TEMA 24 (2). L’Ordine sacro

Mediante il sacramento dell’Ordine viene conferita una partecipazione al sacerdozio di Cristo-Capo. Il sacerdozio ministeriale si distingue essenzialmente dal sacerdozio comune dei fedeli.

1. Il sacerdozio di Cristo

All’interno del popolo di Israele, indicato in Es 19, 6 come «un regno di sacerdoti», la tribù di Levi fu scelta da Dio per il «servizio della Dimora della Testimonianza» ( Nm 1, 50). Tra i leviti, i sacerdoti dell’Antica Alleanza venivano consacrati con il rito dell’unzione (cfr. Es 29, 1-7) e costituiti «per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati» ( Eb 5, 1). Questo sacerdozio, facente parte della legge mosaica, è «l’introduzione di una speranza migliore» ( Eb 7, 19), «ombra dei beni futuri», ma di per sé «non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio» ( Eb 10, 1).

Il sacerdozio levitico prefigurava in qualche modo nel popolo eletto la piena realizzazione del sacerdozio in Gesù Cristo, non legato alla genealogia, né ai sacrifici del tempio, né alla Legge, ma solo a Dio stesso (cfr. Eb 6, 17-20 e 7, 1 ss). Per questo, è «stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek» ( Eb 5, 10) colui che «con un’unica oblazione ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati»( Eb 10, 14). Infatti il Verbo di Dio incarnato, compiendo le profezie messianiche, ha redento tutti gli uomini con la sua morte e risurrezione, donando la propria vita nella sua condizione sacerdotale. Questo sacerdozio, che Gesù stesso presenta in termini di consacrazione e di missione (cfr. Gv 10, 14), ha un valore universale: non si dà «un agire salvifico di Dio al di fuori dell’unica mediazione di Cristo» [1] .

2. Il sacerdozio degli Apostoli e nella successione apostolica

Durante l’ultima cena Gesù manifesta la volontà di far partecipare i suoi Apostoli al suo sacerdozio, espresso come consacrazione e missione: «Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità» ( Gv 17, 18-19). Questa partecipazione, durante il ministero di Cristo si dà in vari momenti che si possono considerare preparazione all’istituzione dell’ordine sacro: quando chiama gli apostoli costituendoli come collegio (cfr. Mc 3, 13-19), quando li istruisce e li invia a predicare (cfr. Lc 9, 1-6), quando affida loro la missione universale (cfr. Mt 28, 18-20), infine quando ordina loro di celebrare l’Eucaristia: «fate questo in memoria di me» ( 1 Cor 11, 24). Nella missione apostolica essi «furono pienamente confermati il giorno di Pentecoste» [2] .

Nella loro vita, «non solo ebbero vari collaboratori nel ministero, ma perché la missione loro affidata venisse continuata dopo la loro morte, lasciarono quasi in testamento ai loro immediati cooperatori l’incarico di completare e consolidare l’opera da essi incominciata […] e diedero disposizione che, quando essi fossero morti, altri uomini provati prendessero la successione del loro ministero». È così che «i vescovi hanno ricevuto il ministero della comunità con l’aiuto dei presbiteri e dei diaconi, presiedendo in luogo di Dio al gregge, di cui sono i pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo» [3] .

2.1. La liturgia dell’ordinazione

Nel Nuovo Testamento il ministero apostolico è trasmesso attraverso l’imposizione delle mani accompagnata da una preghiera (cfr. At 6, 6; 1 Tm 4, 14; 5, 22; 2 Tm 1, 6); questa è la prassi già presente nei riti di ordinazione più antichi, come quelli raccolti nella Traditio apostolica e negli Statuta Ecclesiae Antiqua . Questo nucleo essenziale, che costituisce il segno sacramentale, è stato arricchito nel corso dei secoli con alcuni riti complementari, che possono differire a seconda delle diverse tradizioni liturgiche. «Nel rito latino, i riti di introduzione – la presentazione e l’elezione dell’ordinando, l’omelia del vescovo, l’interrogazione dell’ordinando, le litanie dei santi – attestano che la scelta del candidato è stata fatta in conformità alla prassi della Chiesa e preparano l’atto solenne della consacrazione. A questa fanno seguito altri riti che esprimono e completano in maniera simbolica il mistero che si è compiuto: per il vescovo e il presbitero l’unzione del santo crisma, segno dell’unzione speciale dello Spirito Santo che rende fecondo il loro ministero; la consegna del libro dei Vangeli, dell’anello, della mitra e del pastorale al vescovo, come segno della sua missione apostolica di annunziare la Parola di Dio, della sua fedeltà alla Chiesa, sposa di Cristo, del suo compito di pastore del gregge del Signore; la consegna, al sacerdote, della patena e del calice, “l’offerta del popolo santo” che egli è chiamato a presentare a Dio; la consegna del libro dei Vangeli al diacono, che ha ricevuto la missione di annunziare il Vangelo di Cristo» ( Catechismo , 1574).

2.2. Natura ed effetti del sacramento

Mediante il sacramento dell’Ordine si conferisce la partecipazione al sacerdozio di Cristo secondo la modalità trasmessa dalla successione apostolica. Il sacerdozio ministeriale si distingue dal sacerdozio comune dei fedeli che deriva dal Battesimo e dalla Confermazione. Entrambi, «quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro» [4] . È proprio e specifico del sacerdozio ministeriale essere «una rappresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore» [5] , e questo permette di esercitare l’autorità di Cristo nella funzione pastorale di predicazione e di governo, oltre che operare in persona Christi nell’esercizio del ministero sacramentale.

La repraesentatio Christi Capitis sussiste sempre nel ministro, la cui anima è stata marcata dal carattere sacramentale impresso indelebilmente nel momento dell’ordinazione. Il carattere è, dunque, l’effetto principale del sacramento, ed essendo permanente fa sì che l’Ordine non possa essere né ripetuto, né revocato, né conferito per un tempo limitato. «Un soggetto validamente ordinato può, certo, per giusti motivi, essere dispensato dagli obblighi e dalle funzioni connessi all’ordinazione o gli può essere fatto divieto di esercitarli, ma non può più diventare laico in senso stretto» ( Catechismo , 1583).

In ognuno dei suoi gradi l’Ordine conferisce inoltre «la grazia dello Spirito Santo propria di questo sacramento» che «consiste in una configurazione a Cristo Sacerdote, Maestro e Pastore, del quale l’ordinato è costituito ministro» (Catechismo, 1585). Questa ministerialità è allo stesso tempo dono e compito, perché l’Ordine si riceve in vista del servizio a Cristo e ai fedeli, che nella Chiesa configurano il suo Corpo mistico. Più specificamente, per il vescovo il dono ricevuto è «lo Spirito di governo che hai dato al tuo amato Figlio Gesù Cristo e che Egli, a sua volta, ha comunicato ai santi apostoli» [6] . Per il presbitero si chiede a Dio il dono dello Spirito «affinché sia degno di presentarsi senza rimprovero davanti al tuo altare, di annunciare il Vangelo del tuo Regno, di adempiere il ministero della tua parola di verità, di offrirti doni e sacrifici spirituali, di rinnovare il tuo popolo mediante il bagno della rigenerazione; e così vada all’incontro del nostro gran Dio e Salvatore Gesù Cristo» [7] . Nel caso dei diaconi, «sostenuti dalla grazia sacramentale, nel servizio della liturgia, della parola e della carità, sono al servizio del Popolo di Dio, in comunione col vescovo e il suo presbiterio» [8] .

2.3. I gradi dell’ordine sacro

Il diaconato, il presbiterato e l’episcopato sono legati da una relazione intrinseca, in quanto gradi dell’unica realtà sacramentale dell’ordine sacro, ricevuti successivamente in modo inclusivo. A loro volta, essi si distinguono in base alla realtà sacramentale conferita e alle corrispondenti funzioni nella Chiesa.

L’episcopato è «la pienezza del sacramento dell’ordine, quella cioè che dalla consuetudine liturgica della Chiesa e dalla voce dei santi padri viene chiamata il “sommo sacerdozio”, il “vertice del sacro ministero”» [9] . Ai vescovi è affidato «il ministero della comunità […], presiedendo in luogo di Dio al gregge, di cui sono i pastori, quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo» [10] . Sono successori degli apostoli e membri del collegio episcopale, al quale si incorporano immediatamente in virtù dell’ordinazione, conservando la comunione gerarchica con il Papa, capo del collegio, e con gli altri membri. A loro competono soprattutto le funzioni di potestà, sia nella Chiesa universale che nel presiedere le Chiese locali, che reggono «come vicari e delegati di Cristo», e lo fanno «col consiglio, la persuasione, l’esempio, ma anche con l’autorità e la sacra potestà» [11] . Tra le funzioni dei vescovi «eccelle la predicazione del Vangelo. I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede, che portano a Cristo nuovi discepoli, sono i dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita», e «quando insegnano in comunione col Romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità» [12] . Infine, in quanto dispensatori della grazia del supremo sacerdozio, essi amministrano in maniera sana e fruttuosa i sacramenti: «Essi dirigono il conferimento del battesimo, col quale è concesso partecipare al regale sacerdozio di Cristo. Essi sono i ministri originari della confermazione, i dispensatori degli ordini sacri e quelli che regolano la disciplina penitenziale, e con sollecitudine esortano e istruiscono il loro popolo, affinché esso nella liturgia e specialmente nel santo sacrificio della Messa compia la sua parte con fede e devozione» [13] .

Il presbiterato è stato istituito da Dio affinché i suoi ministri «avessero il sacro potere dell’ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, e in nome di Cristo svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale» [14] . La funzione ministeriale è stata affidata «in grado subordinato ai presbiteri, affinché questi, costituiti nell’ordine del presbiterato, fossero cooperatori dell’ordine episcopale per il retto assolvimento della missione apostolica» [15] . Essi partecipano «dell’autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio Corpo» e, mediante l’ordine sacramentale ricevuto, «sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo Capo» [16] . Essi «costituiscono col loro vescovo un unico presbiterio, sebbene destinato a uffici diversi» [17] e compiono la loro missione in contatto diretto con gli uomini. Più esattamente, i presbiteri «hanno anzitutto il dovere di annunciare a tutti il Vangelo di Dio, affinché seguendo il mandato del Signore: “Andate nel mondo intero a predicare il Vangelo a ogni creatura”, possano costituire e incrementare il popolo di Dio» [18] . La loro funzione è incentrata «nel culto o assemblea eucaristica, dove agendo in persona di Cristo, e proclamando il suo Mistero, uniscono i voti dei fedeli al sacrificio del loro Capo e nel sacrificio della Messa rendono presente e applicano, fino alla venuta del Signore (cfr. 1 Cor 11, 26), l’unico Sacrificio del Nuovo Testamento, il sacrificio cioè di Cristo, che una volta per tutte si offre al Padre quale vittima immacolata (cfr. Eb 9, 14-28)» [19] . Questo va unito al «ministero della riconciliazione e del conforto per i fedeli penitenti o ammalati». Come veri pastori, «esercitando per la loro parte di autorità, l’ufficio di Cristo, Pastore e Capo, raccolgono la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito d’unità, e per mezzo di Cristo nello Spirito la portano a Dio Padre» [20] .

I diaconi costituiscono il grado inferiore della gerarchia. A essi le mani sono imposte «non per il sacerdozio, ma per il servizio», che esercitano come una rapraesentatio Christi Servi . Compete al diacono «amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, in nome della Chiesa assistere e benedire il matrimonio, portare il viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramenti, presiedere al rito del funerale e della sepoltura» [21] .

3. Ministro e soggetto

L’amministrazione dell’Ordine nei suoi tre gradi è riservata esclusivamente al vescovo: nel Nuovo Testamento lo conferiscono solo gli Apostoli e, «poiché il sacramento dell’Ordine è il sacramento del ministero apostolico, spetta ai vescovi in quanto successori degli Apostoli trasmettere “questo dono dello Spirito” (LG 21), “il seme apostolico (LG 20)» ( Catechismo , 1576), conservato nei secoli nel ministero ordinato.

Per la liceità dell’ordinazione episcopale è richiesto, nella Chiesa latina, un esplicito mandato pontificio (cfr. CIC, 1013); nelle Chiese orientali è riservata al Romano Pontefice, al Patriarca o al Metropolita, ed è sempre illecita se non consta un legittimo mandato (cfr. CCEO, 745). Nel caso di ordinazioni presbiterali e diaconali, occorre che l’ordinante sia il vescovo proprio del candidato, oppure aver ricevuto le lettere dimissorie dell’autorità competente (cfr. CIC, 1015-1016); se l’ordinazione ha luogo fuori della propria circoscrizione, è necessaria la venia del vescovo diocesano (cfr. CIC, 1017).

Per la validità dell’ordinazione nei suoi tre gradi, è necessario che il candidato sia uomo e sia battezzato. Gesù Cristo, infatti, scelse come apostoli solamente uomini, malgrado che fra quelli che lo seguivano c’erano anche donne, che in varie circostanze dimostrarono una maggior fedeltà. Questo comportamento del Signore è normativa per tutta la vita della Chiesa e non può essere considerata circostanziale, perché anche gli apostoli si sentirono vincolati a questa prassi e imposero le mani solo a uomini, anche quando la Chiesa era diffusa in regioni dove la presenza della donna nel ministero non avrebbe suscitato perplessità. I padri della Chiesa seguirono fedelmente questa norma, coscienti che si trattava di una tradizione vincolante, che fu adeguatamente raccolta in taluni decreti sinodali. La Chiesa, di conseguenza, «non si riconosce l’autorità di ammettere le donne all’ordinazione sacerdotale» [22] .

Una ordinazione legittima e pienamente fruttuosa richiede inoltre, da parte del candidato, la vocazione come realtà soprannaturale, allo stesso tempo confermata dall’invito dell’autorità competente (la «chiamata della gerarchia»). D’altra parte, nella Chiesa latina vige la legge del celibato ecclesiastico per i tre gradi; essa «non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio» [23] , però «ha molteplici rapporti di convenienza con il sacerdozio» perché con essa i chierici partecipano al celibato assunto da Cristo per compiere la sua missione, «aderiscono più facilmente a Lui con un cuore non diviso, si dedicano più liberamente in Lui e per Lui al servizio di Dio e degli uomini». Con la piena donazione delle loro vite alla missione affidata, gli ordinandi «evocano così quell’arcano sposalizio instituito da Dio […], per il quale la Chiesa ha come suo unico sposo Cristo. Essi inoltre diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniranno in matrimonio» [24] . Non sono obbligati al celibato i diaconi permanenti, né i diaconi e i presbiteri delle Chiese orientali. Infine, per essere ordinati si richiedono determinate disposizioni interne ed esterne, l’età e la scienza dovute, il compimento dei requisiti preliminari all’ordinazione e l’assenza di impedimenti e irregolarità (cfr. CIC, 1029-1042; CCEO, 758-762). Per i candidati all’ordinazione episcopale si richiedono condizioni particolari che assicurano la loro idoneità (cfr. CIC, 378).

Philip Goyret

Bibliografia di base Catechismo della Chiesa Cattolica , 1533-1600.

Letture raccomandate

Concilio Vaticano II, Cost. Lumen gentium , 18-29; Decr. Presbyterorum Ordinis , 2, 4-6, 15-17.

San Josemaría, Omelia Sacerdoti per l’eternità , in La Chiesa nostra Madre , Ares, Milano 1993, pp. 69-83.

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[1] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus , 6-VIII-2000, 14.

[2] Concilio Vaticano II, Cost. Lumen gentium , 19.

[3] Ibidem , 20.

[4] Ibidem , 10.

[5] Giovanni Paolo II, Es. Ap. Pastores dabo vobis , 25-III-1992, 15, 4.

[6] Pontificale Romano, Ordinazione episcopale, Preghiera consacratoria.

[7] Rito bizantino, Preghiera di ordinazione presbiterale.

[8] Concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium , 29.

[9] Ibidem , 21.

[10] Ibidem , 20.

[11] Ibidem , 27.

[12] Ibidem , 25.

[13] Ibidem , 26.

[14] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis , 2.

[15] Idem .

[16] Idem .

[17] Concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium , 28.

[18] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis , 4.

[19] Concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium , 28.

[20] Idem .

[21] Ibidem , 29.

[22] Giovanni Paolo II, Lettera Ap. Ordinatio Sacerdotalis , 22-V-1994, 2.

[23] Concilio Vaticano II, Decr. Presbyterorum Ordinis , 16.

[24] Ibidem .