Il Prelato: “Di san Josemaría desidero imitare il comportamento allegro e disponibile”

Intervista a mons. Javier Echevarría recentemente pubblicata sulla rivista della Diocesi di Siviglia. Il Prelato parla di san Giovanni Paolo II, di san Giovanni XXIII, di san Josemaría e del Venerabile Álvaro del Portillo.

Monsignor Javier Echevarría (Madrid, 1932) è succeduto nel 1994 ad Álvaro del Portillo, la cui beatificazione avrà luogo nella capitale spagnola il prossimo 27 settembre. Governa una istituzione presente nei cinque continenti che promuove tra i fedeli l’incontro con Cristo nel lavoro, nella vita di famiglia e nelle altre attività ordinarie.

Don Javier, che cosa chiede ai fedeli dell’Opera per ciò che riguarda le diocesi?
Di muoverci nella direzione indicata dal vescovo della diocesi e di saper imparare dagli altri. In realtà, l’appartenenza di un fedele della diocesi alla prelatura dell’Opus Dei lo deve spingere ad aumentare l’unione affettiva ed effettiva con il vescovo diocesano e con gli altri fedeli della Chiesa particolare.

l’appartenenza di un fedele della diocesi alla prelatura dell’Opus Dei lo deve spingere ad aumentare l’unione affettiva ed effettiva con il vescovo diocesano e con gli altri fedeli della Chiesa particolare.

Più in particolare, che cosa chiede ai fedeli dell’Opus Dei di Siviglia?

Ai sivigliani e alle sivigliane dell’Opus Dei chiederei di pregare per le vocazioni sacerdotali della diocesi, per i catechisti e gli educatori, per la santità delle famiglie di Siviglia e per le altre intenzioni del molto amato arcivescovo, mons. Juan José Asenjo. Li incoraggerei anche a rafforzare sempre più il loro zelo apostolico, affinché la chiesa di Siviglia raccolga frutti abbondanti dal lavoro di evangelizzazione della Prelatura in questa terra. È motivo di riconoscenza verso Dio osservare che nell’ambito degli apostolati dell’Opera – con la grazia di Dio – nascono numerosi matrimoni cristiani, oltre che vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e al celibato laicale.

Inoltre chiederei loro di aiutare a trasmettere a tutta la Chiesa, da sivigliani, la gioia e l’amore profondo per la Madonna, che è una caratteristica di questa terra.

Lei è stato testimone dell’amore di Giovanni Paolo II per Siviglia; ha qualche ricordo?

Il Papa è stato a Siviglia due volte. Ricordo, tra le altre cose, la sua gioia per aver potuto beatificare lì Suor Ángela de la Cruz, che in seguito avrebbe proclamata santa in una cerimonia che ebbe luogo anni dopo, nel 2003, a Madrid. San Giovanni Paolo amava molto Siviglia e l’amore dei sivigliani per il Papa è ora palpabile nella scultura del nuovo santo che si trova di fianco al palazzo arcivescovile.

È ancora recente la sua canonizzazione. Che cosa metterebbe in evidenza del nuovo santo?

San Giovanni Paolo II era un sacerdote, un vescovo, un Papa particolarmente unito alla Madre di Cristo, ai cui piedi mise il suo servizio pastorale, con il motto ‘Totus Tuus’. Ha indetto nella Chiesa la nuova evangelizzazione e tirava diritto: lo Spirito Santo si è servito delle sue parole, dei suoi gesti, dei suoi scritti, della sua disponibilità per avvicinare milioni di uomini e donne alla sorgente della grazia o alla donazione a Dio nel sacerdozio, nella vita religiosa, nel matrimonio e nel celibato apostolico laicale. Ci ha guidato dal secondo al terzo millennio, lasciando un’imponente eredità sul valore della vita e della famiglia, sull’assistenza ai poveri e ai più bisognosi, sui diritti dei lavoratori, sulla dignità della donna e su tanti altri aspetti che appaiono fondamentali per la promozione di un’esistenza decorosa.

SAN Giovanni Paolo II ha lasciato un'eredità straordinaria sui VALORi DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA

E di san Giovanni XXIII?

San Giovanni XXIII è il Papa che ha convocato il Concilio Vaticano II, una esperienza di fede e di rinnovamento con la quale si cercava di parlare al cuore dell’uomo dei nostri tempi. Papa Roncalli è stato un seminatore di pace: in un momento storico delicatissimo intervenne con i mezzi opportuni per evitare la guerra ed elaborò – seguendo l’esempio dei suoi predecessori – una stupenda dottrina sui presupposti della pace e sulla dignità dell’essere umano, È stato una persona, un “padre” di grande simpatia, profondamente devoto della Vergine Maria.

Che ricordo conserva del suo primo incontro con Papa Francesco?

Conservo il ricordo del Padre che ti accoglie con grande cordialità, con semplicità, e che ti incoraggia nella missione di evangelizzazione; in particolare, mi è rimasto impresso il suo interesse a diffondere il sacramento della Penitenza. Papa Francesco ci porta ancora un dono dello Spirito Santo alla sua Chiesa. Il suo entusiasmo e il suo zelo per avvicinarsi a ogni persona (sana o malata, ricca o povera) è uno stimolo perché tutti noi cristiani ci adoperiamo per portare l’amore e la misericordia di Cristo fino all’ultimo angolo della terra.

Quali sentimenti le vengono in mente se le ricordo san Josemaría Escrivá?

Una straordinaria gratitudine e un gran desiderio di imitare il suo comportamento allegro e disponibile, pieno di zelo per le anime. Di san Josemaría potrei parlarle per ore. Qui mi limito a sottolineare un atteggiamento molto suo, del quale ho avuto la fortuna di essere testimone diretto: la sua capacità di imitare Cristo sulla Croce, con le braccia aperte a tutti. Sacerdotalmente aperto a quelli di sinistra, del centro e della destra, ai poveri e ai ricchi, ai sani e ai malati, senza eccezione a tutti. È l’apertura di Cristo, l’andare incontro agli altri, di cui oggi ci parla tanto Papa Francesco.

E Álvaro del Portillo?

Se penso ad Álvaro del Portillo mi viene in mente il suo sorriso indelebile, la sua affabilità e la sua fedeltà costante, il suo saper servire. Molte delle persone che lo hanno frequentato (dagli ecclesiastici della Santa Sede fino ai contadini con i quali ha parlato in un paesino vicino a Roma) mi dicono: “Don Álvaro trasmetteva pace”. Nel prepararci ora alla sua beatificazione, ricorro alla sua intercessione e gli chiedo di ‘contagiare’ anche a noi questa sua profonda pace cristiana dell’anima; la sua lealtà a Dio, alla Chiesa e al Papa; e la sua preoccupazione sociale, che ha manifestato nell’impulso dato a numerose iniziative in tutto il mondo a favore dei più bisognosi.

Un santo e un beato, le hanno lasciata l’asticella posta molto in alto?

Li guardo e penso: grazie, Dio mio, per questi due giganti della santità. Più che come modelli irraggiungibili – un’asticella altissima, come lei dice –, mi piace considerarli come due grandi alleati, due intercessori che ci aiutano dal cielo. E da lì ci spronano e ci sostengono con lo stesso cuore di padre e di madre col quale ci hanno amato sulla terra.

Tutti noi siamo di “legno di santi”?

San Josemaría si poneva la stessa domanda in un punto di Cammino e si rispondeva: “essere di quel legno non basta”. Tutti noi abbiamo la possibilità di praticare la sequela e l’imitazione di Cristo, spargendo carità. Ma per raggiungere questa meta – e arrivare alla felicità con la F maiuscola –, è necessario lasciare che la grazia di Dio faccia il suo lavoro, di solito anche con l’aiuto di altri, con docilità e obbedienza alle diverse chiamate che ci fa il Signore.