Guadalupe, amica ed evangelizzatrice

​Una domenica all’inizio del 1944, tornando a casa da Messa alla fermata del tram, Guadalupe Ortíz de Landázuri si é imbattuta in un caro amico, Jesús Serrano de Pablo, a cui ha aperto il cuore: cercava qualcuno, un sacerdote, con il quale parlare. Anni dopo ricordò quell’evento, così decisivo per lei.

“Attraverso una persona a cui ero legata da amicizia e fiducia reciproca, Jesús Serrano de Pablo, al quale parlai del mio desiderio di avere un direttore spirituale, mi misi in contatto telefonico e mi recai all’indirizzo che mi venne dato per incontrare san Josemaría Escrivá, di cui, all'epoca, non sapevo nulla ( e ovviamente non sapevo nemmeno che esistesse l’ Opus Dei). Quel colloquio fu un punto di svolta della mia vita”.

Una semplice domanda posta da un amico a un altro in attesa di un tram, seguita da uno scambio di numeri di telefono e da una chiamata. Tale fatto ha segnato l’inizio di un viaggio lungo una vita che avrebbe condotto l'insegnante ventisettenne di chimica lontano da casa, a Bilbao, in Messico, a Roma e poi di nuovo a Madrid e, dopo la sua morte nel 1975, alla sua beatificazione, avvenuta il 18 maggio di quest’anno. Così iniziò una vocazione e la vita di una persona fu cambiata per sempre.

L’incontro con Gesù da parte degli apostoli avvenne in un contesto di relazioni quotidiane

È sempre stato così. Quella semplice scena alla fermata di un tram a Madrid durante la Seconda Guerra Mondiale assomiglia al primo capitolo del Vangelo di Giovanni, nel quale, in dieci versetti, assistiamo al modo in cui la novità di Gesù Cristo si diffonde in maniera abbastanza naturale tra amici, conoscenti e colleghi. Andrea e Giovanni, che pescano insieme sul lago di Galilea, incontrano Gesù e Andrea dice a suo fratello Pietro che anche lui deve incontrare Gesù. Presto il fratello maggiore di Giovanni, Giacomo, si unirà a loro. In seguito Filippo, che casualmente viene dalla stessa città di Pietro e di Andrea, incontra il suo amico Natanaele e gli racconta di Gesù, invitandolo a “venire e vedere” colui di cui scrisse Mosè. L’incontro con Gesù e la scoperta della loro vocazione da parte degli apostoli avvenne in questo contesto di relazioni quotidiane di famiglia, amicizia e lavoro.

18 maggio 2019, la beatificazione di Guadalupe

L’amicizia ha avuto un ruolo importante non solo all’inizio della vocazione di Guadalupe, ma anche nel modo in cui lei l’ha vissuta nel corso della sua vita. Era inseparabile dalla sua vocazione alla santità e all'apostolato nell'Opus Dei. Pochi anni dopo essere entrata nell’Opus Dei, si trasferì a Bilbao, dove, nel 1949, dopo essere arrivata da poco in città, conobbe una ragazza di nome Rosario Orbegozo durante un giro per la capitale basca che era stata organizzato dal fratello di Rosario. Da questa breve passeggiata nacque un’amicizia e poco tempo dopo Rosario, colpita dalla naturalezza e dalla gioia di Guadalupe, decise di diventare, anche lei, numeraria dell’Opus Dei. Sarebbe stata la prima numeraria di Bilbao.

La facilità con cui Guadalupe instaurava amicizie non era limitata ai colleghi o alle conoscenze professionali, sembrava non avere limiti

Lo stesso fenomeno si può riscontrare nella vita dei primi cristiani. Uno dei primissimi testi cristiani in latino, l’Octavius di Marco Minucio Felice, scritto alla fine del secondo secolo, narra la storia di una gita fatta da tre amici, due cristiani e un pagano, tutti avvocati che lavoravano nel foro, durante le vacanze della raccolta dell’uva a Roma. I tre seguono il corso del Tevere fino al mare e giunti lì, su una spiaggia di Ostia, guardando dei bambini che gettavano sassi tra le onde, gli amici discutono della fede cristiana in una conversazione molto accesa. Alla fine della gita l’amico pagano decide di diventare credente come i suoi amici. Lì, su una spiaggia, la sua vita era cambiata per sempre.

La facilità con cui Guadalupe instaurava amicizie non era limitata ai colleghi o alle conoscenze professionali, sembrava non avere limiti. Dopo essersi trasferita in Messico, nel 1950 Guadalupe incontrò la poetessa Ernestina de Champourcin, la quale, esiliata dalla Spagna franchista, viveva lì con il marito, anch’egli poeta, che era stato il segretariato personale di Manuel Azaña, il presidente della repubblica durante la guerra civile. Il padre di Guadalupe, Manuel, era stato colonnello dell’esercito e aveva partecipato alla sommossa contro la repubblica che diede inizio alla guerra civile spagnola nel luglio del ‘36. Dopo essere stato arrestato dal governo repubblicano, fu fucilato nel settembre dello stesso anno. Nonostante la dolorosa vicenda personale e politica che le coinvolse, le due donne diventarono molto amiche ed Ernestina alla fine entrò nell’Opus Dei.

La trasmissione della fede, è conseguenza inevitabile dell’unione di un cristiano con Gesù e dell’amicizia con gli altri

La trasmissione della fede, attraverso la parola e l’esempio, è conseguenza inevitabile dell’unione di un cristiano con Gesù Cristo e dell’amicizia con gli altri. Ciò che comincia come amicizia con Gesù - “ vi ho chiamati amici” Egli ha detto ai suoi discepoli nell’Ultima Cena - si diffonde in modo naturale per raggiungere sempre più persone. Descrivendo questa dinamica, Giovanni evangelista scrive nella sua prima lettera, “La nostra comunione è con il Padre e con il figlio suo Gesù Cristo” e perciò “ciò che abbiamo visto e udito lo proclamiamo a voi cosicché anche voi possiate essere in comunione con noi”.

Una delle prime numerarie dell’Opus Dei a Bilbao, Maria Rivero, descrive come questo passo si sia manifestato nella vita di Guadalupe, che incontrò durante un ritiro spirituale:

“In quella circostanza ho sentito parlare dell’Opus Dei per la prima volta e l'ho identificata nella persona di Guadalupe”. Per me l’Opera era gioiosa, ottimistica, vivace ed attraente come lei... Non è che Guadalupe avesse una capacità di persuasione particolare o che fosse un’oratrice straordinaria. Nulla di tutto ciò. Lei infondeva fiducia e confidenza e ciò che diceva, con quella semplicità, colpiva veramente... Quasi senza accorgermene, mi trovai a parlare con lei in un'atmosfera di grande intimità e sincerità. Non ero timida, ma Guadalupe era una persona che ti invitava a parlare di cose profonde: la sua spontaneità, la sua gentilezza e quel sorriso sempre affettuoso".

"Guadalupe infondeva fiducia e confidenza e ciò che diceva, con quella semplicità, colpiva veramente" (Maria Rivero)

La descrizione di Maria Rivero combacia perfettamente con il racconto, della stessa Guadalupe, della sua esperienza con le ragazze che vivevano nelle residenze universitarie, di cui lei era direttrice.

In una lettera, indirizzata al fondatore dell'Opus Dei, scritta dal Messico nel 1950, gli disse:

"Parlo molto con le ragazze residenti, da parte loro non c'è alcuna difficoltà su questo, al contrario, loro vogliono avere la possibilità di parlarmi liberamente e di qualsiasi cosa, dall'inizio alla fine, ogni piccola cosa, todito, come dicono da queste parti".

Proprio come scrisse san Giovanni Apostolo ai primi cristiani: "Scriviamo queste cose, affinché la nostra gioia sia completa"; quindi, nella vita di Guadalupe, la condivisione di una profonda gioia cristiana, fondata sulla convinzione che Dio è nostro Padre, era un elemento centrale, sia nell'amicizia che nell'apostolato.

Poco prima del Natale 1946, da Bilbao Guadalupe scrisse una lettera a san Josemaria: "Le ragazze che vengono qui sono sempre meravigliate nel vedere la gioia che proviamo a stare insieme". Un mese dopo, dopo aver descritto una domenica pomeriggio nel centro dell'Opus Dei di Bilbao, che comprendeva, oltre a un momento di preghiera, i canti baschi e l'incarico di pelare patate in cucina, mentre si ballava una "sardana", lei scrive: "mi piacerebbe che tutte le ragazze che vengono qui avessero vocazione e fossero felici come noi". L'esempio di Guadalupe, a questo riguardo, è segno vivente della verità di queste parole del prelato dell'Opus Dei:

"La vera amicizia implica un sincero affetto reciproco"(mons. fernando ocáriz)

"La vera amicizia implica un sincero affetto reciproco, che è la vera custodia della reciproca libertà e intimità che esistono tra due amici. L'apostolato non è qualcosa che sia sovrapposto all'amicizia, perché, (come vi ho già scritto): “Noi non facciamo apostolato, Noi siamo apostoli!” L'amicizia è essa stessa apostolato; l'amicizia è essa stessa un dialogo in cui noi diamo e riceviamo la luce. Nell'amicizia si costruiscono progetti, poiché ci apriamo reciprocamente a nuovi orizzonti. Nell'amicizia ci si rallegra di ciò che è buono e ci si sostiene reciprocamente nelle difficoltà, si sta bene insieme, poiché Dio ci vuole felici".

Per i cristiani che provano la loro fede in pienezza, diventa impossibile distinguere il fatto di essere un vero amico da quello di essere un apostolo

Per i cristiani che provano la loro fede in pienezza, diventa impossibile distinguere il fatto di essere un vero amico da quello di essere un apostolo, tra la diffusione della gioia e quella della fede. Infine, per un santo, essere figlio di Dio in Cristo, essere amico ed essere apostolo, sono semplicemente modi di essere se stesso.

Father John Wauck