Ma come hai fatto a capire?

Rosalia Mazzara, numeraria ausiliare siciliana originaria di Corleone, racconta come ha scoperto la sua vocazione durante gli studi presso la scuola alberghiera SAME. Attualmente Rosalia è istruttrice di cucina alla SAME e si occupa, a sua volta, della formazione umana e professionale di molte ragazze giovani.

Tu stavi a Corleone; come sei venuta a conoscenza dell’Opus Dei?

Attraverso la Scuola alberghiera SAME. Era maggio 1983, frequentavo la terza media e dopo avrei dovuto scegliere una scuola o decidere che cosa fare. Una mattina entrarono in classe due signore ben vestite e amabili, che venivano a parlarci della scuola. Mi piacque molto il loro modo di presentare la scuola, così mi entusiasmai e compilai una scheda per chiedere in seguito altre informazioni. Ma ero sicurissima che non l’avrei frequentata.

Strano tanto entusiasmo e nello stesso tempo tanta sicurezza di non potersi iscrivere…

Facile da spiegare e anche comprensibile alla mia età. Mi piaceva l’idea di andare fuori dal paese per studiare, ma il solo pensiero di stare lontano da casa dei miei genitori e fratelli mi faceva star male; era più forte di me. Pensavo: “è inutile non ce la farò mai a stare lontano”. Mio padre però fissò l’appuntamento per andare a visitare la scuola; così mi iscrissi per il periodo di prova, per verificare se quegli studi e quel lavoro erano adatti a me.

E come andò? Continuava il pensiero di non farcela a reggere la lontananza?

Terminai i tre giorni più entusiasta di prima, anche se il mio pensiero era sempre lo stesso: la lontananza mi sembrava troppo costosa. Dopo un po’ di tempo arrivò a casa la lettera con la notizia che rientravo tra le ragazze selezionate.

Quindi l’entusiasmo prevalse sulla paura di non farcela…

La scuola iniziò e io ero lì con le altre alunne e nonostante la lontananza dalla mia famiglia ero contenta di stare con persone che ancora non conoscevo, ma che avevano qualcosa di speciale, anche se non capivo bene ancora di che cosa si trattasse. I miei genitori erano contenti che fossi riuscita a vincermi e a stare fuori casa.

Come avvenne la scoperta della vocazione all’Opera?

Con il tempo cominciai a frequentare alcuni incontri di formazione, dove scoprivo tanti piccoli dettagli nei quali potevo migliorare per essere più generosa con gli altri. Tempo dopo, in un mese di aprile, andai a un incontro a Roma con ragazze di tutto il mondo in occasione della Settimana Santa. Una di quelle sere, mentre ero nella cappella dell’albergo che ci ospitava, capii che il Signore desiderava qualcosa da me. Ancora oggi quando le mie amiche mi chiedono: “Ma come hai fatto a capirlo?”, rispondo che è qualcosa di particolare ed è il Signore stesso a farlo capire.

Quale fu la reazione dei tuoi genitori?

I miei genitori all’inizio non hanno compreso molto la mia vocazione, ma è una reazione naturale, comprensibile; da parte mia, pur con molto affetto nei loro confronti, sono rimasta stabile nella mia decisione e nella mia scelta di vita. Anche se da entrambe le parti abbiamo sofferto ci siamo sempre voluti bene, anzi posso dire che il nostro affetto e amore si è rafforzato.

Non ti sei mai sentita “divisa” tra l’amore per la tua vocazione e quello per la tua famiglia?

Non mi sono mai sentita costretta a fare qualcosa, al contrario ho sempre esercitato pienamente la mia libertà e di questo sono grata ai miei genitori che mi hanno aiutato a viverla. Adesso ringrazio Dio per le difficoltà che ho incontrato nel mio percorso, perché mi hanno dato occasione di manifestare la mia fede e il mio desiderio di santità, lì nel posto dove mi trovo: questo è il messaggio di San Josemaría.

La posizione dei tuoi genitori è cambiata con il passare degli anni?

Si, completamente, tanto che una volta ho sentito dire a mio padre che anche lui frequentava l’Opera da vent’anni. Mi colpì molto ma nello stesso tempo sono rimasta contenta perché in qualche modo l’Opera era entrata anche nel suo cuore.

Come si svolgono oggi le tue giornate?

Attualmente sono docente di cucina nella Scuola alberghiera, che io stessa ho frequentato da allieva, e vivo sempre in mezzo a tante ragazze, una diversa dall’altra, ma questa è la bellezza delle creature, siamo tutte e tutti figli di Dio.

Ti senti realizzata come donna e come lavoratrice?

Sono felice di appartenere a questa grande famiglia che è l’Opera, ringrazio tutti i giorni Dio che ha avuto questa predilezione nei miei confronti per avermi scelto e mi sento di ripetere quello che diceva il Fondatore: “Vale la pena”. Realizzata come donna? Direi proprio di sì. Vivo in una famiglia; accudisco con gioia e sacrificio la mia famiglia, l’Opera, esattamente come fanno mia madre e tante mamme nel mondo intero, anche loro con gioia ma anche con sacrificio e a volte nel dolore, per la famiglia che un giorno hanno costituito. Realizzata come lavoratrice? Se non ci fosse stato l’incontro con la SAME e tutta la formazione professionale ricevuta negli anni che ho già trascorso nell’Opus Dei, non avrei mai potuto sognare di poter essere io a insegnare la professione ad altre. Ogni nuovo corso di lezioni è una sfida, cambiano le persone, ma anche io devo cambiare, aggiornarmi, adattarmi alle nuove allieve, migliorare l’insegnamento e anche il mio ricettario, in modo che agli esami le allieve possano presentare piatti nuovi.