Dora del Hoyo e san Josemaría Escrivá

Nel mese di gennaio 1944 terminarono i lavori della la Moncloa, residenza universitaria promossa da san Josemaría a Madrid, dopo quella di Via Jenner, aperta nel 1939. Dopo la Guerra Civile la residenza ebbe sede in Via Ferraz.

Una nuova Residenza

Nel mese di gennaio 1944 terminarono i lavori della la Moncloa, residenza universitaria promossa da san Josemaría a Madrid, successiva alla Residenza per studenti di Via Jenner, aperta nel 1939. Dopo la Guerra Civile la residenza ebbe sede in Via Ferraz.

Problema vitale

La cucina e la cura della casa rivestivano particolare importanza perché un loro cattivo funzionamento avrebbe avuto ripercussioni sfavorevoli sull’apostolato e sull’economia di tutta la Residenza. Questo aspetto dell’amministrazione domestica, come quella della pulizia, della cura del guardaroba, ecc. necessitava di un evidente miglioramento. Il prolungato sforzo per raggiungere un livello accettabile nel servizio delle Amministrazioni durò parecchi anni. In buona parte la situazione era dovuta al fatto di non disporre di mezzi adeguati e di scarsa esperienza professionale. Era evidente che le collaboratrici domestiche assunte, mancavano di preparazione, e il più delle volte, bisognava insegnar loro anche i primi rudimenti dei lavori della casa.

Per trasformare quel personale di servizio in un gruppo efficace si richiedeva solidità e professionalità e, meglio ancora, che le ragazze lavorassero per alte motivazioni. Per far sì che alcune di quelle lavoratrici domestiche trasformassero il loro lavoro in un mezzo professionale di santificazione e di apostolato nell’Opus Dei, dovettero trascorrere quasi quattro anni.

L’arrivo di Dora alla Moncloa

Questa fortunata tappa ebbe inizio nell’epoca dei “disastri”. Poco prima dell’inizio dell’anno accademico, con circa un centinaio di residenti, alcune collaboratrici basche, deluse per la loro incapacità di portare avanti il lavoro, se ne tornarono a casa. Don Josemaría si rivolse immediatamente a una religiosa, la Madre Generale delle faccende domestiche. Non trovando la Superiora, parlò con Madre Carmen Barrasa, che promise di mandargli quanto prima un aiuto. Per fortuna la religiosa era al corrente che Dora, impiegata in casa dei Duchi di Nájera, in quei giorni era libera. Conoscendola come una ragazza eccezionale, Madre Barrasa era disposta molto volentieri a fare questo favore a don Josemaría. Parlò con Dora, e insistette così tanto che, pur non riuscendo a convincerla, ottenne per lo meno di farla andare a dare una mano nella Residenza per un breve periodo.

Con un paio di valigie e un bel vestito, arrivò alla Moncloa e si presentò agli sguardi sorpresi di Encarnita. Dopo averle detto che veniva da parte di Madre Barrasa, espose brevemente il suo curriculum professionale: aveva 29 anni, si chiamava Dora del Hoyo, era nata a Riaño (León) e aveva lavorato in diverse case, e ultimamente stava in quella dei duchi di Nájera (non disse però che era venuta solo per non dare un dispiacere a Madre Barrasa, e che pensava di tornare quanto prima a lavorare dai Najéra).

Domani me ne vado

Quando Dora vide la zona dell’Amministrazione, si rese subito conto, senza bisogno di spiegazioni, dell’enorme quantità di lavoro e della penuria di mano d’opera che vi regnavano. Le fece pena vedere quelle giovani ragazze, con delle collaboratrici inesperte, sommerse dalle faccende di casa fino al collo. Dato che i soldi erano pochi, le camere di servizio – come si usava allora – erano comuni. Si poteva contare tutto a centinaia: biancheria da lavare, pasti da preparare e da servire. E tutto questo, per chi, e per che cosa?

Forse, inconsciamente, fu trattenuta dalla discrezione con cui quelle improvvisate amministratrici, allegre e signorili, lavoravano per servire studenti sconosciuti. Fu questo che commosse Dora: era una persona di grande cuore. Durante l’estate, nel periodo dei raccolti, quando la famiglia dove era a servizio andava in vacanza, chiedeva il permesso di recarsi al suo paese per dare una mano ai familiari nei lavori agricoli.

Il cambio di abito fu per lei la prova del fuoco. Abituata all’uniforme di servizio, pulita, ben stirata e con le trine, tipica di una ragazza che lavorava in una casa ricca e aristocratica, le dovette sembrare strano infilarsi un camice che non le stava nemmeno bene. “Oggi resto e faccio il possibile per dare una mano, ma domani me ne vado via”, pensava Dora. Giunta la domenica si recò da Madre Barrasa per irle che avrebbe lasciato quel lavoro. La buona religiosa, che conosceva le intenzioni di Dora, riusciva sempre a non farsi trovare con grande maestria, in modo da rimandare di settimana in settimana l’occasione di farle lasciare la Moncloa.

Camicie all’ultima moda

Il suo amor proprio le faceva rimandare di volta in volta la decisione di lasciare definitivamente la residenza. In fondo, Dora era un regalo di Dio, come disse Encarnita, che era rimasta colpita dalla sua competenza e dalle sue capacità di lavoro domestico:

“Dora aveva un cuore d’oro e lavorava divinamente: era bravissima nello stirare, nella tintoria, nel cucito; sapeva fare le pulizie perfettamente; sapeva servire a tavola senza errori; sapeva cucinare molto bene. E inoltre il suo comportamento era rispettoso e naturale, e sapeva insegnare alle altre ragazze autorevolmente e con grande delicatezza. È vero che aveva un carattere forte, però lottava molto per dominarsi.

Durante la prima settimana ci dedicammo alla biancheria, e Dora propose d’inamidare, come era di moda allora, tutti gli sparati delle camicie bianche. Anche senza l’attrezzatura adatta, organizzò il lavoro approfittando dei momenti liberi: il pomeriggio e la sera, usando le tavole della sala da pranzo e i ripiani della cucina. Insegnò alle ragazze a fare l’inamidatura e l’idea riscosse molto successo tra i residenti. Si stava affezionando così tanto alla residenza che decise di restarvi fino alla fine delle lezioni”.

Una decisione definitiva

In breve tempo, organizzò e mise in funzione il servizio dell’Amministrazione della Residenza senza tanti problemi, e il Padre, che le andava a trovare almeno una volta a settimana, incoraggiò le sue figlie a formarsi spiritualmente con più impegno e specialmente le collaboratrici domestiche, perché Dio nella sua bontà concedesse a qualcuna di loro di intraprendere questa professione come fedele dell’Opera. E quando, a Bilbao, fu inaugurata la residenza di Albando nel 1945, per il lavoro in quella residenza, si offrirono volontarie proprio Dora del Hoyo e Concha Andrés. Il 18 marzo del 1946 chiesero entrambe di incorporarsi all’Opus Dei, inviando una lettera al Padre, che le ricevette il giorno seguente, festa di san Giuseppe. E stando a ciò che il Padre ebbe a dire, quelle due lettere furono il più bel regalo che in tutti i giorni della sua festa il suo santo gli aveva fatto.

Roma

Il 27 dicembre del 1946, su invito di san Josemaría, si trasferì a Roma, dove vi rimase fino alla sua morte. Da questa città collaborò, con l’esempio e l’amicizia, alla formazione professionale e spirituale di molte giovani di tutto il mondo, contribuendo all’espansione del lavoro apostolico dell’Opus Dei.

Subito dopo la sua morte, avvenuta il 10 gennaio 2004, iniziarono a manifestarsi chiari segni di solida ed estesa fama di santità. A partire da quella data giunsero centinaia di relazioni scritte e firmate, inviate spontaneamente dai fedeli della Prelatura e da altre persone, che sono state d’ausilio per l’ampia documentazione dell’esemplarità della sua vita cristiana.

Dora del Hoyo nell’Opus Dei

Mons. Javier Echevarría ha ricordato recentemente: “Dora è stata molto importante per l’Opus Dei, per la sua fedeltà e per il suo lavoro portato a termine con perfezione, arricchito dall’umiltà nel fare e scomparire. Per questo è stata tanto efficace fino alla fine della sua vita. Non chiese alcuna gloria, alcuna considerazione e donò al cento per cento la sua intera vita. È stata una donna di fede. È stata la prima Numeraria Ausiliare che si è fidata di ciò che Dio le chiedeva tramite san Josemaría. Viveva la speranza che la portava a credere che l’Opus Dei sarebbe diventata quella realtà che noi oggi possiamo contemplare. E tutto ciò per il suo amore a Dio che era così grande da impedirle di pensare a se stessa, perché girava sempre intorno al Signore e agli altri”.

Leggere: Vazquez de Prada, volume II, cap. XIV, 3

Per maggiori informazioni, vedere il sito doradelhoyo.org