“Grazie a un’amica del mio quartiere”

Ecco la prima parte della testimonianza di Christian Kadjo, una numeraria dell’Opus Dei residente ad Abidjan (Costa d’Avorio), un Paese francofono dell’Africa occidentale, dove i cattolici rappresentano il 12% della popolazione.

Mi chiamo Christian e sono nata ad Abidjan, in Costa d’Avorio, un Paese francofono dell’Africa occidentale, dove noi cattolici siamo soltanto il 12%. La maggioranza della popolazione è animista, una religione naturale: gli animisti credono in Dio, in alcuni spiriti buoni e cattivi, ma in nient’altro.

I miei genitori sono cattolici e così io sono stata battezzata alla nascita, come il resto della famiglia.

Ho conosciuto l’Opus Dei in un modo molto semplice. Un giorno, finita la Messa, ho incontrato un’amica del mio quartiere, che mi ha dato una immaginetta di San Josemaría. All'epoca però era ancora Servo di Dio.

La mia amica mi raccontò che aveva conosciuto l’Opus Dei e che era andata in un Centro abitato da alcune donne, in maggioranza europee. Mi raccontò come vivevano e pregavano, e m’invitò ad andarci.

Per la verità, in un primo tempo mi sono rifiutata, perché non sapevo di che cosa si trattasse. Non sapevo neppure se l’Opus Dei fosse una cosa cattolica o no, finché un giorno una mia zia mi disse che era andata a Messa in un Centro dell’Opera. Allora pensai: bene, voglio andare anch’io, anche se solo per vedere che cosa fanno.

Però dovetti rimandare la visita perché ero in procinto di fare un viaggio in Inghilterra. Frequentavo una scuola aziendale e il piano di studi, di quattro anni, comprendeva un viaggio in Inghilterra. Ero al quarto anno e dovevo partire per Brighton, nel sud dell’Inghilterra. Così dissi alla mia amica che al ritorno sarei andata a vedere il Centro.

La meditazione

È così ho fatto. Era una casa semplice, una villetta, e quel giorno c’era un’attività che chiamavano meditazione. Mi spiegarono che una meditazione è un’orazione personale di mezz’ora, predicata da un sacerdote.

Mi piacque: non avevo mai sentito parlare di meditazione, era una cosa nuova per me. Pur essendo passati vent'anni, ricordo ancora il tema della meditazione: il quarto comandamento. Il sacerdote ci parlava di come dovevamo trattare i genitori e spiegava che, se eravamo delle buone studentesse, potevamo essere anche delle buone cristiane. Mi fece molto bene. Non avevo mai sentito parlare in quel modo del Vangelo, di Dio, dei comandamenti. Alla fine pensai: “Questo è un posto stupendo”.

Mi fece molto bene. Non avevo mai sentito parlare in quel modo del Vangelo, di Dio.

Incontrai diverse amiche della scuola, che non sapevo frequentassero il Centro, e dopo la meditazione mi fermai a parlare con loro. Pensavo di andare là anche la settimana successiva, ma non potei farlo perché ero stata invitata a un matrimonio. Pensai: “Sia pure soltanto per educazione, le chiamerò per avvertirle che non potrò andare e che ci andrò il prossimo sabato”. Da allora sono stata una delle partecipanti più assidue alle meditazioni a Kaisedra, come si chiamava il Centro. Prima era per i giovani; oggi lo frequentano anche le signore sposate.

Allora venivano persone di tutte le età perché era l’unico Centro esistente. Organizzavano programmi di formazione molto diversi: un club per bambine, attività per liceali, per universitarie come me, per signore...