26 giugno: Cercare la santità in mezzo al mondo

"Quando Dio lo chiamò, san Josemaría era un ragazzo ricco di vita e di progetti umani al quale il Signore chiese di seguire i Suoi disegni per lasciare un’impronta profonda nella vita della Chiesa". Ecco un approfondimento di don Roberto Balletta per prepararci alla festa del fondatore dell'Opus Dei.

«Che la tua vita non sia una vita sterile. Sii utile. Lascia traccia. Illumina con la fiamma della tua fede e del tuo amore. Cancella, con la tua vita d'apostolo, l'impronta viscida e sudicia che i seminatori impuri dell'odio hanno lasciato. E incendia tutti i cammini della terra con il fuoco di Cristo che porti nel cuore» (Cammino, n. 1).

Nella festa di san Josemaría, nella quale si celebra il suo transito al Cielo, queste parole acquistano una forza speciale. Quando Dio lo chiamò, Josemaría era un ragazzo ricco di vita e di progetti umani al quale il Signore chiese di seguire i Suoi disegni per lasciare un’impronta profonda nella vita della Chiesa: farsi strumento dell’azione provvidente di Dio per “aprire i cammini divini della terra”. La straordinaria forza di attrazione che ha la sua vita sta nella capacità, che per grazia divina egli ebbe, di comunicare come un comune fedele cristiano, immerso nelle cose del mondo, possa dare una piena risposta di amore a Dio nella sua vita ordinaria. Non nel prendere le distanze dalle realtà create, ma piuttosto trovando quel “qualcosa di santo, di divino” che esse custodiscono in quanto provenienti da Dio Creatore e Padre, e trasformarle così in luogo di incontro con Lui: di santificazione personale e di profondo servizio agli altri.

A partire da quel 2 ottobre del 1928, per san Josemaría - e per tanti uomini e donne che lo hanno seguito - si è spalancato l’orizzonte luminoso della santità cristiana cercata in mezzo al mondo, nelle circostanze più diverse e nei più svariati compiti a cui ciascuno è chiamato in famiglia, nel lavoro, nello sviluppo delle relazioni con gli altri, nel perseguimento di tanti interessi umani che lo appassionano. Per coloro che ne sono raggiunti la chiamata divina a fare l’Opus Dei rappresenta un risvegliarsi della vocazione divina del battesimo, che permette di coglierne l’ampiezza e la profondità con le quali essa attraversa e trasforma la vita ordinaria nel mondo. Papa Francesco, nel messaggio rivolto ai giovani in preparazione della ormai prossima Giornata Mondiale della Gioventù, dice: «Nel tratto che ancora ci manca per giungere a Lisbona cammineremo insieme alla Vergine di Nazaret che, subito dopo l’annunciazione, “si alzò e andò in fretta” (Lc 1,39) per andare ad aiutare la cugina Elisabetta… Maria di Nazaret, con la sua risposta a Dio che la cerca, aiuta tanti giovani a riconoscere l’azione di Dio nella loro esistenza e ad avere la gioia di corrispondervi. Ella “si alza e si mette in movimento, perché è certa che i piani di Dio siano il miglior progetto possibile per la sua vita”».

È quanto ci comunica anche san Josemaría con la sua vita e con i suoi insegnamenti: «Il Signore ci cerca ad ogni momento: “Alzati - ci dice - esci dalla tua pigrizia, dalla tua comodità, dai tuoi egoismi meschini, dai tuoi piccoli problemi senza importanza. (…) Guadagna altezza, peso, volume e visione soprannaturale”» (Amici di Dio, n. 196). Sollecita tanti giovani – e non solo - a svegliarsi, ad alzarsi per andare in fretta come fece Maria. «Sperimentare la presenza di Cristo risorto nella propria vita, - ci dice ancora papa Francesco - incontrarlo “vivo”, è la gioia spirituale più grande, un’esplosione di luce che non può lasciare “fermo” nessuno. Mette subito in movimento e spinge a portare agli altri questa notizia, a testimoniare la gioia di questo incontro» (ibidem).

«Conoscere Gesù, pertanto, - ci ricorda san Josemaría - significa renderci conto che la nostra vita non può avere altro senso che quello di darci al servizio degli altri. Un cristiano non può fermarsi ai suoi problemi personali, perché deve vivere al cospetto della Chiesa universale, pensando alla salvezza di tutte le anime. (...) I problemi del nostro prossimo devono essere i nostri problemi. (...) Se veramente siamo figli di Maria, riusciremo a comprendere il comportamento del Signore, il nostro cuore si dilaterà e avremo viscere di misericordia. Ci vorranno allora le sofferenze, le miserie, gli errori, la solitudine, l'angoscia, le pene degli uomini nostri fratelli. E sentiremo l'urgenza di aiutarli nei loro bisogni e di parlare loro di Dio, perché imparino a trattarlo da figli e possano conoscere la delicatezza materna di Maria» (È Gesù che passa, n. 145-146).

In questo 26 di giugno san Josemaría torna a ricordarci: «Ancora risuona nel mondo quel grido divino: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e che altro voglio, se non che divampi?”» (Cammino, n. 801): parole che infiammavano talmente il suo cuore da spingerlo a cantarle mentre cercava di accendere i cuori dei giovani che lo seguivano. «Eppure, vedi: è quasi tutto spento… Non ti viene voglia di propagare l'incendio?» (ibidem).