​Meditazioni: Martedì della 5ª settimana di Pasqua

Riflessione per meditare il martedì della quinta settimana di Pasqua. I temi proposti sono: La pace che viene da Dio; Un frutto della Santa Messa; La pace, conseguenza della lotta.

La pace che viene da Dio Un frutto della Santa Messa La pace, conseguenza della lotta


La pace che viene da Dio

Quelli che hanno conosciuto da vicino il beato Álvaro del Portillo raccontano che incarnava quelle parole di san Josemaría che troviamo in Forgia: «Caratteristica evidente di un uomo di Dio, di una donna di Dio, è la pace della sua anima: ha “la pace” e dà la pace alle persone che frequenta»[1]. Si tratta di un desiderio di tutti i cuori: ottenere la pace, non vivere nell’incertezza, essere convinto che non esistono tristezze che non sia possibile consolare. Comunque, non è facile riuscirci: ci sono sempre cose che non vanno bene, limitazioni con le quali siamo costretti a convivere, vicende che sembrano irrimediabili... Per avere una pace stabile e darla agli altri, sono indispensabili i nostri sforzi, ma la cosa più importante è trovare in Dio una sorgente inesauribile.

«La pace che ci offre il mondo è una pace senza tribolazioni; ci offre una pace artificiale, una pace che si riduce a tranquillità. È una pace che guarda solo alle proprie cose, alle proprie sicurezze, a che nulla manchi [...]. Una tranquillità che ci fa chiudere in noi stessi, che non va oltre. Il mondo ci mostra una via della pace anestetizzata; ci anestetizza per non farci vedere l’altra realtà della vita: la croce. Perciò san Paolo dice che si deve entrare nel Regno del cielo passando per molte tribolazioni. Ma, si può avere pace nella tribolazione? Da parte nostra, no [...]. Le tribolazioni esistono: un dolore, una malattia, una morte... La pace che dà Gesù è un regalo: è un dono dello Spirito Santo»[2].

È nel frequentare il Signore che troviamo la sicurezza dell’anima di cui abbiamo bisogno per noi e per gli altri. Solo lui ha la chiave. Tutti i sogni di felicità si soddisfano in Cristo. Anche noi aneliamo a questa pace che si diffonde naturalmente perché trasmette il modo più reale di vedere le cose: con lo sguardo di Dio.


Un frutto della Santa Messa

Ci commuovono le parole che il Signore rivolge agli apostoli durante l’Ultima Cena e che riporta il vangelo di oggi: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore» (Gv 14, 27). Quali preoccupazioni ci fanno perdere la calma? A che cosa è dovuto che il nostro cuore tremi o ceda? Solo nel Signore troveremo riposo, la pace reale di sapere che l’unico riposo consiste nel mettersi nelle mani di Dio. «Coltiva, nella tua anima e nel tuo cuore – nella tua intelligenza e nel tuo volere –, lo spirito di fiducia e di abbandono nell’amorosa Volontà del Padre celeste... – Da qui nasce la pace interiore a cui aneli»[3].

In ogni Santa Messa viviamo questa comunicazione della pace che solo Dio concede. Poco prima di ricevere la comunione, dopo il Padre Nostro, il sacerdote apre le braccia a tutta l’umanità e dice: «La pace del Signore sia con voi». La più profonda serenità di spirito proviene dall’altare. Tutto il bene della Chiesa, di ogni cristiano, di ogni uomo, nasce da Gesù Cristo, dal Santo Sacrificio del Calvario. Un cristiano che vive unito alla Messa, «che vive unito al Cuore di Gesù, non può avere che questa meta: la pace nella società, la pace nella Chiesa, la pace nella propria anima, la pace di Dio che sarà perfetta quando verrà a noi il suo Regno»[4].

Scriveva san Josemaría: «“Io ho progetti di pace e non di sventura”, dice il Signore per bocca del profeta Geremia. La liturgia applica queste parole di Gesù, perché in Lui si manifesta pienamente in che modo Dio ci ama. Non viene a condannarci, a rinfacciarci la nostra indigenza, la nostra meschinità: viene a salvarci, a perdonarci, a scusare le nostre colpe, a portarci la pace e la gioia»[5].


La pace, conseguenza della lotta

San Tommaso d’Aquino, seguendo l’elenco che dà san Paolo dei doni e dei frutti dello Spirito Santo, spiega che chi «vive nella carità rimane in Dio e Dio in lui. Ecco perché la conseguenza della carità è la felicità. Ma la perfezione della felicità è la pace»[6]. E, allo stesso tempo, questa fa sì che «non siamo turbati dalle cose esterne e che i nostri desideri riposino in una sola cosa. Perciò, dopo la carità e la felicità si pone, in terzo luogo, la pace»[7] che ci aiuta a mettere al primo posto il Signore e ad allontanarci da ciò che ci allontana da lui. Nella vita interiore l’iniziativa dipende da lui e dalla sua grazia. Allo stesso tempo, con il suo aiuto, possiamo fortificare la nostra corrispondenza, la nostra lotta personale: «Mi scrivi e trascrivo: “La mia gioia e la mia pace. Mai potrò avere vera allegria senza la pace. E che cosa è la pace? È qualcosa in stretta relazione con la guerra. La pace è conseguenza della vittoria. La pace esige da me una continua lotta. Senza lotta non potrò avere pace”»[8].

San Josemaría insegnava che la pace è conseguenza della guerra, ma non di una guerra qualsiasi, ma soprattutto di quella che si combatte con se stesso: eliminando l’egoismo, lavorando sui propri desideri perché siano più simili a quelli di Gesù, concentrando le nostre forze nel diffondere il bene, ecc. In definitiva, lottare per fare quello che fa piacere a Dio, allontanandoci da quello che ci allontana da lui. Per avere pace e per darla, in un certo senso, occorre conquistarla un po’ alla volta. Si potrebbe dire che quando uno è in guerra con il mondo, non è in pace con se stesso. «Gli uomini stanno sempre facendo la pace, e sempre si trovano invischiati in guerre, perché hanno dimenticato il consiglio di lottare al di dentro, di ricorrere all’aiuto di Dio, perché sia Lui a vincere, e così ottenere la pace nel proprio io, nella propria famiglia, nella società e nel mondo»[9].

La Vergine Santissima è Regina della Pace perché è vissuta seguendo il Signore, malgrado le sofferenze e le sconcertanti vicissitudini della sua vita. Chiediamo a lei di darci tranquillità e serenità quando nella nostra vita dovessero presentarsi le difficoltà personali, familiari e sociali.


[1] San Josemaría, Forgia, n. 649.

[2] Papa Francesco, Omelia, 16-V-2017.

[3] San Josemaría, Solco, n. 850.

[4] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 170.

[5] Ibid., n. 165.

[6] San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae I-II, q. 70, a 3.

[7] Ibid.

[8] San Josemaría, Cammino, n. 308.

[9] San Josemaría, Forgia, n. 102.