Meditazioni: venerdì della 3ª settimana di Pasqua

Riflessione per meditare il venerdì della terza settimana di Pasqua. I temi proposti sono: L’Eucaristia ci divinizza; Segno di unità e vincolo di carità; Unire la nostra giornata alla Messa.

L’Eucaristia ci divinizza Segno di unità e vincolo di carità Unire la nostra giornata alla Messa


L’Eucaristia ci divinizza

Quando nella sinagoga Gesù termina il suo discorso sull’Eucaristia, ha inizio una discussione imprevista. «Allora i giudei si misero a discutere aspramente fra loro: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?» (Gv 6, 52). Se una cosa ci è chiara è che si sono resi conto del realismo delle parole del Maestro. Sanno che non si sta parlando di un semplice simbolo. E la forza di quelle parole genera in loro una certa inquietudine. Vista la reazione di scetticismo, il Signore non attenua la sua espressione; al contrario, ribadisce la necessità dell’Eucaristia per avere una vita divina. «Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”» (Gv 6, 53).

«Nell’ascoltare questo discorso la gente capì che Gesù non era il Messia che aspettavano, che aspirava a un trono terreno. Egli non cercava consensi per conquistare Gerusalemme; piuttosto voleva andare nella città santa per condividere il destino dei profeti: dare la vita per Dio e per il popolo. Quei pani, suddivisi a migliaia di persone, non volevano dare il via a una marcia trionfale, ma annunciare il sacrificio della croce, nel quale Gesù si trasforma in Pane, in corpo e sangue offerti in espiazione»[1].

Però, sempre nello stesso brano, troviamo una promessa meravigliosa: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6, 56). Gesù ci promette la possibilità di vivere in Dio e che, nello stesso tempo, egli possa rimanere in noi. «Noi non umanizziamo Dio Nostro Signore quando lo riceviamo: è lui che ci divinizza, ci innalza, ci nobilita. Gesù Cristo fa ciò che a noi è impossibile fare: soprannaturalizza la nostra vita, le nostre azioni, i nostri sacrifici. Rimaniamo divinizzati»[2]. Ecco perché «ogni volta che noi facciamo la comunione, assomigliamo di più a Gesù, ci trasformiamo di più in Gesù. Come il pane e il vino sono convertiti nel Corpo e Sangue del Signore, così quanti li ricevono con fede sono trasformati in Eucaristia vivente [...]. La comunione ci apre e unisce a tutti coloro che sono una sola cosa in Lui. Ecco il prodigio della comunione: diventiamo ciò che riceviamo!»[3].

Segno di unità e vincolo di carità

L’Eucaristia è chiamata segno di unità e vincolo di carità. Questo è dovuto al fatto che «la comunione accresce la nostra unione a Cristo. Ricevere l’Eucaristia nella comunione reca come frutto principale l’unione intima con Cristo Gesù»[4]. San Paolo, nei primi tempi del cristianesimo, spiegò questa unità che si genera quando condividiamo la mensa eucaristica: «Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane» (1 Cor 10, 16-17). Possiamo dire, dunque, che la Chiesa forma un Corpo; e, anche per questi motivi, uno dei nomi con i quali si conosce questo sacramento è proprio quello di «comunione».

San Josemaría era ben consapevole di questa salda unità che ha fondamento sulla Eucaristia. Per questo motivo pose sul tabernacolo del Consiglio generale dell’Opus Dei le parole di Gesù nell’ultima cena: «Consummati in unum! (Gv 17, 23), siano perfetti nell’unità. Perché – diceva il fondatore dell’Opus Dei –, è come se fossimo tutti qui, stretti a Te, senza abbandonarti né di giorno né di notte, in un cantico di ringraziamento e – perché no? – di richiesta di perdono [...]. Per riparare..., per rallegrarsi..., per ringraziare»[5].

«L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Chi la accoglie non può che essere artefice di unità [...]. Chiediamo a Dio che questo pane di unità ci guarisca dall’ambizione di prevalere sugli altri, dall’ingordigia di accaparrare per sé, dal fomentare dissensi e spargere critiche; susciti la gioia di amarci senza rivalità, invidie e chiacchiere maldicenti. E ora, vivendo l’Eucaristia, adoriamo e ringraziamo il Signore per questo sommo dono: memoria viva del suo amore, che forma di noi un solo corpo e ci conduce all’unità»[6].

Unire la nostra giornata alla Messa

«Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me» (Gv 6, 57). La comunione di Gesù con il Padre è il modello perché noi viviamo in Dio. Questa unione si manifesta nel desiderio di unirci sempre alla sua volontà. E in ogni Eucaristia ci dà la forza per ottenerlo: «Se si vive bene la Messa, come è possibile poi, per tutto il resto del giorno, non avere il pensiero in Dio, non avere la voglia di restare alla sua presenza per lavorare come Egli lavorava e amare come Egli amava?»[7].

Grazie alla nostra anima sacerdotale possiamo convertire ogni giornata in una Messa; possiamo unire il nostro lavoro quotidiano al sacrificio di Cristo sul Calvario, che si rinnova sull’altare. Questa unione possiamo vederla simbolizzata nella goccia d’acqua che il sacerdote aggiunge al vino quando prepara le offerte e dice: «L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana»[8]. Ben a ragione il Catechismo insegna che «nell'Eucaristia, il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo Corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro sono uniti a quelli di Cristo»[9].

Cristo conclude il suo discorso nella sinagoga dicendo: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6, 58). Gesù, che è sceso dal cielo grazie alla risposta affermativa di sua madre, è il pane vivo che dà la vita. «Maria di Nazaret, icona della Chiesa nascente, è il modello di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il dono che Gesù fa di se stesso nell'Eucaristia»[10].


[1] Benedetto XVI, Angelus, 19-VIII-2012.

[2] San Josemaría, Appunti di una meditazione, 14-IV-1960.

[3] Papa Francesco, Udienza, 21-III-2018.

[4]Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1391.

[5] San Josemaría, In dialogo con il Signore, “25. Perfetti nell’unità”, 3a, p. 447.

[6] Papa Francesco, Omelia, 18-VI-2017.

[7] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 154.

[8]Messale romano.

[9]Compendio del Catechismo della Chiesa, n. 281.

[10] Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, n. 33.