37 nuovi sacerdoti

Il prelato dell’Opus Dei ha ordinato, il 22 maggio a Roma, 37 sacerdoti, provenienti da 16 paesi. “Il compito che ci attende è immane. Basta dare un'occhiata intorno per rendersi conto che il mondo ha molto bisogno dell'amore di Cristo”, ha detto mons. Echevarría durante l’omelia. Tra i nuovi sacerdoti c’era anche un italiano, don Luca Brenna.

“Veniamo da 16 paesi nei quali molte persone sono alla ricerca del senso della vita e e hanno una grande sete di Dio. Chiedo a coloro che leggeranno questa intervista di aiutarci con la loro preghiera. Ne abbiamo molto bisogno per poter essere veri strumenti di Cristo”. Queste le parole di Landry Gbaka-Brédé, della Costa d’Avorio, uno dei 37 fedeli della prelatura dell’Opus Dei ordinati nella Basilica di Sant’Eugenio.

Tra i nuovi sacerdoti, anche un italiano: Luca Brenna, fino al 1999 architetto a Firenze, comasco classe 1970, ha conosciuto l’Opus Dei quando aveva 17 anni: “Mi colpì, dei primi ragazzi dell’Opera che conobbi, soprattutto il loro permanente buon umore, che pareva non conoscere alti e bassi. Mi insegnarono, con il loro esempio, a prendere un po’ più sul serio le cose di Dio e un po’ meno sul serio le cose personali”.

Mons. Javier Echevarría: “il mondo ha molto bisogno dell'amore di Cristo”

Circa 2.000 persone hanno partecipato all’ordinazione celebrata alle quattro di pomeriggio presso la Basilica di Sant’Eugenio a Roma. I nuovi sacerdoti riempivano quasi completamente il presbiterio. Nel corso della omelia, il Prelato dell’Opus Dei ha ricordato che “è stato il Signore stesso a chiamarvi per mezzo del vostro Ordinario. D'ora in poi, per tutta la vita, diventerete ministri di Cristo, strumenti visibili del Sommo Sacerdote per perpetuare il suo Sacrificio sulla terra.”

Mons. Javier Echevarría ha aggiunto, commentando la lettera di Giovanni Paolo II ai sacerdoti, che nella Messa Cristo si rende presente nel tempo mediante le povere mani del sacerdote: “Come non rimanere attoniti e sbalorditi di fronte a questa realtà? Se, come scriveva San Josemaría Escrivá, è incommensurabile l'umiltà e l'amore di Cristo nell'Eucaristia — più che nella stalla, che a Nazaret, che sulla Croce -, «che cosa provare di fronte all'altare dove, per le povere mani del sacerdote, Cristo rende presente nel tempo il suo Sacrificio? Non ci resta — vi ripeto con parole del Papa — che piegare le ginocchia e in silenzio adorare questo sommo mistero della fede»”.

“Il compito che ci attende è immane. Basta dare un'occhiata intorno per rendersi conto che il mondo ha molto bisogno dell'amore di Cristo. Dappertutto si percepiscono i frutti maleodoranti dell'odio, della violenza, della sopraffazione di uomini su altri uomini. Ma non per questo dobbiamo scoraggiarci. Noi cristiani dobbiamo portare il buon aroma di Cristo (2 Cor 2, 15-16), seminando pace e gioia. Riusciremo a farlo se rimaniamo ben uniti al Signore, con incrollabile fiducia nella sua bontà e nel suo potere.

Il prelato dell’Opus Dei ha poi ricordato le recenti parole rivolte dal Santo Padre a un gruppo di nuovi sacerdoti: «Voi diventate sacerdoti in un'epoca in cui (...) forti tendenze culturali sembrano voler far dimenticare Dio, soprattutto ai giovani e alle famiglie. Ma non abbiate paura: Dio sarà sempre con voi! Con il suo aiuto potrete percorrere le strade che conducono al cuore di ogni uomo ed annunciargli che il Buon Pastore ha dato la vita per lui e lo vuole partecipe del suo mistero di amore e di salvezza».

Mons. Echevarría ha concluso l’omelia rivolgendosi ai genitori e agli altri parenti dei nuovi sacerdoti. “Pregate per loro e per tutti i ministri sacri: il Papa — abbiamo celebrato il suo ottantaquattresimo genetliaco pochi giorni fa—, il Cardinale Vicario di Roma, i Vescovi, i sacerdoti del mondo intero. Dio vi benedica!”

Costa d’Avorio, una Chiesa giovane e in crescita

“Nel mio Paese c’è un grande bisogno di pace e di riconciliazione”, ha detto l’abbé Landry, nuovo sacerdote della Costa d’Avorio. Il Paese è in piena crisi sociale e politica e per questo motivo afferma: “Dobbiamo imparare a perdonare, perché tutti hanno sofferto. Chiedo aiuto a Dio perché, come sacerdote, io possa contribuire a riportare la pace nella Costa d’Avorio, anche mediante il sacramento della penitenza”. E aggiunge: “Nella confessione noi cristiani ci riconciliamo con Dio e, con l’anima in pace e con l’aiuto di Dio, si può costruire una società basata sulla comprensione e sull’aiuto reciproco”.

Landry è nato nel 1973. “In Costa d’Avorio la Chiesa Cattolica è giovane”, spiega, ed “è in continua crescita”. Pensando con speranza al suo prossimo lavoro sacerdotale, afferma: “C’è bisogno di sacerdoti per assistere la gente che si sta convertendo al cattolicesimo e che ha un profondo desiderio di conoscere meglio la fede. Considero la formazione una delle grandi sfide della Chiesa nel mio paese. Sento la grande responsabilità di aiutare le persone a conoscere la dottrina di Cristo e a ricevere i sacramenti, specialmente la confessione e l’Eucaristia”.

Sostenuti dalla preghiera di molti australiani e neozelandesi

Un altro dei nuovi sacerdoti è l’australiano Peter Fitzsimons, che finora ha lavorato come avvocato in Australia e come professore di Diritto presso l’ Università di Waikato, in Nuova Zelanda. Erano presenti all’ordinazione sua madre, che ha percorso per la prima volta gli oltre 16.000 km che separano Sidney da Roma, suo zio Vincent, religioso degli Oblati di Maria, e vari altri parenti e amici di Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Malesia.

Il padre del sacerdote australiano, morto nel 1999, ha avuto un ruolo fondamentale nella sua vocazione: “mio padre – narra father Peter – mi diceva che pregava per me, perche fossi generoso con Dio. Sono sicuro che la sua preghiera mi ha aiutato molto in tutti questi anni”. E aggiunge: “Ho un gran debito verso mio padre e ora sono molto contento di poter pregare per lui tutti i giorni nella Santa Messa”. A proposito della celebrazione dell’Eucaristia, afferma: “Sono convinto che la cosa più importante per un sacerdote è pregare, e per questo sto chiedendo a san Josemaría che mi aiuti a amare molto la Santa Messa”.

In questo giorno speciale, Peter si sente sostenuto dalla preghiera di molte persone. “Ho ricevuto, per esempio, una lettera da una famiglia inglese: sono protestanti e hanno chiesto a quelli della loro chiesa che tra le preghiere dei loro incontri religiosi ne inseriscano alcune per me”.

Ji Young, conversione in famiglia

E’ stato ordinato anche un sacerdote coreano, Ji Young Emiliano Hong. Nato a Seul nel 1973, Ji Young si è trasferito a Buenos Aires nel 1986 con tutta la sua famiglia. Lì ha conosciuto la fede cattolica e, poco dopo si è convertito: “Prima si è convertita una delle mie zie che viveva in Corea e, con lei, hanno scoperto il cammino della fede cattolica i miei genitori e mio fratello, molti dei miei zii e i miei nonni. Io ero calvinista, ma nella mia famiglia c’erano anche buddisti e, soprattutto, atei”.

Il sacerdote coreano racconta che quando Giovanni Paolo II ha visitato la Corea del Sud, nel 1984, c’erano un milione di cattolici, mentre ora sono più di quattro milioni. Attribuisce questa esplosione di conversioni anche all’intercessione dei “Martiri Coreani” canonizzati dal Papa in quel viaggio: tra di essi c’era anche Pedro Lee, antenato di Ji Young per parte di madre.

Ji Young considera la famiglia il miglior scenario di incontro con Dio e di conversione: “In questi giorni chiedo al Signore che ci siano sempre più famiglie come la mia che scoprano la strada che conduce a Dio. Nel mio caso è evidente che Dio ha utilizzato la conversione di mia zia”.

I nuovi sacerdoti provengono da Argentina, Australia, Brasile, Corea, Colombia, Costa d’Avorio, Cile, Salvador, Spagna, Italia, Honduras, Messico, Paraguay, Polonia, Portogallo e Venezuela.