Non fare l’incosciente!

Sono Alessandro, Capitano dell’Aeronautica Militare. In Afghanistan da gennaio ad agosto del 2012 nella missione ISAF della NATO. Il mio ruolo? Previsioni del tempo…

Base di Herat

Ho provato quest’esperienza dopo che tra il 2004 e il 2005 ero stato in Iraq. Sono esperienze uniche da un punto di vista professionale, umano e apostolico. Con circa un anno di anticipo ho saputo che avrei partecipato a questa operazione con l’incarico di Met Cell Chief (Capo Sezione Meteo) dell’aeroporto di Herat, nell’ovest dell’Afghanistan.

Poi, per alcune circostanze lavorative, ho esercitato anche l’incarico di responsabile meteo di tutto il Regional Command West, il comando della regione ovest dell’Afghanistan, sotto l’egida di un Generale italiano. Soprattutto con quest’ultimo incarico sono venuto in contatto con quasi tutte le attività dell’ovest dell’Afghanistan: il mio compito era quello di dare l’assistenza meteorologica a tutte le operazioni, a terra ed in volo.

Con i miei amici

La mia attività è stata molto intensa e si è sviluppata principalmente nel fare “briefing” ai capi settore e agli equipaggi di volo. L’intensità del lavoro e l’importanza delle attività che si andavano a concludere con il mio contributo, spesso solo indiretto, hanno fatto si che non finissi mai di lavorare: sapere che al momento di una mia pausa c’era qualcuno, italiano, spagnolo, americano o della Coalizione che stava rischiando la vita, mi ha portato ad essere sempre in tensione e ad accompagnare quelle operazioni rischiose con una preghiera, per la salvaguardia della loro vita e di quella di tutti gli afghani.

Con meteorologi afghani

Sono aggregato dell’Opus Dei. Abitando a Roma, ho avuto una grossa fortuna: prima di partire ho chiesto di poter incontrare il Padre, Prelato dell’Opus Dei, per avere una sua benedizione. La prima cosa che ho notato è stata la sincera preoccupazione di un padre che vede partire un proprio figlio per il fronte: un amore paterno, unico, trasmesso tramite le domande tipiche di un genitore, che poi terminava dicendo: “Stai attento e non fare l’incosciente!”. Le stesse parole che mi aveva detto mia madre…

Questo amore e questa vicinanza da parte del Padre e di tutti gli altri fedeli dell’Opera è stata una costante per tutti i 201 giorni trascorsi in Afghanistan: ogni giorno mi sono sentito appoggiato e spinto dalla preghiera di tutti; in ogni momento sapevo che c’era qualcuno che stava pregando per me, perché il Padre mi aveva detto: “Ci sono migliaia di persone che pregano per le mie intenzioni e tu sei una mia intenzione”.

Base di Bala Murgha, a circa 200 km da Herat

Sentire ogni giorno questa “Comunione dei Santi” mi ha spinto ancor più a lottare per cercare di essere un buon cristiano: prima di tutto impegnarsi a lavorare bene, pensare agli altri e voler loro bene, testimoniare Gesù Cristo. Così, oltre a riuscire ad andare a Messa tutti i giorni, è avvenuto che dopo pranzo recitassimo il Santo Rosario nella cappellina italiana. Eravamo almeno due o tre a recitarlo: fedelissimi erano Antonio e Marco. Terminavamo le litanie dicendo: “Regina dell’Afghanistan, prega per noi!”. Questa era un’altra cosa che mi aveva detto il Prelato: pregare ogni giorno per la terra e per gli abitanti dell’Afghanistan. Posso assicurare che ancora oggi lo faccio!

Sono tanti gli episodi da poter raccontare in quasi sette mesi di Afghanistan. Tutti però sono impregnati del particolare rapporto umano che si crea in una situazione del genere. Le persone, lontano dalle proprie famiglie, con un rischio più elevato del solito, con un livello di stress molto alto, stringono una vera amicizia più facilmente. Così in questi casi è semplice parlare dell’Amico vero che non tradisce mai: Gesù! Tanti amici si sono riavvicinati alla fede, dopo una chiacchierata durante una birra; già, perché anche all’aeroporto di Herat è possibile bere una birra!

Dall’Italia avevo portato con me tante immaginette con le preghiere a san Josemaría e a don Álvaro del Portillo in varie lingue, che ho distribuito nelle due cappelline assieme a 100 corone del Rosario (che scomparivano in un batter d’occhio…). Come detto, tanta gente ha bisogno di rapporti veri, ha bisogno di Dio! Mi è rimasto impresso un giorno, mentre ero in cappellina per fare un po’ di orazione mentale, vedere entrare un militare delle forze speciali italiane. Immaginate uno di quei militari al cento per cento. Ebbene è entrato, ha preso un’immaginetta di san Josemaría, si è messo in ginocchio e piangendo ha iniziato a pregare con un’intensità e fede tali che mi sono emozionato e ho iniziato a pregare per le sue intenzioni.

Veduta aerea dell'Afghanistan

Come avevo fatto in Iraq anche stavolta ho portato dall’Italia 100 francobolli per scrivere “lettere dal fronte”…: è sempre emozionante ricevere una lettera con il timbro delle Forze Armate dalle missioni all’estero. Per questo ho scritto a familiari, amici, al Padre! Dal Padre ho ricevuto sempre risposta ed è difficile immaginare quanto sia emozionante ricevere una sua lettera.

Ho scritto anche al Papa Benedetto XVI: gli ho scritto prima di tutto che anche in Afghanistan c’è tanta gente che gli vuole bene e che prega per lui tutti i giorni. Poi gli ho chiesto di pregare per la mia famiglia e per i miei amici e colleghi in servizio con me. In particolare gli ho chiesto di pregare per un mio collega (che chiameremo con un altro nome, Mario), con cui avevo stretto amicizia, che non si confessava da tantissimo tempo. Ebbene è arrivata la risposta con la benedizione del Papa per tutti i militari in servizio ad Herat ed in particolare una preghiera per me e per Mario. Mostrando la lettera a Mario gli ho detto che ora il passo verso il sacramento del perdono era invogliato e raccomandato anche dal Papa... per questo non si è tirato indietro e prima di tornare in Italia si è confessato, rendendo felice lui stesso, me, il Papa e il Signore!

Afghani all'aeroporto di Herat

Tra i momenti più belli del periodo afghano ci sono sicuramente le domeniche sera: con le altre persone dell’Opera presenti nel campo base mangiavamo una pizza assieme, ci raccontavamo belle cose delle nostre famiglie e tenevamo incontri di formazione cristiana.

Montagne afghane

Ho parlato delle amicizie dell’Afghanistan. Ma non finisce tutto nel momento in cui si torna in patria: con tante persone di diverse nazionalità ho stretto vera amicizia, prego per loro tutti i giorni e continuo a tenermi in contatto con molti qui in Italia.

Il risultato finale di questa esperienza è che se vuoi cambiare in meglio l’Afghanistan o il tuo ufficio, il condominio, le amicizie, la famiglia o qualsiasi altra situazione, devi prima cambiare tu, pensando meno a te stesso e più agli altri.