Clicca qui per leggere l'intervista a Isabel Sánchez del 2025: “Approfondire il carisma, correggersi e sognare una semina di bene”
Come vive questi momenti?
È certamente ancora molto viva, sia pure in un contesto diverso, la presenza di mons. Javier Echevarría, poiché è stato un esempio di magnanimità e generosa donazione nel modo in cui ha condotto il governo e la formazione nell’Opus Dei. Ho avuto la fortuna di lavorare accanto a lui per 18 anni e in modo ancora più diretto negli ultimi sei. Fin dall’inizio mi ha impressionato la sua personalità ricca e poliedrica. Era un uomo di orazione profonda, un vero amico di Dio.
Un aspetto in particolare mi ha lasciato una traccia profonda: mi sono accorta che il prelato era un grande lottatore, un vulcano sempre attivo, una persona che non considerava mai un diniego come definitivo. Riusciva sempre a trovare una fessura attraverso la quale introdurre il bene. Un tale aspetto di combattente si è manifestato in modo rilevante fino alle ultime ore della sua vita, nell’ospedale dove è stato ricoverato per una settimana e dove ho ricevuto il dono di vederlo due giorni prima della fine. È stata un’occasione per comprendere che si può amare fino all’ultimo. Pur continuando a pregare per la sua anima, affermo con sicurezza che la sua figura sarà presente a noi in questi giorni come padre e come protettore, per incoraggiarci in questi momenti; dal Cielo ci segue con affetto.
Come avviene l’elezione del nuovo prelato?
Si inizia con una votazione del plenum dell’Assessorato centrale che presenterà i nomi dei candidati considerati più idonei a ricevere la carica di prelato. In seguito, il nome che sarà votato dalla maggioranza degli elettori verrà comunicato al Papa per la conferma. È logico, perché l’Opus Dei non è che una piccola parte della Chiesa: un dinamico elemento apostolico nel seno della Chiesa universale.
Subito dopo, il nuovo prelato convoca e presiede due congressi generali, composti da un numero più ampio di persone – stiamo parlando di quasi 300 congressisti – che rappresentano i paesi dove si sta sviluppando il lavoro apostolico della prelatura. Si farà un bilancio di quanto è stato fatto dal precedente congresso e verranno proposte le linee apostoliche per i successivi 8 anni. Penso che la diversità di cultura e di provenienza dei partecipanti arricchirà molto tali riunioni.
E quali saranno, a suo modo di veder, le linee guida espresse da questi due congressi?
Fin dall’inizio dell’Opus Dei, con san Josemaría e in seguito con il beato Álvaro e con mons. Echevarría, la strada da percorrere è sempre stata il servizio della Chiesa in tutto ciò di cui la Chiesa ha bisogno e in cui desidera e spera essere servita. L’Opus Dei asseconderà le sfide dell’evangelizzazione che il Papa e i vescovi propongono a tutta la Chiesa.
Il Congresso traccerà alcune linee di lavoro utili a rendere Cristo sempre più presente nella società attuale: diffondere il messaggio cristiano e contribuire così a seminare la pace e a dare valore alla vita umana in tutte le condizioni e situazioni; a contribuire a uno sviluppo armonico in tutte le latitudini... Come si può vedere, è un panorama talmente ampio che si possono soltanto offrire alcuni orientamenti che facciano da sfondo per poi, in funzione delle condizioni di ogni luogo, essere concretate in modi diversi. Compete a ogni fedele della prelatura trasformare questi grandi sogni in piccoli e continui fatti quotidiani i quali, alla fin fine, sono quelli che, con l’aiuto della grazia, possono cambiare il mondo.
Non è questa una sfida irrealizzabile, avendo presente l’attuale crisi della fede?
È certamente una sfida non facile. Ma i cristiani sanno bene che, quando c’è di mezzo Cristo, i sogni impossibili possono diventare realtà. Egli ci chiede soltanto di porre tutti i mezzi e poi decide di ripagarci con risultati assolutamente sproporzionati all’impegno messo. Papa Francesco ci ha insegnato ad aprirci al mondo e alla misericordia di Dio e nell’Opus Dei cerchiamo di farlo, ciascuno secondo il proprio carisma: nel lavoro quotidiano, in seno alla propria famiglia, fra gli amici e i colleghi, cercando – nonostante le nostre debolezze – di essere ogni giorni persone migliori e migliori servitori degli altri, con un comportamento che possa anche influire beneficamente attorno a noi, in questo mondo che il Signore ha fatto per la nostra vita e il nostro godimento. Quando si scopre il senso della vita con la luce della fede, tutto cambia e anche le situazioni più difficili, non sembrano più tali.

Di quali mezzi l’Opus Dei dispone per portare avanti questo compito?
San Josemaría era solito dire che l’Opus Dei siamo tu e io. Da ciò che fa ognuno di noi, fedeli della Prelatura, dipende il bene che possiamo fare. Il primo bene è senza dubbio la preghiera. Soltanto mantenendo un dialogo continuo con il Signore potremo guardare e dare valore e prospettiva a tutti gli accadimenti del mondo. Senza preghiera nessuna cosa buona si sostiene, nessuna cosa nobile può durare. Il secondo mezzo è quello di restare padroni di noi stessi: autopossederci per riuscire a darci a Dio e agli altri, per poter servire e non soccombere davanti agli stati d’animo, sempre volatili; per non cadere nel delirio prodotto dalla continua offerta di beni materiali. Tale lotta per conquistare ogni giorno la propria libertà è, in parte, ciò che noi cristiani chiamiamo mortificazione: liberarci da ciò che è caduco, da ciò che è falso, per poter offrire a Dio e agli altri un amore intenso e di qualità. Infine, è cruciale lasciarsi inondare dalla tenerezza che il Signore offre nei suoi sacramenti, come l’eucaristia e la confessione. Poi viene l’iniziativa personale, la creatività, la capacità di collaborare, la responsabilità civile, che spinge a impegnarsi a fondo per trovare soluzioni più umane e cristiane alle sfide di un mondo che è insieme teatro di incubi ma anche di magnifiche opportunità.
Come lavorerà il nuovo Assessorato centrale con il prelato che verrà eletto fra pochi giorni?
Il carisma ricevuto da san Josemaría è una specie di grande scrigno ricolmo di tesori e di brillanti destinati ad adornare e ad abbellire il mondo in cui viviamo. In questo ricco messaggio è compresa la verità cristiana che ancora oggi è una vera novità: l’uguaglianza radicale fra l’uomo e la donna, a partire dalla loro diversità e dalla convinzione – non soltanto teorica, ma vitale e pratica – che la donna sia chiamata a dare apporti significativi alla Chiesa, alla società civile, alla cultura, alla scienza, alla famiglia, in tutti i campi del sapere e della vita. Uno dei compiti principali per il quale il nuovo prelato si servirà del consiglio di questo organismo di governo sarà quello di trovare i modi per dare risalto a tale messaggio aiutando le donne a scoprire dove e come porre il proprio personalissimo sigillo all’ambiente che hanno attorno, umanizzandolo e trasformandolo in una fonte di bene. Questo panorama è davvero incoraggiante e io penso che il nuovo prelato lo considererà una sfida meravigliosa. Non ho alcun dubbio che il nuovo Assessorato centrale farà il possibile per seguirlo e appoggiarlo. Inoltre sarà una grande gioia lavorare al seguito di Papa Francesco e assieme a tante altre istituzioni della Chiesa, per annunciare i messaggio del Vangelo in tutti gli ambienti, convivendo con tutti, nel segno del rispetto, con un grande spirito di servizio, in tutti gli ambiti professionali.
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