Mi chiamo Antonio Monteleone. Assieme ad altre persone dirigo le iniziative di un ente non profit, l'Istituto Lombardo per la formazione culturale europea (ILCE), con sede a Milano, che si occupa di favorire iniziative culturali a largo raggio. Dopo i fatti del 1989, e in particolare dopo l'avvento della democrazia in Romania, con i miei collaboratori abbiamo pensato di fare qualcosa per l’Est Europa, e in particolare per la Romania. Il nostro desiderio era quello di adoperarsi in modo concreto, dopo le profonde trasformazioni politiche che avevano investito i paesi dell'Est, per far diventare realtà la metafora utilizzata da Giovanni Paolo II: aiutare l’Europa a respirare con i due polmoni, l’occidentale e l’orientale, ossigenando quest’ultimo, reso asfittico da tanti decenni di sofferenze. Già nel 1993, ad alcuni medici che collaborano con noi fu possibile avere dei contatti da utilizzare per iniziative di amicizia e collaborazione con la comunità medica romena; ci sembrò che il tema della salute e dell'educazione alla salute fosse di immediato e comune interesse.
Così dal 1994 e fino al 2005, medici di notevole competenza, tra cui molti "primari" ospedalieri provenienti dagli ospedali di Milano e di Como, hanno dato la loro disponibilità gratuita per passare periodi di tempo (strappati alle ferie) in Romania; hanno così lavorato e discusso di aggiornamento medico, socio-sanitario e bioetico, fianco a fianco con i loro colleghi romeni e con le autorità cittadine o distrettuali. Ciò ha consentito di portare a compimento alcuni significativi progetti, in particolare nelle città di Craiova, Cluj e Brasov e di proporre ed effettuare corsi di aggiornamento per medici su temi che hanno spaziato dai tumori femminili all’assistenza agli anziani. Grazie anche alla collaborazione di ditte, enti e istituzioni e alla generosità di privati è stato possibile assegnare varie borse di studio a giovani medici romeni, a donare un mammografo, alcuni ecografi, un bisturi elettrico e vari altri strumenti utili in chirurgia: il nostro obiettivo principale è stato però sempre quello di non allontanare le persone dal loro posto abituale e di aiutarli piuttosto a perfezionarsi sul campo. Inoltre abbiamo ascoltato le problematiche e il vissuto concreto dei colleghi e abbiamo loro trasferito, in un rapporto amichevole, esperienze e protocolli di prevenzione, di diagnosi e di cura.
Come era da aspettarsi il beneficio è stato reciproco. Noi italiani abbiamo portato conoscenze ed esperienze di livello professionale più avanzato, ma abbiamo potuto riscontrare una grande umanità e un’elevata cultura, oltre alla chiarezza con cui i colleghi romeni concepiscono in termini di missione la loro professione medica, spesso svolta in condizioni assai difficili.
I medici romeni, oltre a impegnarsi molto per rendere gradevole il nostro soggiorno, ci hanno fatto conoscere storia, letteratura, arte e tradizioni, consentendoci di verificare la verità dell’affermazione che l’influenza più solida e penetrante nella cultura romena proviene dal periodo di presenza dei romani. A motivo della cordialità con cui si sono condotti i rapporti bilaterali, sono nate profonde amicizie e ricambi di ospitalità che perdurano.
Anche gli studenti universitari italiani hanno avuto una parte rilevante. Molti, infatti, sia della facoltà di medicina sia di altre facoltà, hanno collaborato con i progetti succitati o hanno svolto attività estiva di volontariato.