Carissimi, Gesù protegga le mie figlie e i miei figli!
Il 2 ottobre abbiamo celebrato l’anniversario della fondazione dell’Opera e il 6 quello della canonizzazione di san Josemaría. Sono due date che ci aiutano a considerare, con gratitudine verso Dio, la realtà della nostra vocazione all’Opus Dei e la gioiosa responsabilità che ne consegue di impegnarci, ciascuno, a essere Opera e a fare l’Opera al servizio della Chiesa.
Molti di voi ricorderanno queste parole del nostro fondatore: «Sebbene l’identità personale permanga la stessa lungo le varie età della vita (infanzia, adolescenza, maturità…), pure nel nostro sviluppo vi è evoluzione, altrimenti saremmo dei cadaveri. Resta intatto ciò che è essenziale, il nucleo, lo spirito, ma si rinnovano i modi di esprimersi e di operare, sempre antichi e sempre nuovi, sempre santi» (Lettera 27, n. 56).
È soprattutto nell’apostolato personale, anche mediante l’impegno di orientare cristianamente le professioni e le strutture umane, che dobbiamo mettere creatività e iniziativa personale nei modi di dire e di fare. Allo stesso tempo, cerchiamo di rimanere fedeli alle norme e alle consuetudini di vita spirituale e apostolica che ci ha trasmesso san Josemaría.
D’altra parte, ciò che il nostro fondatore afferma quando scrive che «si rinnovano i modi di esprimersi e di operare», si è pienamente realizzato e continua a essere vero in questo secolo di vita dell’Opera. Ve ne sono numerosissimi esempi. Al tempo stesso, non vi è alcun cambiamento nello spirito e nel contenuto delle norme di pietà e delle consuetudini di famiglia. Naturalmente, non tutto ha la stessa importanza: nel nostro spirito vi sono realtà essenziali della vita cristiana – in primo luogo l’Eucaristia – ma anche dettagli dei quali possiamo pensare che nostro Padre, come fondatore, avrebbe potuto fare a meno o sostituirli con altri, senza intaccare lo spirito. Tuttavia, è da tener presente che possono essere vissuti con molto amore e acquistare così grande valore. Inoltre, le piccole consuetudini contribuiscono a creare e mantenere una tradizione familiare che, nel suo insieme, costituisce un importante fattore di unità: unità attuale e unità vitale con l’origine. A questo proposito, facendo le debite proporzioni, ricordo alcune parole di Benedetto XVI riguardo alla Chiesa universale: «La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti» (Benedetto XVI, Udienza, 26-IV-2006).
A volte possiamo sperimentare la tentazione della routine nel vivere le norme di pietà, le consuetudini e i mezzi di formazione. Se cerchiamo di farlo con amore, non ci sarà il pericolo di un compimento consuetudinario e piatto: l’amore fa nuove tutte le cose (cfr. Ap 21, 5). Come ci ha appena ricordato papa Leone XIV, «l’amore è soprattutto un modo di concepire la vita, un modo di viverla» (Dilexi te, n. 120). Ogni giornata avrà un nuovo splendore, e potremo riscoprire la bellezza del nostro spirito. Pertanto, è importante ricordare che vogliamo essere fedeli non solo a qualcosa (un piano di vita) ma soprattutto a qualcuno: a Gesù e, con lui e in lui, ai nostri fratelli e al mondo intero. Possiamo comprendere anche in questa prospettiva l’esortazione di nostro Padre: «Siate fedeli, figli dell’anima mia, siate fedeli! Voi siete la continuità» (In dialogo con il Signore, 17, 4c). L’Opera è nelle nostre mani come un’eredità ricevuta, un tesoro al quale far produrre frutti con il nostro contributo e che dobbiamo tramandare, con la grazia di Dio e con gioia, nonostante i nostri limiti ed errori e senza scoraggiarci dinanzi alle difficoltà esterne di una certa epoca o di un determinato luogo.
Non trascuriamo di unirci alla persona e alle intenzioni del Romano Pontefice, in questi momenti cruciali per la pace nel mondo.
Con grandissimo affetto vi benedice
vostro Padre

Roma, 16 ottobre 2025

