Cuore di Padre, un libro per conoscere san Giuseppe nella sua vita quotidiana

Sulla traccia della devozione dei sette dolori e gioie di san Giuseppe, don Massimo Dal Pozzo ha scritto per le Edizioni Ares questo libro in cui ripercorre gli snodi della vita del santo Patriarca. Il percorso di fede di Giuseppe riflette la paternità stessa di Dio, e ci invita a riscoprire l’autentico senso di essere genitori.

“Cuore di Padre” è disponibile sul sito delle Edizioni Ares, in formato digitale e in tutti i principali negozi online.


Pubblichiamo due brani presi dal libro di don Massimo Dal Pozzo, Cuore di Padre.

La gravidanza di Maria (pagina 26)

“Non è possibile, non è possibile, non è possibile”. Non trovava né spiegazione, né soluzione. Buio fitto fuori e dentro. Qualche volta nelle notti insonni guardava le stelle e la luna per ricevere conforto e un po’ di luce. Era provato, aveva i nervi a pezzi, sapeva di dover lavorare duro l’indomani e si innervosiva per non riuscire a riposare. Solo pregando trovava un po’ di quiete: “Il Signore ne sa di più, io voglio compiere solo e soltanto la sua volontà, ma quanto è difficile comprenderla, accettarla e amarla”. Come un bambino recuperava allora quel senso di dipendenza e di abbandono che in parte lo proteggeva e consolava, ma non lo rendeva immune da quel tarlo. “Che fare? Già, che fare?”. Alla fine Dio chiede agli uomini di trarre le conclusioni dai suoi precetti. Finora aveva atteso che si dipanasse la matassa, presto avrebbe dovuto sciogliere quel nodo. E solo a pensarci gli si stringeva la gola. L’insonnia si trasformava in incubi e angoscia quando pensava alla sorte di Maria e del bambino. Che ne sarebbe stato di loro? Avrebbe voluto interrogare la vita che nasceva in lei. Sapeva che non era figlio suo, ma l’amava come un padre. Quanto sono misteriosi e inesplicabili i disegni dell’Altissimo. La tenerezza prevaleva sul cinismo. Eppure, com’era strana Maria. Il mondo femminile gli era sempre sembrato imprevedibile e in fondo imperscrutabile, ma adesso gli pareva sconsiderato e crudele. Quanto era strana la sua condotta. La sentiva più che mai lontana: “Io mi struggo e mi macero e lei mi ignora e vive beatamente (non fa scena, non l’ha mai fatta, è incapace di fingere)”. Erano proprio diversi e forse irrimediabilmente distanti. Aveva il cuore spezzato e si sentiva solo e abbandonato.

Ritorno a Nazaret (pagine 171 - 172)

Giuseppe pensava al futuro, ma ricordava volentieri il passato: quel viaggio era una continua reminiscenza dell’esodo. Questa volta erano nella direzione giusta, andavano verso la meta definitiva. Giuseppe pensava con un po’ di pena al resto d’Israele: gli eredi della promessa potevano mai essere ridotti a quell’allegra famigliola? Eppure pochi sembravano far caso a quel bambino prodigioso... Ripensò con affetto ai pastori, ai Magi, a Simeone e Anna, e soprattutto a Elisabetta, Zaccaria e Giovannino ed ebbe un minimo di conforto. I poveri di Jahvè non facevano troppo rumore, ma erano all’opera. C’era tanta gente buona in patria e nella diaspora e Gesù un giorno li avrebbe salvati, forse avrebbe convertito anche i cuori più duri... La redenzione era già in marcia e quel corteo apparentemente dimesso era parte di quel moto. Sentimenti d’orgoglio e d’indegnità si alternavano vorticosamente nel suo animo. Si sentì in quel momento come l’ultimo dei patriarchi: stava conducendo un intero popolo verso la liberazione. Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe aveva parlato anche a lui, come a Mosè, lo aveva richiamato dall’Egitto. Tra non molto avrebbero varcato il confine, gli sembrava di riascoltare «Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo». Le reminiscenze bibliche rendevano carico di significato e di trasporto il cammino. Le prove e l’ingratitudine dei quarant’anni nel deserto del Sinai (quello spazio di terra che speravano di superare in meno di quarantotto ore) erano un monito alla vigilanza e alla preghiera: “Se Dio ci abbandonasse saremmo perduti, avremmo voglia di camminare come i nostri antenati...”. Ma concludeva sempre: “Signore, perdona l’infedeltà del tuo popolo! Tu non ci abbandoni mai, siamo noi che possiamo deviare da Te”. Il ruolo di guida, anche per il carico di responsabilità, un po’ gli pesava. Anche Maria si associava interiormente ai pensieri del marito: quel pellegrinaggio le faceva rivivere la storia della salvezza, anche se il meglio doveva ancora venire... Inutile dire che fu un trasferimento molto devoto e silenzioso. Gesù stette al gioco, ma con le sue necessità, la sua allegria, i suoi pianti e capricci li mantenne coi piedi per terra. Erode non avrebbe potuto trovare un periodo migliore per morire, era ormai primavera inoltrata: belle giornate, un clima gradevole e un caldo non eccessivo. Della clemenza del tempo Giuseppe ringraziava spesso: “Il Cielo ci ha sempre assistito in tutti gli spostamenti, sia lodato il Signore!”.


“Cuore di Padre” è disponibile sul sito delle Edizioni Ares, in formato digitale e in tutti i principali negozi online.