24. I Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli Slavi

Papa Francesco continua il ciclo di catechesi sulla passione per l'evangelizzazione approfondendo i santi Cirillo e Metodio, due fratelli così famosi in Oriente da essere chiamati “gli apostoli degli Slavi”.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vi parlerò di due fratelli molto famosi in Oriente, al punto da essere chiamati “gli apostoli degli Slavi”: i santi Cirillo e Metodio. Nati in Grecia nel IX secolo da famiglia aristocratica, rinunciano alla carriera politica per dedicarsi alla vita monastica. Ma il loro sogno di un’esistenza ritirata dura poco. Vengono inviati come missionari nella Grande Moravia, che all’epoca comprendeva vari popoli, già in parte evangelizzati, ma presso i quali sopravvivevano molti costumi e tradizioni pagani. Il loro principe chiedeva un maestro che spiegasse la fede cristiana nella loro lingua.

Il primo impegno di Cirillo e Metodio è dunque studiare a fondo la cultura di quei popoli. Sempre quel ritornello: la fede va inculturata e la cultura va evangelizzata. Inculturazione della fede, evangelizzazione della cultura, sempre. Cirillo chiede se abbiano un alfabeto; gli rispondono di no. Ed egli replica: “Chi può scrivere un discorso sull’acqua?”. In effetti, per annunciare il Vangelo e per pregare ci voleva uno strumento proprio, adatto, specifico. Inventa così l’alfabeto glagolitico. Traduce la Bibbia e i testi liturgici. La gente sente che quella fede cristiana non è più “straniera”, ma diventa la loro fede, parlata nella lingua materna. Pensate: due monaci greci che danno un alfabeto agli Slavi. È questa apertura di cuore che ha radicato il Vangelo tra di loro. Non avevano paura questi due, erano coraggiosi.

Ben presto, però, iniziano i contrasti da parte di alcuni Latini, che si vedono sottrarre il monopolio della predicazione tra gli Slavi, quella lotta dentro la Chiesa, sempre così. La loro obiezione è religiosa, ma solo in apparenza: Dio può essere lodato – dicono – solo nelle tre lingue scritte sulla croce, l’ebraico, il greco e il latino. Questi avevano la mentalità chiusa per difendere la propria autonomia. Ma Cirillo risponde con forza: Dio vuole che ogni popolo lo lodi nella propria lingua. Insieme al fratello Metodio si appella al Papa e questi approva i loro testi liturgici in lingua slava, li fa collocare sull’altare della chiesa di Santa Maria Maggiore e canta con loro le lodi del Signore secondo quei libri. Cirillo muore dopo pochi giorni, le sue reliquie sono ancora venerate qui a Roma, nella Basilica di San Clemente. Metodio, invece, viene ordinato vescovo e rimandato nei territori degli Slavi. Qui dovrà soffrire molto, sarà anche imprigionato, ma, fratelli e sorelle, noi sappiamo che la Parola di Dio non è incatenata e si diffonde tra quei popoli.

Guardando la testimonianza di questi due evangelizzatori, che san Giovanni Paolo II ha voluto compatroni d’Europa e sui quali ha scritto l’Enciclica Slavorum Apostoli, vediamo tre aspetti importanti.

Anzitutto, l’unità: i Greci, il Papa, gli Slavi: a quel tempo c’era in Europa una cristianità non divisa, che collaborava per evangelizzare.

Un secondo aspetto importante è l’inculturazione, del quale ho detto qualcosa prima: evangelizzare la cultura e l’inculturazione fa vedere che l’evangelizzazione e cultura sono strettamente connesse. Non si può predicare un Vangelo in astratto, distillato, no: il Vangelo va inculturato ed è anche espressione della cultura.

Un ultimo aspetto, la libertà. Nella predicazione ci vuole libertà ma la libertà ha sempre bisogno del coraggio, una persona è libera quanto è più coraggiosa e non si lascia incatenare da tante cose che le tolgono la libertà.

Fratelli e sorelle, chiediamo ai Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli Slavi, di essere strumenti di “libertà nella carità” per gli altri. Essere creativi, essere costanti ed essere umili, con la preghiera e con il servizio.


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Papa Francesco

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