Il Papa e la Settimana Santa

Offriamo alcune sintesi delle omelie pronunciate dal Benedetto XVI durante la Settimana Santa.

Domenica delle Palme

Tanti erano i giovani, riversatisi nel colonnato di Bernini con striscioni e ramoscelli di ulivi, che hanno voluto prendere parte alla Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), celebrata a livello diocesano nella domenica che segna l'inizio della Settimana Santa.

Richiamando il brano evangelico odierno sull’ingresso trionfale di Cristo a Gerusalemme, il Papa ha ricordato ai giovani che “il vero scopo del pellegrinaggio deve essere quello di incontrare Dio; di adorarlo e così mettere nell’ordine giusto la relazione di fondo della nostra vita”.

Il Regno instaurato da Cristo, ha continuato il Papa, “passa attraverso la croce”, ed è “universale”; non si fonda sulla “regalità di un potere politico, ma si basa unicamente sulla libera adesione dell’amore”.

“L’universalità - ha spiegato - è sempre un superamento di se stessi, rinuncia a qualcosa di personale. L’universalità e la croce vanno insieme. Solo così si crea la pace”.

E tuttavia, ha continuato, questi resterebbero solo principi spirituali se nella vita noi uomini non fossimo in grado di “osare il grande sì” a Dio, e cioè di “metterci a disposizione, quando in fondo vorremmo aggrapparci al nostro io”.

“Ad una vita retta appartiene anche il sacrificio, la rinuncia – ha infatti osservato il Papa – . Chi promette una vita senza questo sempre nuovo dono di sé, inganna la gente. Non esiste una vita riuscita senza sacrificio”.

“Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale – ha proseguito –, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto ‘sì’ ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita”.

Anche Gesù ha saputo offrire a Dio il suo “sì” assoluto, superando il “terrore della passione” che lo attendeva.

“Anche noi possiamo lamentarci davanti al Signore come Giobbe – ha aggiunto ,– presentargli tutte le nostre domande che, di fronte all’ingiustizia nel mondo e alla difficoltà del nostro stesso io, emergono in noi”.

“Davanti a Lui non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un mondo fittizio – ha affermato il Papa –. Pregare significa sempre anche lottare con Dio, e come Giacobbe possiamo dirGli: ‘Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!’”.

Questo, ha sottolineato Benedetto XVI, ci insegna che la volontà di Dio “è sempre più importante e più vera” della nostra e che “la sua volontà è la verità e l’amore”.

Rivolgendosi direttamente ai giovani, il Papa ha poi affermato che “quanto più per amore della grande verità e del grande amore – per amore della verità e dell’amore di Dio – possiamo fare anche qualche rinuncia, tanto più grande e più ricca diventa la vita”.

“Chi vuole riservare la sua vita per se stesso, la perde. Chi dona la sua vita quotidianamente nei piccoli gesti, che fanno parte della grande decisione – questi la trova”.

“È questa la verità esigente, ma anche profondamente bella e liberatrice, nella quale vogliamo passo passo entrare durante il cammino della Croce attraverso i continenti”, ha concluso.

Giovedì Santo

Nella Messa nella Cena del Signore Benedetto XVI ha lavato i piedi a dodici sacerdoti

"L'Eucaristia non può mai essere solo un'azione liturgica", ha avvertito Benedetto XVI nel pomeriggio di questo Giovedì Santo; richiede anche amore "quotidiano" e, in questo modo, trasforma il mondo. Durante la Messa nella Cena del Signore, che ha presieduto nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano, la sua Cattedrale, il Papa ha invitato i credenti a scoprire cos'è successo realmente più di duemila anni fa, nell'ultimo incontro di Gesù con i suoi apostoli nel Cenacolo di Gerusalemme.

Il Pontefice ha lavato i piedi a dodici sacerdoti, secondo il rito previsto dalla liturgia del giorno, ricordando che Gesù, alla vigilia della sua Passione, lavò i piedi ai suoi apostoli e ordinò loro di fare lo stesso.

Nel corso del rito, i presenti sono stati invitati a compiere un atto di carità in aiuto della comunità cattolica di Gaza. La somma raccolta è stata consegnata al Papa al momento della presentazione delle offerte.

L'Eucaristia, ha spiegato Benedetto XVI durante l'omelia, "è completa solo se l'agape liturgica diventa amore nel quotidiano. Nel culto cristiano le due cose diventano una: l'essere gratificati dal Signore nell'atto cultuale e il culto dell'amore nei confronti del prossimo".

"Chiediamo in quest'ora al Signore la grazia di imparare a vivere sempre meglio il mistero dell'Eucaristia così che in questo modo prenda inizio la trasformazione del mondo", ha esortato i fedeli.

Spiegando il momento in cui Gesù, durante l'Ultima Cena, spezzò il pane e lo diede ai suoi discepoli, il Santo Padre ha osservato che "nel pane spezzato, il Signore distribuisce se stesso".

"Il gesto dello spezzare allude misteriosamente anche alla sua morte, all'amore sino alla morte. Egli distribuisce se stesso, il vero 'pane per la vita del mondo'".

"Il nutrimento di cui l'uomo nel più profondo ha bisogno è la comunione con Dio stesso - ha aggiunto -. Ringraziando e benedicendo, Gesù trasforma il pane, non dà più pane terreno, ma la comunione con se stesso".

Questa trasformazione, ha osservato il Vescovo di Roma, "vuol essere l'inizio della trasformazione del mondo", "affinché diventi un mondo di risurrezione, un mondo di Dio. Sì, si tratta di trasformazione. Dell'uomo nuovo e del mondo nuovo che prendono inizio nel pane consacrato, trasformato, transustanziato".

Nella Preghiera dei Fedeli si è pregato in inglese per la fedeltà dei sacerdoti, e in polacco per la comunione visibile tra le Chiese cristiane attraverso il perdono e la riconciliazione.

Venerdì Santo

Benedetto XVI ha voluto offrire la Via Crucis al Colosseo, da lui presieduta nella notte di questo Venerdì Santo, a tutte le persone sofferenti e in particolare alle vittime dei recenti terremoti in Abruzzo.

Parlando dalla collina del Palatino, posta di fronte all'anfiteatro Flavio, il Papa ha letto una meditazione, lasciando da parte alla fine il testo preparato per l'occasione per esortare i fedeli: "preghiamo con tutti gli addolorati, preghiamo soprattutto con tutti i sofferenti della terra terremotata de L'Aquila".

"Preghiamo perché anche a loro, in questa notte oscura, appaia la stella della speranza, la luce del Signore risorto", ha poi aggiunto.

Da lì il Papa aveva seguito, precedentemente, inginocchiato le quattordici stazione della Via Crucis di Gesù.

A sostenere la Croce nel lento incedere tra l'Anfiteatro Flavio e l’Arco di Tito, si sono alternati oltre al Cardinale Vicario di Roma, Agostino Vallini, che l'ha portata nella prima e nell'ultima stazione: anche un giovane sulla sedia a rotelle, aiutato da un medico dell'Ordine di Malta; una famiglia romana; un malato accompagnato da un infermiere e da una suora; una ragazza asiatica e due suore indiane; due giovani del Burkina Faso; e due frati francescani della Custodia di Terra Santa.

Nella meditazioni della Via Crucis, scritte da monsignor Thomas Menamparampil, SDB, Arcivescovo di Guwahati (India) è risuonata la sofferenza dei cristiani perseguitati in questo ultimo anno.

"Fermiamoci questa sera a contemplare il Suo volto sfigurato: è il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali", ha invitato il Papa nella sua meditazione finale.

"Il suo volto – ha aggiunto – si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata".

Ed ha poi concluso: "Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno".

Domenica di Pasqua

Benedetto XVI ha dedicato il messaggio di Pasqua che ha pronunciato dal balcone della Basilica di San Pietro in Vaticano a mostrare come la risurrezione di Gesù non sia una teoria o un mito, ma il fatto più significativo della storia.

Per questo motivo, ha considerato di fronte ai 200.000 fedeli che riempivano Piazza San Pietro e le strade adiacenti che l'annuncio della Pasqua illumina le zone oscure del "materialismo" e del "nichilismo", che nelle società moderne sembrano estendersi.

In una mattinata dal cielo coperto, il Santo Padre ha affermato che "una delle domande che più angustiano l'esistenza dell'uomo è proprio questa: che cosa c'è dopo la morte?".

La celebrazione della Pasqua, ha risposto, "ci permette di rispondere che la morte non ha l'ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita".

La resurrezione di Gesù, ha osservato, "non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall'Uomo Gesù Cristo mediante la sua 'pasqua', il suo 'passaggio', che ha aperto una 'nuova via' tra la terra e il Cielo".

"Non è un mito né un sogno, non è una visione né un'utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba".

Il Vescovo di Roma ha spiegato che "l'annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo", riferendosi in particolare "al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell'esistenza umana".

"Se Cristo non fosse risorto, il 'vuoto' sarebbe destinato ad avere il sopravvento - ha ammesso -. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c'è scampo per l'uomo e ogni sua speranza rimane un'illusione".

Con la resurrezione di Cristo, tuttavia, "non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio".

Anche se è vero che la morte non ha più potere sull'uomo e sul mondo, ha riconosciuto, "tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio".

Per questo, ha dichiarato il Pontefice, Cristo ha "bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell'amore".

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