Donare serenità oltre le sbarre

Un gruppo di volontari cerca di donare qualche minuto di serenità ai bambini e alle bambine in visita dei papà all’interno di un carcere.

Ester, soprannumeraria dell’Opus Dei, è impegnata come volontaria in un progetto che ha come obiettivo quello di dare un minimo di serenità ai bambini che si recano in carcere per trovare i genitori detenuti. Per questo motivo i volontari si impegnano nell’aiutare i bambini a ristabilire i legami affettivi incrinati a causa del distacco. “Dopo tanti anni di buona formazione cristiana - racconta Ester - mi sono chiesta quale fosse il modo per mettere al servizio degli altri quello che avevo nel cuore”.

i volontari si impegnano nell’aiutare i bambini a ristabilire i legami affettivi incrinati a causa del distacco
Questo tipo di volontariato richiede una buona preparazione, ma il requisito fondamentale è la predisposizione a donarsi oltre i pregiudizi, guardando alla persona che si ha davanti e non al suo reato. I volontari cercano di ravvivare il legame tra padri e figli tentando di ricucire quella comunicazione affettiva interrotta, attraverso semplici espedienti come un disegno o un cuoricino fatto col didò. Il desiderio di questa attività è quello di aiutare i papà a ritrovare la bellezza della paternità e i figli la gioia della filiazione, nonostante la gelida e anonima sala in cui avvengono i colloqui.
il requisito fondamentale è la predisposizione a donarsi oltre i pregiudizi

Il servizio di assistenza dura più o meno un’ora, l’età dei bambini che si presentano ai colloqui va da pochi mesi agli undici o dodici anni. “I piccoli fino a circa un anno restano con le mamme, - spiega Ester - mentre i ragazzi dai dodici anni in su preferiscono restare al tavolo con gli adulti. Tutti gli altri vengono attratti dai giochi che proponiamo noi volontarie”.

Uno dei disegni fatti dai bambini in visita ai papà detenuti.

Per accedere alle sale dei colloqui i familiari, inclusi i bambini, passano per diversi controlli della polizia penitenziaria: “Nonostante gli agenti siano molto delicati e attenti a non ferire la sensibilità dei bambini, - racconta Ester - si tratta sempre di una perquisizione, e questo turba i piccoli”.

Storie di padri e di figli

“Attraverso il gioco cerchiamo di trasmettere ai bambini il rispetto dell’altro, la sincerità e l’ordine, anche se in verità per la maggior parte di loro quasi non ce ne sarebbe bisogno, perché dimostrano qualità umane molto belle. Ci inventiamo dei modi per farli comunicare con il papà attraverso il disegno (per il quale trovano non poche difficoltà), anche se spesso preferiscono colorare figure di personaggi dei cartoni animati. Cerchiamo di fare in modo che il padre si accorga del figlio”.

Cerchiamo di fare in modo che il padre si accorga del figlio
Chiaramente le reazioni all’esperienza del padre detenuto sono diverse tra di loro, e molto dipende da come l’evento viene preparato dalla famiglia, in particolare dalla madre. Ester spiega che “alcune madri raccontano ai figli che il papà sta facendo un lavoro particolare, per proteggere il bambino da paure, sconforto e senso di abbandono”. Ma spesso la storia del lavoro di papà viene facilmente smascherata, causando molta tristezza per il bambino.

“Una volta una bambina mi ha chiesto che cosa ci facesse lì suo padre. Evidentemente la madre non aveva trovato le parole per spiegarglielo. Allora - continua Ester - mi sono inventata una storia, nella quale il papà era un re e la bambina una principessa, e per un motivo magico per un certo periodo il re non poteva abbandonare il castello, ma poteva soltanto essere visitato dalla regina e dalla principessa.

Alla fine del colloquio la mamma della bambina mi ha detto che avrebbe continuato lei la storia, mentre la figlia correva felice a salutare il padre”. Il servizio di volontariato viene svolto a pochi metri dai tavoli dei colloqui famigliari con i detenuti. Anche se i volontari e i detenuti non sono tenuti a comunicare, può capitare che i detenuti rivolgano qualche parola di ringraziamento ai volontari.

“Qualche tempo fa ho avuto l’occasione di fare i complimenti a un papà detenuto perché sua figlia era una bambina davvero brava. Mentre usciva dalla sala colloqui, il papà con un sorriso straordinario mi ha detto che era proprio per questo che voleva finire di scontare la pena, per stare più tempo con sua figlia.

era proprio per questo che questo papà voleva finire di scontare la pena, per stare più tempo con sua figlia
Quello che io sto ricevendo e imparando da questi bambini e dalla tristissima condizione in cui un uomo deve vivere per scontare la pena del reato commesso - conclude Ester - è che la via del perdono passa dalla donazione di sé”.