50 anni di sacerdozio di Mons. Javier Echevarría

Mons. Javier Echevarría ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 7 agosto 1955 a Madrid insieme ad altri fedeli dell’Opus Dei. A settembre celebrerà pubblicamente questo anniversario. Riportiamo alcune sue riflessioni sul sacerdozio, pubblicate in Spagna nel libro ‘Para servir a la Iglesia’ (“Per servire la Chiesa”), raccolta di omelie pronunciate dal Prelato durante alcune ordinazioni sacerdotali di fedeli della Prelatura.

- “Negli Statuti della Prelatura è scritto che il Prelato deve essere ‘maestro e Padre per tutti i fedeli della Prelatura; che ami veramente tutti nel cuore di Cristo, istruisca e conforti tutti con grande carità, per tutti si adoperi e si sacrifichi volentieri’. Vi prego di chiedere alla Trinità Beatissima, per intercessione di San Josemaría, che mi conceda di incarnare queste parole del nostro amatissimo Padre durante tutto il mio servizio pastorale alla guida dell’Opus Dei”.

(dall’omelia del 7 gennaio 1995, Chiesa di Sant’Eugenio, Roma)

- “Questo impegno [sacerdotale] richiede che vengano vissute molte virtù, informate tutte dalla carità. Bisogna essere, in primo luogo, umili: bisogna servire, con la convinzione chiara che questo è il nostro dovere; senza pensare, pertanto, di star facendo qualcosa di straordinario quando spendiamo tutte le nostre energie per gli altri e senza rimpiangere le possibilità o i progetti personali a cui abbiamo dovuto rinunciare. Il nostro deve essere un servizio disinteressato e gratuito, offerto a Dio prima che agli uomini, e che quindi, non si aspetta ringraziamenti umani né ricompense terrene.(...)”

“Il nostro servizio, da figli di Dio, da diaconi e presbiteri, deve essere un servizio pieno di gioia, offerto con uno sguardo sorridente, anche se a volte sarà difficile dissimulare il dolore e la stanchezza: Dio ama colui che dona con gioia. Per questo san Josemaría ripeteva frequentemente che, in molte occasioni, un sorriso aperto, sincero, benché richieda sforzo, è la migliore mortificazione”.

(dall’omelia del 5 luglio 1998, Santuario di Torreciudad, Spagna)

- “Come è possibile che a me, che non sono altro che un povero uomo, mi siano stati concessi questi doni dal Cielo? Come posso io, indegno come sono, ringraziare Dio per questa chiamata? E’ questa l’esclamazione che tutti abbiamo ripetuto poco fa nel Salmo Responsoriale: ‘Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?’ E lo stesso salmo ci offre la risposta: ‘Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. A te offrirò sacrifici di lode e invocherò il nome del Signore ”.

(dall’omelia del 17 maggio 1997, Chiesa di san Josemaría, Roma)

- “Il Signore ci ha appena ricordato nel Vangelo che non siamo stati noi a sceglierLo, ma che è Lui ad averci scelti ad uno a uno. Non dobbiamo preoccuparci delle nostre personali debolezze, della resistenza che tante volte involontariamente sperimentiamo nella nostra donazione generosa. Figli miei, è il Signore che ci chiama a questa vita di servizio, di servizio totale alla Chiesa e alle anime; Lui vi dà la sua grazia perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga, affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, Egli ve lo conceda”.

(dall’omelia del 7 luglio 1995, Santuario di Torreciudad, Spagna)

- “Un distacco così grande da se stessi e una dedicazione così completa al servizio di Cristo è possibile solo se il sacerdote si impegna volontariamente a scomparire, a lasciare da parte la propria personalità, i propri gusti e le preferenze personali, per lasciarsi guidare solo dallo Spirito Santo”.

(dall’omelia del 9 giugno 1996, Chiesa di san Josemaría, Roma)

- “Ora, figli miei, con maggior impegno dovrete dimenticarvi del vostro io, decisi a occuparvi solo degli altri. Nei vostri programmi di lavoro e di riposo tenete sempre presente che siete stati scelti per rappresentare gli uomini nel culto a Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Dovrete mostrarvi sempre disponibili verso i vostri fratelli, in ogni momento: ventiquattro ore su ventiquattro; e non come chi sta prestando un favore, ma con la chiarezza di star compiendo un gioioso dovere che non dobbiamo evitare. Qualunque persona avrà il diritto di cercare il vostro consiglio spirituale o le vostre parole di consolazione; di ascoltare dalle vostre labbra la dottrina salvifica del Vangelo; di ricevere da voi il perdono divino, dopo aver confessato i suoi peccati; di vedere in tutto il vostro comportamento la presenza e l’amore di Cristo”.

(dall’omelia del 6 settembre 1998, Chiesa di Sant’Alberto Magno, Madrid)