L’evocazione di questi due stretti collaboratori di S. Paolo, al quale in alcune occasioni hanno salvato la vita, ha portato il Papa ad affermare che “ogni casa può trasformarsi in una piccola chiesa”.
Proseguendo la serie di catechesi che sta offrendo su figure di spicco di primi cristiani, il Pontefice ha meditato in questa occasione, insieme a migliaia di pellegrini riuniti nell’Aula Paolo VI, su questa coppia di coniugi espulsa da Roma insieme agli ebrei dall’imperatore Claudio.
Arrivarono a Corinto verso il 50 e lì conobbero Paolo. Accortisi che era un fabbricante di tende, come loro, lo accolsero nella propria casa.
In seguito, Priscilla e Aquila si trasferirono a Efeso e, come racconta lo stesso Paolo, i cristiani della città si riunivano in casa loro per ascoltare la Parola di Dio e celebrare l’Eucaristia.
I cristiani chiamarono queste riunioni o assemblee in greco “ekklesia”, in latino “ecclesia”, ovvero chiesa.
“Così possiamo vedere la nascita proprio della realtà della Chiesa nelle case dei credenti”, ha riconosciuto il Papa.
Solo nel III secolo sarebbero nati “veri e propri edifici di culto cristiano”, ha ricordato. Nei due primi secoli, tuttavia, “le case dei cristiani diventano vera e propria ‘chiesa’”.
Aquila e Priscilla continuarono a svolgere questa “preziosissima funzione” più tardi, tornando a Roma, la capitale dell’impero, come testimonia Paolo nella lettera ai Romani, in cui esprime a questa coppia non solo gratitudine, ma anche il ringraziamento di tutte le Chiese delle Genti.
“Una cosa è certa – ha aggiunto il Papa –: insieme alla gratitudine di quelle prime Chiese, di cui parla S. Paolo, ci deve essere anche la nostra, poiché grazie alla fede e all’impegno apostolico di fedeli laici, di famiglie, di sposi come Priscilla e Aquila il cristianesimo è giunto alla nostra generazione”.
”Poteva crescere non solo grazie agli Apostoli che lo annunciavano – ha spiegato –. Per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente, era necessario l'impegno di queste famiglie, di questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l'‘humus’ alla crescita della fede”.
“E sempre, solo così cresce la Chiesa – ha sottolineato –. In particolare, questa coppia dimostra quanto sia importante l’azione degli sposi cristiani”.
“Quando essi sono sorretti dalla fede e da una forte spiritualità, diventa naturale un loro impegno coraggioso per la Chiesa e nella Chiesa”.
“La quotidiana comunanza della loro vita si prolunga e in qualche modo si sublima nell’assunzione di una comune responsabilità a favore del Corpo mistico di Cristo, foss’anche di una piccola parte di esso. Così era nella prima generazione e così sarà spesso”, ha riconosciuto.
Dall’esempio di Priscilla e Aquila il Papa ha tratto una seconda lezione: “ogni casa può trasformarsi in una piccola chiesa”.
“Non soltanto nel senso che in essa deve regnare il tipico amore cristiano fatto di altruismo e di reciproca cura, ma ancor più nel senso che tutta la vita familiare, in base alla fede, è chiamata a ruotare intorno all'unica signoria di Gesù Cristo”.
“E la Chiesa, in realtà, è la famiglia di Dio”, ha concluso.