Alla vista della città pianse su di essa

Mentre scendeva le pendici del Monte degli Ulivi, tra le lodi che la moltitudine rivolgeva a Dio, alla vista della città pianse su di essa, dicendo: – Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace!

L'abside della chiesa ha una grande vetrata che si apre sulla Città Vecchia. Foto: Antón 17 (Wikimedia Commons)

Tracce della nostra fede

La Passione di Gesù è sorgente inesauribile di vita. Talvolta rinnoviamo il gioioso impulso che condusse il Signore a Gerusalemme. Talaltra, il dolore dell'agonia conclusa sul Calvario... O la gloria del suo trionfo sulla morte e sul peccato. Ma, sempre, l'amore — gaudioso, doloroso, glorioso — del Cuore di Cristo.

Via Crucis, XIVStazione, p. 3)

Contempliamo questo amore infinito di Gesù fin dalle prime battute del mistero Pasquale, quando si prepara a compiere l'ingresso messianico nella città di Davide, arrivando per la strada di Betania e Betfage. Gli Evangelisti raccontano che mandò due discepoli a un villaggio vicino, dove presero un asinello, sul quale fecero montare il Signore, il quale, mentre scendeva le pendici del Monte degli Ulivi, tra le lodi che la moltitudine rivolgeva a Dio, alla vista della città pianse su di essa, dicendo:

– Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata (Lc 19, 41-44).

Dominus Flevit

Quel pianto di Cristo viene ricordato nel santuario del Dominus Flevit, posto sulla costa occidentale del Monte degli Ulivi. Si tratta di una piccola cappella costruita dalla Custodia di Terra Santa nel 1955, su un terreno che apparteneva alle religiose benedettine che hanno il loro convento sulla cima del monte. Pur essendo incerta la collocazione tradizionale di questo fatto evangelico – perché è andata cambiando nel tempo –, il luogo attuale conserva tracce della presenza cristiana fin dai primi secoli: gli scavi archeologici attuati tra il 1953 e il 1955 hanno condotto al ritrovamento di una necropoli con cento tombe – che vanno dall'età del bronzo fino ai periodi romano, erodiano e bizantino – e i resti di una cappella e di un monastero che, per alcuni pavimenti di mosaico, potrebbero risalire al VII secolo.

Vista del santuario del Dominus Flevit dalla spianata delle moschee. La forma del tetto vuole suggerire una lacrima. Foto: Leobard Hinfelaar

Vi si arriva per una strada abbastanza ripida che congiunge il Getsemani con la vetta del Monte degli Ulivi. La maggior parte di questo versante – che corrisponderebbe alla biblica valle di Giosafat (Cfr. Gl 4, 2.12) – è occupata da cimiteri ebraici. Entrando nelle proprietà francescana, una strada fiancheggiata da cipressi, ulivi e palme conduce verso la chiesa. Intorno si possono apprezzare le scoperte archeologiche. L'edificio, a pianta a croce greca e chiuso da una cupola ad archi acuti, è orientato a ovest e ha nell'abside una grande vetrata, aperta verso la Città Santa: essa mostra al pellegrino la stesso panorama che avrà visto Gesù quando discese da Betfage. Sulle pareti, quattro rilievi rappresentano scene riguardanti l'ingresso messianico di Cristo; e, nel frontale dell'altare, un mosaico fa riferimento a un altro lamento del Signore:

– Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è lasciata a voi deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più, fino a quando non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! (Mt 23, 37-39; cfr. Lc 13, 34-35).

La vista della città antica dall'estremità del recinto è magnifica, in particolare al mattino, quando i raggi del sole illuminano la pietra degli edifici: ai suoi piedi, il torrente Cedron, che separa Gerusalemme dal Monte degli Ulivi; sul versante orientale del torrente i cimiteri ebraici, e su quello occidentale, vicino alle mura, quelli musulmani; di fronte, la spianata dell'antico Tempio, oggi delle moschee, con la dorata cupola della Roccia al centro e quella di Al–Aqsa a sinistra; dietro, le cupole della Basilica del Santo Sepolcro e, un po' più lontano, a destra, la torre spigata del convento francescano del San Salvatore, sede della Custodia di Terra Santa; a sud delle mura, gli scavi archeologici sulla collina dell'Ofel e l'antica città di Davide; più in là, tra alcuni alberi, la chiesa di San Pietro in Gallicantu; e in fondo, sulla linea dell'orizzonte, la basilica e l'abbazia benedettina della Dormizione, sul Monte Sion.

Durante il suo pellegrinaggio in Terrasanta nel 1994, Don Álvaro del Portillo si fermò a pregare nel santuario del Dominus Flevit la mattina del 18 marzo, dopo aver celebrato la Santa Messa nella Basilica del Santo Sepolcro.

Foto: Alfonso Puertas

Il pianto del Signore

«L'ingresso di Gesù a Gerusalemme è la manifestazione dell'avvento del Regno che il Re-Messia, accolto nella sua città dai fanciulli e dagli umili di cuore, si accinge a realizzare con la Pasqua della sua Morte e Risurrezione» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 570).

La folla dei discepoli, vedendo il compimento delle profezie e sentendo vicina la manifestazione del Regno, accompagna festante Cristo. «Folla, festa, lode, benedizione, pace: è un clima di gioia quello che si respira. Gesù ha risvegliato nel cuore tante speranze soprattutto tra la gente umile, semplice, povera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo. Lui ha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il volto di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpo e l’anima. Questo è Gesù. Questo è il suo cuore che guarda tutti noi, che guarda le nostre malattie, i nostri peccati. E’ grande l’amore di Gesù. E così entra in Gerusalemme con questo amore, e guarda tutti noi. E’ una scena bella: piena di luce – la luce dell’amore di Gesù, quello del suo cuore – di gioia, di festa» (Francesco, Omelia, 24–III–2013).

Allo stesso tempo, questo giubilo viene turbato dal pianto del Signore. Il suo gesto di dirigersi verso la città Santa montando un puledro era come un'ultima chiamata al popolo: «Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, –aveva detto Zaccaria nel Benedic tus – ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1, 78–79); tuttavia Gerusalemme, che aveva visto tanti segni del Maestro, non saprà riconoscerlo come il Messia e Salvatore. San Josemaría condensava in alcuni tratti vigorosi il contrasto tremendo tra la donazione di Gesù Cristo e il rifiuto degli uomini:

Venne a salvare il mondo, e i suoi lo hanno rinnegato davanti a Pilato.

Insegnò a noi la via del bene, e lo trascinano per la via del Calvario.

Fu esemplare in tutto, e gli è preferito un ladro omicida.

Nacque per perdonare, e — senza motivo — lo condannano al supplizio.

Giunse per sentieri di pace, e gli dichiarano guerra.

Era la Luce, e lo consegnano al potere delle tenebre.

Recava amore, e lo ripagano con l'odio.

Venne per essere Re, e lo incoronano di spine.

Si è fatto servo per liberarci dal peccato, e lo inchiodano sulla Croce.

Ha preso carne per darci la Vita, e noi lo ricompensiamo con la morte.

(Via Crucis, XIII Stazione, punto 1)

Considerando che Gesù continua a visitare oggi il suo popolo e ciascuno di noi – perché nostro Salvatore, perché ci insegna per mezzo della predicazione della Chiesa, perché ci dà il suo perdono e la sua grazia nei sacramenti–, dobbiamo esaminare la qualità della nostra risposta:

Vuoi sapere in che modo mostrare gratitudine al Signore per quanto ha fatto per noi?... Con amore! Non c'è altra strada.

L'amore si ripaga con l'amore. Ma la certezza dell'affetto la dà il sacrificio. Dunque, coraggio! Rinnega te stesso e prendi la sua Croce. Allora sarai sicuro di ricambiargli l'Amore con amore.

(Via Crucis, V Stazione, punto 1)