Mons. Javier Echevarría e la Santa Messa

La messa è una questione d'amore. Pubblichiamo questa intervista a mons. Javier Echevarría sulla Santa Messa.

“La santa Messa è una questione di amore”, risponde monsignor Javier Echevarría, prelato dell’Opus Dei, quando gli si chiede un consiglio per tutti coloro che qualche volta si sono annoiati durante la celebrazione eucaristica.

A questo sacramento monsignor Echevarría, che insieme al beato Álvaro del Portillo è stato la persona più vicina a san Josemaría Escrivá, dedica il suo ultimo libro, intitolato Vivere la Santa Messa.

Monsignor Echevarría, membro della Congregazione per le Cause dei Santi e del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, consultore della Congregazione vaticana per il Clero e membro onorario dell’Accademia Pontificia di San Tommaso d’Aquino, cerca con questo libro di riscoprire l’amore per l’Eucaristia, “che deve essere il centro della nostra vita”, come spiega in questa intervista concessa a Zenit.

Che cosa raccomanderebbe ai cattolici che dicono che a Messa “si annoiano”?
Raccomanderei loro di partecipare alla Messa con sincerità, cercando e amando Gesù. San Josemaría ha scritto in Cammino: “La Messa è lunga, tu dici; e io aggiungo: perché il tuo amore è corto”.

Non bisogna dare troppa importanza al sentimento: entusiasmo o apatia, voglia o malavoglia. La Messa è sacrificio: Cristo si dona per amore. È un’azione di Dio, e, data la nostra limitata condizione di creature, non ne possiamo cogliere interamente la grandezza; però dobbiamo fare lo sforzo non soltanto di rimanere a Messa, ma di viverla in unione con Cristo e con la Chiesa.

Quando ha scoperto Lei il mistero che l’Eucaristia nasconde e rivela?
Grazie a Dio, cerco di scoprirlo tutti i giorni: nella liturgia della parola – che aiuta a tenere vivo il dialogo con Dio durante la giornata – e nella liturgia eucaristica. Dovremmo riuscire sempre a meravigliarci una volta ancora davanti a questa realtà che ci trascende, ma alla quale il Signore ci permette di partecipare, o meglio, ci invita a partecipare.

Nella Messa avviene una comunicazione discendente del dono redentore di Dio, ma anche una mediazione ascendente, offerta dell’uomo a Dio: il suo lavoro e le sue sofferenze, le sue pene e le sue gioie, tutto unito a Cristo: per Lui, con Lui e in Lui. Non posso tacere il profondo segno che ha lasciato in me il vedere come san Josemaría celebrava il Santo Sacrificio, e il contemplare la sua devozione eucaristica quotidiana.

Ci sentiamo profondamente scossi se riflettiamo che nella presentazione delle offerte il sacerdote chiede a Dio di accogliere il pane e il vino, che sono “frutto della terra (o della vite) e del lavoro dell’uomo”. L’uomo può offrire a Dio il proprio lavoro in qualunque circostanza, ma è nella Messa che questa offerta raggiunge il suo pieno significato e il suo pieno valore, perché Cristo lo unisce al suo sacrificio, che offre al Padre per la salvezza degli uomini.

Se la Messa è il centro e la radice della giornata di un cristiano, se ogni sua attività è orientata al sacrificio eucaristico, allora si può affermare che tutta la sua giornata è una Messa e che il suo posto di lavoro è un altare su cui egli si dona pienamente a Dio come figlio suo amato.

Benedetto XVI, nel suo pontificato, sta insistendo perché si riscopra l’immensità di questo Sacramento. Quale parola o quale gesto del Papa sull’Eucaristia l’ha maggiormente colpito?
Mi sembra particolarmente importante, in questo momento, la sua insistenza sul fatto che la liturgia è azione di Dio e, come tale, è ricevuta nella continuità della Chiesa.

Il Papa ha scritto che la migliore catechesi sull’Eucaristia è l’Eucaristia stessa ben celebrata. Pertanto il primo dovere di pietà del sacerdote che celebra o del fedele che partecipa alla Messa è l’osservanza attenta, devota, delle prescrizioni liturgiche: l’obbedienza della pietas.

D’altra parte, il Papa insiste anche sul fatto che l’Eucaristia è il cuore della Chiesa: Dio presente sull’altare, il Dio vicino, edifica la Chiesa, raduna i fedeli e li invia a tutti gli uomini.

Una cosa più personale. In base ai suoi ricordi, che cosa era per san Josemaría l’Eucaristia? Che ruolo aveva nella sua giornata?
Ho servito molte volte la Messa a san Josemaría. Era solito chiedermi di pregare perché non si abituasse a celebrare quell’azione tanto sublime, tanto sacra. Ho potuto verificare, infatti, quanto fosse vero quello che ogni tanto diceva: che per lui la Messa era un lavoro: uno sforzo alle volte estenuante, tanta era l’intensità con cui la viveva.

Durante la giornata era solito ricordare i testi che aveva letto, in particolare il Vangelo, e molte volte li commentava, con naturalezza, utilizzandoli come un alimento per la sua vita spirituale e umana.

Sapeva bene che nella Messa il protagonista è Cristo, non il ministro, e che il fedele adempimento delle prescrizioni permette al sacerdote di “scomparire”, affinché soltanto Gesù risplenda. Molte persone che avevano assistito alla sua Messa – anche nelle difficili circostanze della guerra civile spagnola – dicevano poi che nel suo modo di celebrarla c’era qualcosa che li aveva scossi profondamente e che si erano sentiti invitati a crescere nella personale devozione al Santo Sacrificio. Sono convinto che ciò che colpiva quanti partecipavano alla sua Messa – come capitava anche a me - fosse proprio questo: lasciava che apparisse Cristo e non la sua persona.

Jesús Colina

Zenit