"Farsi tappeto perché gli altri possano camminare sul morbido"

Il 18 febbraio, il Prelato dell'Opus Dei ha ordinato diaconi tre fedeli della Prelatura, nella chiesa di san Josemaría a Roma. Pubblichiamo alcune foto e il testo dell'omelia.

I nuovi diaconi sono: Baltasar Moros Claramunt (Spagna), José María Esteban Cruzado (Spagna) y René Alejandro Adriaenséns Terrones (Messico).

Omelia nell'ordinazione diaconale di fedeli della Prelatura

Mons. Javier Echevarría, Prelato dell'Opus Dei

Chiesa parrocchiale di san Josemaría — Roma, 18-II-2012

 

Cari fratelli e sorelle, carissimi ordinandi diaconi.

1. Le parole del profeta Geremia sono rivolte a tutti noi. Il Signore dice: prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto; prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato (Ger 1, 5-6). Ogni essere umano è chiamato da Dio alla vita per conoscerlo, servirlo, amarlo, e poi godere eternamente di Lui in cielo. È questo il disegno salvifico del nostro Padre celeste, ma molti non lo sanno e vivono come se Dio non esistesse. Per questo, il Signore affida a noi, in quanto cristiani, il compito di comunicare la buona novella agli altri. Il testo sacro, infatti, prosegue: ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tale missione deriva dal fatto di aver ricevuto il battesimo. Come gli apostoli e i primi cristiani, anche a noi parla Gesù quando ordina: andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura (Mc 16, 15).

Tra pochi giorni inizia la Quaresima, tempo di preparazione immediata alla Pasqua, e questo invito dovrebbe risuonare con maggior urgenza nei nostri cuori. Consapevoli di non essere migliori degli altri, ma soltanto strumenti del Signore, vi suggerisco di vedere, nelle prossime settimane, se nel nostro ambito familiare o professionale c'è qualche persona particolarmente bisognosa di avvicinarsi a Dio. Possiamo domandarci: come posso aiutare questi amici o parenti a riconciliarsi con il Signore nel sacramento della Penitenza, a ricevere con più frequenza Gesù nella Comunione? E noi stessi, come possiamo fare per trarre più frutto da questi sacramenti?

2. Di fronte alla chiamata divina, in un primo momento, il profeta avverte tutta la sua inadeguatezza: ahimè, Signore Dio! Ecco: io non so parlare, perché sono giovane (Ger 1, 6). Anche sulle nostre labbra possono affiorare nella vita quotidiana simili scuse, alle quali non dobbiamo prestare ascolto. Perché non siamo solo noi a edificare la nostra santità e a chiamare le anime, ma è il Signore, che ci dice come a Geremia: Ecco: io metto le mie parole sulla tua bocca (Ger 1, 9). Infatti, «noi cristiani siamo chiamati a raccogliere, con spirito di gioventù, il tesoro del Vangelo — che è sempre nuovo —, per farlo arrivare a tutti gli angoli della terra»[1].

Questo impegno apostolico riguarda in particolare i ministri della Chiesa. Il sacramento dell'Ordine, nei suoi diversi gradi, è stato istituito da Gesù Cristo per elargire ai fedeli i beni di grazia che Lui ha meritato per noi con il Sacrificio del Calvario. Mediante l'ordinazione, tutti i ministri partecipano, in diverso modo, alla potestà con la quale Cristo edifica il suo Corpo mistico: predicare la Parola di Dio, amministrare la grazia dei sacramenti, guidare il popolo di Dio in tutto ciò che riguarda la vita soprannaturale. Compiti che si possono riassumere in sola parola, che tanto piaceva a san Josemaría: servire!

Vorrei soffermarmi su alcuni punti. Da oggi, cari figli miei diaconi, il Signore vuole contare su di voi per annunciare la buona novella al popolo cristiano. Nella Messa solenne si sottolinea l'importanza di quest'annuncio con la processione del Vangelo, in cui il diacono porta il libro in alto, alla vista di tutti. Voi, figli miei, fatelo sempre con rispetto e amore, senza abituarvi a questo compito.

Il Concilio Vaticano II diede molta importanza alla proclamazione della Parola di Dio nel seno della celebrazione eucaristica. Quest'anno si compiranno cinquant'anni dal suo inizio e, come sapete, il Papa ha indetto un "Anno della fede", a partire dall'11 ottobre prossimo. Ricordando la processione con il Vangelo che segnava l'apertura di ogni sessione conciliare, Benedetto XVI ha commentato: «Era sempre per noi un gesto di grande importanza; ci diceva chi era il vero Signore di quell'assemblea, ci diceva che sul trono c'è la Parola di Dio»[2].

Ricordo la pietà con cui san Josemaría leggeva il santo vangelo nella Messa, e come baciava poi il libro sacro: anche in quel semplice gesto prescritto dalla liturgia, traspariva tutto il suo amore per Gesù. Abbiamo in nostro Padre un buon maestro: fate, fin d'ora, il proposito di trattare in questo modo la Parola di Dio, cioè di farla vita della vostra vita.

3. Oltre alla predicazione della Parola e al servizio liturgico dell'altare, al diacono si affida anche il servizio della carità. Proprio nella seconda lettura, dopo la raccomandazione di pregare intensamente, san Pietro aggiunge: soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati (1 Pe 4, 8). E Gesù, nel vangelo, insiste: come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. E ancora: questo è il mio comandamento: che vi amate gli uni gli altri come io ho amato voi (Gv 15, 9-12).

La carità si può esercitare in diversi modi. Nel caso dei ministri sacri assume una particolare rilevanza, anche se tutti siamo tenuti a metterla in pratica nei rapporti quotidiani. San Josemaría consigliava di «farsi tappeto perché gli altri possano camminare sul morbido»; e aggiungeva: «Non intendo dire una bella frase: deve essere una realtà! — È difficile, come è difficile la santità; ma è facile, perché — insisto — la santità è accessibile a tutti»[3].

La carità porta a comprendere le persone, a non giudicare, a farsi carico delle necessità degli altri, ad aiutare con gioia. È una virtù da vivere in ogni momento, ma nel tempo quaresimale acquista speciale importanza. Nel recente messaggio per la Quaresima, il Papa ha posto in evidenza un aspetto della vita cristiana che — afferma — «mi pare caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna. Oggi, in generale — prosegue Benedetto XVI —, si è assai sensibili al discorso della cura e della carità per il bene fisico e materiale degli altri, ma si tace quasi del tutto sulla responsabilità spirituale verso i fratelli»[4].

Ecco un ottimo consiglio da mettere in pratica, nelle prossime settimane e sempre. Il Signore stesso comanda: se tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello (Mt 18, 15). Di fronte agli errori e alle mancanze del nostro prossimo, invece di darsi alla mormorazione, al pettegolezzo — come  sovente accade —, non c'è prova maggiore di vera carità che la correzione fraterna, esercitata con spirito di umiltà e grande delicatezza. Come ricorda il Papa, «il rimprovero cristiano non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall'amore e dalla misericordia e sgorga dalla vera sollecitudine per il bene del fratello»[5].

San Josemaría è stato uno dei grandi cultori di questa consuetudine di radice evangelica. Fin dall'inizio del suo ministero sacerdotale cercò di diffonderne la pratica come uno dei doveri elementari dei cristiani. «Non trascurare la pratica della correzione fraterna — scrisse per esempio in "Forgia" —, manifestazione chiara della virtù soprannaturale della carità. Costa; è più comodo non immischiarsi; più comodo!, ma non è soprannaturale. — E di queste omissioni renderai conto a Dio»[6].

Prima di finire, vi chiedo di pregare per i nuovi diaconi e le loro famiglie, per i ministri della Chiesa, e in modo particolare per il Romano Pontefice e tutti suoi collaboratori. Affidiamo le nostre suppliche alla Madonna, Madre della Chiesa e di ogni cristiano. Così sia.

Sia lodato Gesù Cristo!

[1] San Josemaría, Forgia, n. 451.

[2] Benedetto XVI, Incontro con sacerdoti, 7-II-2008.

[3] San Josemaría, Forgia, n. 562.

[4] Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2012, 3-XI-2011.

[5] Ibid.

[6] San Josemaría, Forgia, n. 146.