, commovente.
Il Fondatore dell’Opus Dei era solito affermare, con suggestiva persuasione, che la vita cristiana si riduce a “seguire Cristo: questo è il segreto”. E aggiungeva: “accompagnarlo così da vicino, da vivere con Lui, come i primi dodici; così da vicino, da poterci identificare con Lui”. Per questo consigliava la meditazione costante delle pagine del Vangelo, e chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo commentare alcune scene della vita di Cristo, le ha sentite vive, attuali, e ha imparato a entrare in quegli episodi “come uno dei personaggi”.
Fra tutti i racconti evangelici, mons. Escrivá si soffermava con particolare accuratezza e amore su quelli della Morte e Resurrezione di Gesù. Lì, fra molte altre considerazioni, contemplava la Santissima Umanità di Cristo, che – nella usa brama di avvicinarsi a ciascuno di noi – ci si rivela con tutta la debolezza umana e con tutto lo splendore divino. “Per questo, diceva, da sempre ho consigliato la lettura di buoni libri che narrino la Passione del Signore. Tali scritti, pieni di sincera devozione, ci fanno pensare al Figli di Dio, uomo come noi e vero Dio, che ama e che soffre nella sua carne per la redenzione del mondo”. Davvero, il cristiano matura e diventa forte accanto alla Croce, dove incontra anche Maria, sua Madre.
Come frutto della sua contemplazione delle scene del Calvario, il Fondatore dell’Opus Dei ha preparato questa Via Crucis. Era suo desiderio che servisse di aiuto per meditare la Passione di Gesù, ma non volle mai imporla ad alcuno come testo per l’esercizio di questa devozione così cristiana. Ciò, per il suo grande amore alla libertà delle coscienze e per il profondo rispetto che sentiva nei confronti della vita interiore di ogni anima, tanto che non indusse neppure i suoi figli ad adottare cammini determinati di vita di pietà, eccetto, naturalmente, quelli che costituiscono parte essenziale della spiritualità che Dio ha voluto per l’Opus Dei.
Questa nuova opera postuma di mons. Escrivá è stata preparata, come le precedenti, per aiutare a far orazione e, con la grazia di Dio, crescere nello spirito di compunzione – “dolore d’amore” – e di gratitudine verso il Signore, che ci ha riscattati a prezzo del suo Sangue. A questo scopo, sono state incluse come punti di meditazione, parole di mons. Escrivá, raccolte dalla sua predicazione, dalle sue conversazioni, dal suo anelito di parlare soltanto di Dio e di nient’altro che di Dio.
La Via Crucis non è una devozione triste. Mons. Escrivá ha insegnato spesso che la gioia cristiana ha le sue radici a forma di croce. Se la Passione di Cristo è via dolorosa, è anche il cammino della speranza e della sicura vittoria. Come egli spiegava in un’omelia: “Pensa che Dio ti vuole contento e che, se da parte tua farai tutto il possibile, sarai felice, molto felice, felicissimo, anche se in nessun momento ti mancherà la Croce. Ma la Croce non è più un patibolo, è il trono dal quale Cristo regna. E, accanto, c’è sua Madre, che è anche Madre nostra. La Vergine santa ti otterrà la fortezza di cui hai bisogno per camminare con decisione sulle orme di suo Figlio”.
Dal libro: "Memoria del Beato Josemaría Escrivá, Javier Echevarría Rodríguez e Salvador Bernal Fernández, Leonardo International 2001
La Via Crucis consiste nella considerazione dei 14 momenti della strada percorsa da Gesù verso il Calvario il primo venerdì santo, per meditare le sofferenze di Gesù Cristo e unirsi interiormente a lui. San Josemaría aveva molta devozione per questa pratica di pietà, come ricorda Mons. Javier Echevarría nei ricordi che qui raccogliamo:
Viveva la devozione ai simboli della Via Crucis. In occasione di una festa dell’Epifania decidemmo di regalargli un piccolo trittico in cui erano rappresentate, quasi in miniatura, le diverse stazioni: l’aveva così sotto mano e poteva contemplare le scene della Passione, che tanto amava.
Ho recitato spesso assieme a lui e a don Álvaro i testi delle stazioni e ho potuto vedere la devozione con cui si metteva in ginocchio dopo aver pronunciato il titolo di ciascuna. Di solito meditava le scene della via al Calvario tutti i venerdì e in modo speciale nei giorni della Quaresima.
Ci sollecitava a conservare nella memoria, come se fosse un film, i momenti in cui si compie la redenzione dell’umanità, in modo da poterci sempre inserire nella scena come un personaggio fra gli altri, per pentirci delle nostre mancanze, per stare insieme a Gesù, per sentire l’obbligo di essere corredentori.
Il 14 settembre 1969, mentre ci mostrava, con attenzione e rispetto, una reliquia della Santa Croce, ci parlò a lungo della Passione e Morte di Nostro Signore. Riporto alcune delle parole che disse: “Noi amiamo la Croce, dobbiamo amarla, sinceramente, perché dove c’è la Croce c’è Cristo con il suo Amore, con la sua presenza che tutto avvolge. Figli miei, con lo spirito dell’Opera in noi non potremo mai fuggire dalla Croce, da questa Croce Santa in cui si ritrova la pace, la gioia, la serenità, la forza… In questo reliquiario che conserviamo si venera un pezzo del Lignum Crucis custodito a San Toribio di Liebana. Me lo regalò tanti anni fa il vescovo di Leon. A me dà fastidio sentir citare la croce come sinonimo di avversità, di mortificazione. La Croce è una realtà positiva, è il luogo da cui Dio volle donarci la vera vita… Dopo avere ricevuto la benedizione, baceremo la croce e ripeteremo sinceramente che la amiamo, perché non vediamo più nella Croce ciò che ci costa o che ci può costare, bensì la gioia di poterci donare, spogliandoci di tutto per ritrovare tutto l’amore di Dio… sotto il reliquiario ho fatto incidere: iudaeis quidem scandalum, gentibus autem stultitiam! (scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, 1 Corinti 1, 23); infatti, per chi non la capisce, la Croce è scandalosa e priva di senso”.
Nel ’70 ci stimolava: “Solo se ci uniamo continuamente alla Passione di Cristo, diverremo strumenti utili, anche se siamo carichi di miserie”. È impossibile riportare le sue molteplici e innumerevoli considerazioni su questo tema, ma penso che ve ne sia una che in qualche modo riassuma il senso della sua unione al Sacrificio della Croce; gliela sentii fare durante la Settimana Santa del 1970: “La Passione del Signore: ecco da dove proviene tutta la nostra forza. Quando penso alla Passione di Cristo, mi torna subito in mente ciò che ho fatto in questi quarantadue anni di vita nell’Opus Dei e negli anni precedenti, in cui Egli mi stava preparando. E mi vedo come un nulla, mano di nulla: sono stato solo un intralcio. Per questo, ogni giorno avverto il bisogno di farmi piccolo, molto piccolo nelle mani di Dio. E mi consolo nel modo che ho scritto tante volte: che cosa fa un bambino? Regala a suo padre un soldatino senza testa, un rocchetto vecchio, una biglia di vetro. Così anch’io: quel poco che ho lo voglio donare interamente e per davvero. Così, la mia pochezza, fondendosi con la Passione di Cristo, acquista tutta l’efficacia redentivi e salvifica: nulla si perde!”.