Lo scorso 24 dicembre, nel giorno della Vigilia di Natale, papa Francesco ha celebrato la solenne apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, sancendo l’inizio ufficiale del Giubileo ordinario 2025.
Due giorni dopo, nella festività di Santo Stefano, ha aperto una seconda Porta Santa, quella del carcere romano di Rebibbia. In quell’occasione il pontefice, sottolineando l’importanza di tale gesto, riferì: «La prima Porta Santa l’ho aperta a Natale in San Pietro, ma ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi tutti che siamo qui, dentro e fuori, avessimo la possibilità anche di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude».
Per Fabio, consulente finanziario e nonno di cinque nipoti, da dieci anni volontario nel carcere Regina Coeli, questo è stato «un gesto di profondo significato che ha sottolineato la predilezione della Chiesa per i dimenticati e gli oppressi». I detenuti, infatti, prima di essere tali sono persone come noi.
Nuove amicizie e conoscenze
“Dietro le sbarre” possono nascere legami e amicizie molto solidi. Lo sa bene Fabio, che dal 2015 offre il suo tempo ai detenuti del carcere: «Era l’anno del Giubileo straordinario della Misericordia - racconta Fabio - e desideravo compiere come opera di misericordia la visita ai carcerati, ma non riuscivo a trovare il modo di realizzarlo. Fino a quando un giorno un amico mi raccontò della sua attività di volontario al carcere di Regina Coeli e decisi di andare con lui».
Da allora Fabio ha stretto numerosi legami e amicizie: «La relazione personale è il principale obiettivo della visita ai detenuti. - spiega Fabio - Chiamarli per nome, ascoltarli, stringere loro la mano, abbracciarli: sono momenti che arricchiscono di umanità.
Una delle amicizie più solide che ho costruito è con un detenuto cinquantenne e abbandonato dalla sua famiglia. - aggiunge Fabio - Il primo incontro non andò benissimo: rifiutò (con sdegno e arroganza) l'abbigliamento che gli avevo portato su sua richiesta scritta. La settimana successiva, però, si è ripresentato a me, chiedendo scusa per il suo comportamento e ringraziando per il sostegno offerto. Da quel momento si è stabilita una buona amicizia».
Segni tangibili di speranza
Trascorrere del tempo con i detenuti dà modo di osservare i loro volti e ascoltare le loro storie. «Molte delle persone che ho incontrato in carcere - dice Fabio - hanno il desiderio di lasciarsi alle spalle la drammatica esperienza della detenzione e di ricominciare una nuova vita».
Nella Spes non Confundit, Bolla d’Indizione del Giubileo 2025, papa Francesco ha dichiarato: «Nell’Anno giubilare saremo chiamati ad essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto».
Per accogliere questo invito ed essere segno di speranza per i detenuti basta andare in prima persona nelle carceri o donare loro beni di prima necessità. «Attraverso l'attività dei volontari si possono dare segni concreti di aiuto e sostegno, sia spirituali sia materiali: grazie alla generosità di colleghi e amici si possono raccogliere e donare beni e generi di prima necessità (ad esempio capi di abbigliamento o prodotti per l'igiene personale). - aggiunge Fabio -
Offrire il proprio tempo per dare sollievo ai nostri fratelli detenuti, pregare per loro e condividere ciò che abbiamo nei nostri armadi e non utilizziamo con loro - conclude Fabio - è un eccellente cocktail di carità e fraternità».
«Quando la Chiesa si inchina per spezzare le nuove catene che legano i poveri, diventa un segno pasquale. Non si può concludere questa riflessione sulle persone private di libertà senza menzionare i carcerati che si trovano in diversi penitenziari e centri di detenzione. [...] E questa libertà non è solo interiore: si manifesta nella storia come amore che si prende cura e libera da ogni legame di schiavitù». (Papa Leone XIV, Dilexi te)

