Meditazioni: Giovedì della 12ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì della dodicesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Le opere, un riflesso della fede; Costruire la vita sugli ideali; Quando c’è minaccia di tempesta.

- Le opere, un riflesso della fede

- Costruire la vita sugli ideali

- Quando c’è minaccia di tempesta


Un giorno Cristo si rivolse alla moltitudine in questi termini: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21). È probabile che Gesù intuisse in qualcuno che lo ascoltava un desiderio di convertirsi formulato a parole ma che non riusciva a tradursi in opere. C’erano forse molte decisioni spontanee a fare il bene, ma non avevano profondità e costanza. Magari erano persone che riconoscevano l’autorità del Maestro, ma non erano convinti che le sue proposte garantissero una vita piena e felice.

Proprio per questo Gesù sentì la necessità di condividere con gli uomini un aspetto essenziale del cammino che stava annunciando. La vita cristiana non si esaurisce in una formulazione teorica, ma è una realtà che trasforma completamente e comporta una presa di posizione che si traduca in opere. «Avere fede non è una conoscenza: avere fede è ricevere il messaggio di Dio che ci ha portato Gesù Cristo, farlo proprio e portarlo avanti»[1]. La proposta del Signore è rivolto a tutta la persona, è una chiamata che risuona nei meandri dell’intelletto, della volontà e del cuore.

Le azioni che compiamo rivelano il grado di interesse che suscita in noi un determinato obiettivo. Allo stesso modo che se uno vuole rimanere in buona forma fisica adotta un programma di esercizi e di alimentazione, seguire il Signore significa fare scelte precise. E questo comporta sia allontanarsi da tutto quello che potrebbe separarci da Dio sia intensificare quelle pratiche che rafforzino la nostra relazione con lui: la preghiera, i sacramenti, la formazione cristiana… Questa è la coerenza che rispecchia in modo autentico la nostra fede. Come diceva san Josemaría, «le nostre labbra manifestino lo slancio sincero di corrispondere, con desiderio efficace, agli inviti del Creatore. Intanto ci sforziamo di seguire i suoi piani con fede incrollabile, convinti che Lui non può fallire. Quando la volontà divina la si ama così, si comprende che il valore della fede non consiste soltanto nella chiarezza con cui la si espone, ma nella risolutezza con cui la si difende per mezzo delle opere: e agiremo di conseguenza»[2].


Quando la fede si traduce in scelte concrete, la vita cristiana acquista una maggiore profondità. In questo modo lo Spirito Santo costruisce in noi un’identità durevole sulla base ferma di alcune convinzioni divenute vita, come una casa costruita su solide fondamenta. Proprio il Signore, nel Vangelo, paragona il destino di due case: una costruita sulla sabbia e l’altra sulla roccia. La prima non può resistere all’alluvione; la seconda, invece, gode di una struttura che le permette di reggere alla furia delle acque.

Anche nella relazione con Dio constatiamo la forza delle contrarietà e la debolezza della nostra natura. A volte vogliamo fare una cosa, ma finiamo con il fare quella contraria. E questo può provocare in noi sconforto e stanchezza. Ammettere l’esistenza di queste difficoltà non è pessimismo, ma sano realismo. «L’ottimismo cristiano non è ottimismo dolciastro, e neppure la fiducia umana che tutto andrà bene. È un ottimismo che affonda le sue radici nella coscienza della libertà e nella sicurezza del potere della grazia; un ottimismo che porta ad essere esigenti con noi stessi, a sforzarci nel corrispondere in ogni momento alle chiamate di Dio»[3].

Può darsi che, certe volte, sentiamo con particolare intensità la gioia di rimanere accanto al Signore; altre volte, invece, abbiamo la sensazione che si sia allontanato e, dunque, quello che prima ci soddisfaceva, ora ci appare indifferente o costoso. Forse allora il cuore ci presenta altri cammini che promettono la felicità che tanto aneliamo. In momenti come questi lo Spirito Santo non è assente nella nostra vita. Possiamo ricorrere a lui proprio in questa circostanza in modo che la casa sia edificata sulla roccia, che è la sua presenza nella nostra anima. Molte volte i sentimenti soffiano nella stessa direzione verso la quale si dirige il desiderio di Dio, ma altre volte ci troviamo a camminare verso una meta che giudichiamo buona senza l’aiuto di quel vento favorevole o, anche, a «contropelo»[4]. Se la nostra vita poggia su convinzioni ferme, su ideali nobili che possono manifestarsi in qualsiasi situazione, la casa non sarà portata via dalla forza delle acque, sempre imprevedibile e incontrollabile; non solo, ma quel momento sarà giudicato come un’opportunità per rafforzare i propri ideali e maturare l’amore che abbiamo scelto, perché il Paraclito abita in noi. In tal modo, quando la tormenta sarà passata e ritornerà il sole, ci renderemo conto che valeva la pena costruire la casa sulla roccia solida.


Quando infuria una tempesta abbiamo la necessità di cercare un rifugio. Quando constatiamo la nostra fragilità e ci accorgiamo che i sentimenti non ci sono di aiuto, l’orazione ci può offrire un rifugio sicuro. In ogni caso, l’orazione non è una cosa alla quale ricorrere esclusivamente in situazioni di emergenza. Gesù ha trasmesso agli apostoli l’importanza di pregare in ogni momento, senza stancarsi (cfr. Lc 18, 1). Se appena ci riflettiamo, da un punto di vista oggettivo, non esistono situazioni che richiedano più o meno orazione, perché per noi la preghiera è sempre e in ogni momento una meravigliosa necessità. Con essa ci rendiamo conto fino a che punto lo Spirito Santo ci accompagna e guida la nostra vita con amore.

È comunque evidente che, dal punto di vista della nostra esperienza, esistono situazioni che possono allontanarci di più dall’orazione quando paradossalmente essa è più necessaria che mai. Così dice Gesù agli apostoli nel Getsemani: «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26, 41). Quando la tentazione si manifesta con maggior forza, quando i sentimenti spariscono, quando la nostra fede sembra indebolirsi…, l’orazione è più potente che mai, benché a noi sembri il contrario. Non pregare perché crediamo di essere lontani, o perché non sentiamo nulla, o perché la nostra fede va cedendo, è un ragionamento solo apparentemente logico: è proprio in queste circostanze che abbiamo maggior necessità di rifugiarci nell’orazione e di ricominciare da lì per scoprire dove ci sta portando lo Spirito Santo. «Se ti sembra che il Signore ti abbandoni – scrive san Josemaría –, non rattristarti: cercalo con maggiore impegno! Egli, l’Amore, non ti lascia solo. – Convinciti che “ti lascia solo” per Amore, affinché tu veda con chiarezza nella tua vita ciò che è suo e ciò che è tuo»[5].

Quando la tempesta peggiora e le fondamenta della casa sembrano cedere, possiamo far nostro il grido del salmista: «Presto ci venga incontro la tua misericordia, perché siamo così poveri! Aiutaci, o Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome» (Sal 79, 8-9). Se qualche volta nella nostra orazione ci mancano le parole, possiamo addentrarci nei Salmi e trovare in essi una falsariga per la nostra preghiera: «Nei salmi, il credente trova una risposta. Egli sa che, se anche tutte le porte umane fossero sprangate, la porta di Dio è aperta. Se anche tutto il mondo avesse emesso un verdetto di condanna, in Dio c’è salvezza. “Il Signore ascolta”: qualche volta nella preghiera basta sapere questo»[6]. Inoltre in questi momenti possiamo rivolgerci alla Madonna. Ella si assumerà l’incarico di presentare le nostre suppliche a suo Figlio e ci aiuterà ad accettare le tempeste con pace e serenità.


[1] Papa Francesco, Omelia, 21-II-2014.

[2] San Josemaría, Amici di Dio, n. 198.

[3] San Josemaría, Forgia, n. 659.

[4] San Josemaría, Solco, n. 127.

[5] San Josemaría, Forgia, n. 250.

[6] Papa Francesco, Udienza, 14-X-2020.