Gemma: volontariato al Campus Bio-Medico di Roma

Gemma segue da vicino il coordinamento dei volontari del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma sin dai suoi inizi. In questa testimonianza ci racconta cosa significa fare il volontario in un ospedale.

“All’inizio i primi corsi erano frequentati soprattutto da pensionati - racconta Gemma, madre di sette figli, bisnonna, 79 anni -. Con il tempo e il passaparola hanno iniziato a partecipare anche persone più giovani, con famiglia e che lavorano”.

Gemma con i suoi nipotini.

Il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma ha iniziato a essere una realtà concreta nel 1993. “Quando alla fine degli anni ‘80 tornammo a vivere a Roma da Milano - racconta Gemma, che è una soprannumeraria dell’Opus Dei -, alcuni amici, fedeli dell’Opera e non, avevano iniziato a lavorare al sogno del Campus. Sin da questa fase di ideazione già c’era l’idea che ci sarebbe stato bisogno di volontari”.

La persona al centro, i volontari al centro

“Come formazione sono fisioterapista - prosegue Gemma - e, anche se non ho praticato la professione per molto tempo, mi ha sempre affascinato il mondo dell’ospedale. Una volta inaugurato il policlinico universitario in via Longoni, insieme ad altre persone frequentai dei corsi per formarmi come volontario in un ospedale”. Quando nel 2008 venne inaugurato il nuovo campus universitario a Trigoria, anche la dimensione del volontariato fu rinnovata: “Pensammo che sarebbe stato bello - ricorda Gemma - mettere in pratica il motto la persona al centro anche per i volontari. Per questo dal 2010 organizziamo dei corsi originali per volontari all’interno del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, coordinati dall’Associazione Amici del Campus”.

Il focus del corso, che si tiene una volta l’anno e ha la durata di tre mesi, non è tanto medico-sanitario, ma è orientato a dare degli strumenti per porgersi meglio nei confronti dei pazienti, prestando attenzione al singolo malato e alle sue necessità relazionali. “La maggior parte dei volontari - sottolinea Gemma - sono quelli che vanno in reparto e che fondamentalmente parlano, chiacchierano con i pazienti, allettati o meno, passando con loro del tempo di qualità”.

I volontari sono distribuiti su varie mansioni a seconda della loro indole e della loro esperienza professionale. Ci sono anche volontari amministrativi, che aiutano l’Ufficio Relazioni con il Pubblico a fare telefonate e ad accogliere rimostranze; oppure volontari che si mettono a disposizione dei pazienti per spiegare il loro percorso medico.

Per servire, servire

“In alcuni casi, chiacchierando - spiega Gemma -, si arriva a parlare della fede e della spiritualità. In quei casi il volontario può condividere con il paziente la possibilità di parlare con un sacerdote o con un ministro della religione del paziente”.

Volontari del Campus Bio-Medico

Per i volontari dell’hospice Centro di cure palliative "Insieme nella cura" è prevista un’ulteriore formazione perché i volontari devono essere “pronti a tutto”, anche a sapere che un paziente conosciuto una prima volta potrebbe non esserci più la settimana seguente. I volontari e i medici in questo caso sono chiamati non ad allungare la vita ma a renderla più serena e gradevole.

A volte è capitato che un volontario si ammalasse e addirittura che diventasse paziente dell’hospice. “In questi casi - commenta Gemma - è impossibile non lasciarsi coinvolgersi, perché c’è di mezzo un’amicizia che precede la malattia e la morte”.

“Da quando anche l’ultimo figlio è uscito di casa, mi piace occuparmi del volontariato per far crescere lo spirito di servizio. Ci sono tante persone che hanno bisogno. Come diceva san Josemaría: per servire, servire!”.