Elena, Emanuele e Myriam e i loro ricordi di papa Francesco

Elena, Emanuele e Myriam sono tre giovani che raccontano cosa ha significato per loro il pontificato di papa Francesco e ricordano alcuni momenti indimenticabili di questi dodici anni.

Una parola, buonasera, che rivolgiamo ad amici, parenti, ma soprattutto a persone che ancora non conosciamo bene. Una Porta Santa che si spalanca nella cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Un gesto di gentilezza prima di un grande viaggio intercontinentale. Sono innumerevoli i ricordi rimasti nel cuore di milioni di fedeli in questi anni. Ne abbiamo raccolti alcuni.

«Molte volte – scrive Miryam - ho provato tristezza o rabbia davanti ad avvenimenti verso cui ero impotente. Ascoltando o leggendo i discorsi di papa Francesco ho capito che in realtà ciò che provavo era fame di tenerezza. Sapere che una fonte di immensa tenerezza esiste ed è in Dio, mi ha dato la pace e la consolazione per non perdere la gioia».

«Il pontificato di papa Francesco è stato, fin dal suo inizio, segnato da scelte che hanno indicato una volontà chiara di spostare il baricentro della Chiesa: non più soltanto Roma o l’Europa, ma una Chiesa di “frontiera” verso le periferie del mondo, oggi sempre più al centro della fede e della vitalità spirituale globale. È in questo contesto che, probabilmente, va letta la decisione, senza precedenti, di aprire il Giubileo della Misericordia con la Porta Santa nella cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana. Un gesto simbolico, eppure concreto, con cui il Papa ha voluto mostrare che la Chiesa è viva anche dove l’umanità soffre ma spera. Ma il vero cuore di quel Giubileo non fu solo geografico, bensì profondamente spirituale. Il tema della misericordia è stato, sin dal primo Angelus, al centro del messaggio di Francesco, in un tempo in cui la società occidentale sembra imprigionata nella logica della prestazione, della perfezione e del giudizio».

Papa Francesco ha permesso a noi giovani di guardare ancora alla Chiesa con fiducia. Non perché perfetta, ma perché capace di mostrare un volto umano, misericordioso e vicino. Il suo stile di paternità universale ha lasciato un segno profondo, riducendo quella distanza che, talvolta, si può creare tra il fedele e “l’istituzione”. In questi dodici anni di pontificato, Francesco è riuscito a mantenersi punto di riferimento, rispondendo con chiarezza anche alle domande più spinose e offrendo una guida sicura in un periodo di rinnovamento.

«Tra le cose che più mi hanno colpito di papa Francesco - commenta Elena -, c'è la sua grande umiltà, già evidente dalla sera del 13 marzo 2013, quando, dopo la fumata bianca, si è presentato e dopo un breve discorso ci invitò a pregare per lui. Il suo pontificato è stato caratterizzato da parole e da gesti che confermavano questa sua virtù, basti pensare al 28 marzo 2014, quando, durante la celebrazione penitenziale, si accostò a ricevere il sacramento della riconciliazione, prima di iniziare a confessare i fedeli. Questo suo atteggiamento mi ha fatto sentire il Papa non come un estraneo, o una persona straordinaria, ma come un uomo come noi, anche lui in cammino e che, come fanno i papà, dà l'esempio.

«Non dimenticherò mai - prosegue Elena - quando, conclusa la GMG di Rio De Janeiro nel luglio 2013, il gruppo di ragazze con cui ero ha incontrato papa Francesco all'aeroporto di Fiumicino. Ci ha viste, ha abbassato i finestrini e ci siamo precipitate da lui. Sono riuscita ad accarezzare le sue mani, ricordo ancora quanto erano morbide, e gli ho confidato ad alta voce, per farmi sentire nella baraonda, che volevo diventare santa. In quel momento si è girato verso di me e mi ha guardato intensamente».

«In un’epoca in cui si avverte il bisogno di figure credibili - conclude Emanuele -, capaci di orientare senza confondere, il suo magistero ha rappresentato una luce per chi, soprattutto tra noi giovani, è alla ricerca di risposte autentiche».