Il compito dei fedeli laici

Di fronte alle sfide della nuova evangelizzazione: pubblichiamo l'articolo del vicario generale dell'Opus Dei, mons. Fernando Ocáriz, apparso su “L’Osservatore Romano” del 19 giugno.

La nuova evangelizzazione, promossa da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, ci rimanda alla missione stessa della Chiesa, che si può sintetizzare nella traditio Evangelii, la trasmissione del Vangelo. "Vangelo" inteso non solo come contenuto noetico, ma anche nel senso paolino di «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Romani, I, 16). La nuova evangelizzazione di Paesi e ambiti già anticamente evangelizzati, ma in grande misura secolarizzati, comporta particolari esigenze, necessariamente inserite nella permanente missione salvifica della Chiesa. Allo stesso tempo, la complessa realtà in cui viviamo richiede nuove pianificazioni pastorali adeguate alle sfide della modernità e della post-modernità.

Al sacerdozio regale dei fedeli, al quale si riferisce San Pietro (cfr 1 Pietro 2, 4-10), è unita la funzione profetica: «perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (Ibidem). Questo annunciare è trasmettere il Vangelo.

Che i laici partecipino alla missione della Chiesa non significa prima di tutto e soprattutto che debbano collaborare alle funzioni dei ministri sacri, anche se ciò è possibile e, a volte, opportuno. Inoltre, i ministri non abbracciano tutta la missione; anche i laici vi partecipano. Sugli uni e sugli altri ricadono l'onere e l'onore dell'intera missione della Chiesa. Ma ognuno la realizza parzialmente, secondo la propria funzione.

L'aspetto specifico della partecipazione dei laici all'evangelizzazione è stato espresso dal Vaticano II, nella Lumen gentium, al n. 35: «Cristo, il grande profeta, il quale con la testimonianza della sua vita e con la potenza della sua parola ha proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria, non solo per mezzo della gerarchia, che insegna in nome e con la potestà di lui, ma anche per mezzo dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni provvedendoli del senso della fede e della grazia della parola, perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale». La capacità e la responsabilità evangelizzatrice - il munus propheticum - dei fedeli laici non derivano da una delega data dalla gerarchia, ma direttamente da Gesù Cristo, mediante il battesimo e la confermazione.

Il sensus fidei - che la Lumen gentium pone come origine immediata dell'esercizio della funzione profetica dei fedeli laici - è la capacità che la fede teologale e i doni dello Spirito Santo conferiscono al credente di assentire alle verità rivelate, di discernere con facilità ciò che è conforme o contrario a questa rivelazione, di coglierne le implicazioni più profonde, non mediante la riflessione teologica, ma spontaneamente, attraverso una sorta di connaturalità, e di applicare la fede alla vita. Il radicamento della funzione profetica dei laici nel sensus fidei mette anche in evidenza che questa non è partecipazione alla missione magisteriale, propria della gerarchia ecclesiastica, ma partecipazione diretta alla virtus profetica di Gesù Cristo, laddove il suo esercizio si realizza «sotto la guida del sacro Magistero» (Lumen gentium, n. 12). La «grazia della parola», alla quale si riferisce la Lumen gentium, non si ricollega solo o principalmente alla "grazia" di una parola simpatica o umanamente convincente, ma anche e soprattutto all'assistenza dello Spirito Santo che, senza conferire un'autorità ufficiale alla parola evangelizzatrice dei laici, la costituisce in veicolo della Parola di Dio e, come tale, in grado di trasmettere non solo nozioni, ma anche forza efficace rispetto alla fede che salva.

La dipendenza essenziale dalla fede e dall'assistenza dello Spirito Santo del compito evangelizzatore ci rimanda all'imprescindibile servizio che solo i ministri della Chiesa possono e devono prestare ai laici, mediante la predicazione della Parola di Dio con l'autorità di Cristo, nelle sue diverse forme, e la celebrazione dei sacramenti. La Chiesa è, in effetti, un popolo sacerdotale organicamente strutturato, che realizza la sua missione nel mondo con distinzione di funzioni, che però sono a loro volta interdipendenti. E in questo contesto di vita comune che i fedeli laici esercitano la propria funzione evangelizzatrice. E necessariamente così, perché - secondo le parole di colui che, come affermò Giovanni Paolo II, fu precursore del concilio Vaticano II nella sua dottrina sul laicato - «la specifica partecipazione del laico alla missione della Chiesa consiste proprio nel santificare ab intra - in modo immediato e diretto - le realtà secolari, l'ordine temporale, il mondo» (San Josemaría Escrivá, Colloqui, 9).

La funzione profetica dei laici, come quella dei pastori, è partecipazione al munus propheticum Christi, e Cristo è Rivelatore e rivelazione di Dio, non solo con le sue parole, ma anche con tutte le sue opere. Perciò, e non solo per una ragione di efficacia umana, l'evangelizzazione deve essere compiuta con la testimonianza della vita e con la parola, e quella che esercitano i laici ha la propria caratteristica - e una speciale efficacia - nel fatto di realizzarsi nel quadro delle realtà secolari.

Nella vita comune, con le sue molteplici relazioni familiari, professionali e sociali, i fedeli laici possono unire in modi molto diversi la testimonianza della loro vita e la parola che annuncia il Vangelo, contribuendo - ognuno secondo le proprie possibilità - a informare con lo spirito di Cristo le istituzioni sociali e professionali, i mezzi di comunicazione. Particolarmente importante è la trasmissione del Vangelo da persona a persona, nel dialogo di amicizia sincera, come il lievito nella massa: «a modo di fermento» (Apostolicam actuositatem, n. 2).

Questo modo di trasmettere il Vangelo possiede una particolare efficacia, anche nel rispondere a una realtà antropologica importante: il dialogo interpersonale, nel quale si cerca di trasmettere all'altro il bene ricevuto. Questo dialogo apostolico nasce con naturalezza quando esiste amicizia sincera. Non si tratta di una strumentalizzazione dell'amicizia, ma di rendere partecipi gli amici del grande bene della fede in Cristo. Come ha ricordato Benedetto XVI nell'omelia dell'inizio solenne del suo pontificato: «Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l'amicizia con lui» (24 aprile 2005).

La trasmissione del Vangelo esige sempre - e ancor più, se possibile, nel dialogo interpersonale - il rispetto dell'intimità e della libertà di tutti; rispetto che è un'esigenza della giustizia e della carità. Il contrario, pretendere d'imporre le proprie convinzioni con qualsiasi tipo d'inganno o di violenza, è chiaramente opposto allo spirito del Vangelo. Questo tipo di proselitismo - che non rispetta la libertà - è del tutto inaccettabile; tuttavia, il proselitismo nel suo significato originale, è non solo una cosa buona, ma anche un'esigenza necessaria della missione evangelizzatrice che Gesù Cristo ha affidato ai discepoli. Di fatto, in ambito cristiano, la parola proselitismo ha significato, e significa spesso, l'attività missionaria. Persino in contesti civili - giuridici e politici - il proselitismo è riconosciuto positivamente come una componente intrinseca della libertà religiosa.

La nuova evangelizzazione in Paesi di antica tradizione cristiana ha di fronte sfide gravi, complesse e varie. Le più difficili da estirpare sono la diffusione dell'ateismo, nelle sue diverse espressioni teoriche, e l'indifferenza religiosa, che stanno minando la fede di non pochi battezzati, producendo in essi quantomeno una perdita del significato che l'esistenza di Dio dovrebbe avere nella loro vita. Per affrontarla, i modi possono essere molto diversi, ma in ogni caso è fondamentale che ognuno comprenda e insegni che il Vangelo non è solo né principalmente un insieme di verità e di norme morali; non è un semplice sistema di pensiero e di condotta. Il Vangelo è, prima di tutto e soprattutto, lo stesso Gesù Cristo (cfr. I Corinzi, 1, 24). L'esistenza di Dio si può conoscere, sebbene con difficoltà, con la sola ragione umana, e nella nuova evangelizzazione a volte converrà affrontare, in un modo o nell'altro, la grande questione filosofica dell'esistenza di Dio. Tuttavia, la cosa più importante sarà di far conoscere Gesù Cristo morto e risorto, mostrando - a un livello, in ogni caso, possibile e adeguato - la verità storica della sua Resurrezione, che è la «dimostrazione» più decisiva dell'esistenza di Dio.

Non è qui il caso di elencare le tante altre sfide, teoriche e pratiche, che si presentano alla nuova evangelizzazione. Un'altra, abbastanza profonda, è la mentalità relativistica nelle sue molteplici espressioni. Nel compito evangelizzatore converrà sempre iniziare da aspetti condivisi sui quali potere instaurare un dialogo sincero. E il caso, per esempio, della diffusa coscienza riguardo ai diritti umani. Non è difficile far vedere che, se non si riconoscono valori assoluti - e in ultima analisi Dio - non ha senso neppure il concetto di diritti umani; lo stesso "diritto", nella sua totalità, non sarebbe altro - secondo la nota affermazione di Karl Marx - che «un semplice apparato decorativo del potere». Per affrontare queste e altre sfide, è necessaria una solida formazione dottrinale; ma non è sufficiente. L'evangelizzazione, l'apostolato personale in generale, esige che alla parola e al dialogo si unisca la testimonianza di una coerente vita cristiana. Perciò sono necessarie, con il fondamento del battesimo e la forza della confermazione, una vita sacramentale intensa e la preghiera, indispensabili per l'identificazione personale con Gesù Cristo e in grado di risvegliare nei laici la loro responsabilità apostolica, affinché siano consapevoli che «"Caritas Christi urget nos" (2 Corinzi, 5, 14): è l'amore di Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Egli, oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra (cfr.Matteo, 28, 19)» (Porta Fidei, 7).