Meditazioni: Venerdì della terza settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel venerdì della terza settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: È Dio che fa crescere il suo Regno; Aggiungere la nostra forza a quella del Signore; Cerchiamo Gesù come quei discepoli.

- È Dio che fa crescere il suo Regno

- Aggiungere la nostra forza a quella del Signore

- Cerchiamo Gesù come quei discepoli


Per far capire come è e come si sviluppa il Regno di Dio, Gesù ricorre ancora una volta a paragoni su alcuni aspetti della vita agricola, molto familiari ai suoi ascoltatori: «Così è il Regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga» (Mc 4, 26-28). Il Vangelo della Messa di oggi riporta due parabole: quella che abbiamo appena letto, sulla crescita del seme di frumento e la successiva sul granello di senape che diventa un arbusto frondoso, nel quale gli uccelli del cielo possono nidificare.

«Nella prima parabola l’attenzione è posta sul fatto che il seme, gettato nella terra, attecchisce e si sviluppa da solo, sia che il contadino dorma sia che vegli. Egli è fiducioso nella potenza interna al seme stesso e nella fertilità del terreno. Nel linguaggio evangelico, il seme è simbolo della Parola di Dio [...].Questa Parola, se viene accolta, porta certamente i suoi frutti, perché Dio stesso la fa germogliare e maturare attraverso vie che non sempre possiamo verificare e in un modo che noi non sappiamo. Tutto ciò ci fa capire che è sempre Dio a far crescere il suo Regno. Per questo preghiamo tanto che “venga il tuo Regno”. È Lui che lo fa crescere, l’uomo è un suo umile collaboratore, che contempla e gioisce dell’azione creatrice divina e ne attende con pazienza i frutti»[1].

«Quando ti abbandoni sul serio nel Signore – diceva san Josemaría –, imparerai a contentarti di ciò che avviene, e a non perdere la serenità se le faccende – malgrado tu abbia messo tutto l’impegno e i mezzi opportuni – non riescono secondo i tuoi gusti... Perché saranno “riuscite” come sarà parso conveniente al Signore»[2].


Nella seconda parabola Gesù si serve dell’immagine del granello di senape per descrivere il Regno di Dio: «Quando viene seminato nel terreno è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, una volta seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra» (Mc 4, 31-32). Nella lettura che san Giovanni Crisostomo fa di questo passo, il granello di senape è Cristo che, con la sua incarnazione, si è fatto piccolo e umile per essere servitore di tutti; soffrì inchiodato sulla croce, morì per noi, e con la sua risurrezione crebbe fino al cielo, come un albero che offre riparo e ci dona l’immortalità.[3]

Pur essendo infinitamente grande, Cristo si fece piccolo, apparentemente insignificante. Per questo, per entrare nella dinamica del Regno di Dio, è necessario essere poveri di spirito, in modo tale che Cristo possa vivere in noi; una povertà di spirito che ci porta a «non agire per essere importanti agli occhi del mondo, ma preziosi agli occhi di Dio, che predilige i semplici e gli umili. Quando viviamo così, attraverso di noi irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è piccolo e modesto in una realtà che fa fermentare l’intera massa del mondo e della storia»[4].

Il messaggio di questa seconda parabola rafforza quello della precedente: «Il Regno di Dio, anche se esige la nostra collaborazione, è innanzitutto dono del Signore, grazia che precede l’uomo e le sue opere. La nostra piccola forza, apparentemente impotente dinanzi ai problemi del mondo, se immessa in quella di Dio non teme ostacoli, perché certa è la vittoria del Signore [...]. Il seme germoglia e cresce, perché lo fa crescere l’amore di Dio»[5].


«Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa» (Mc 4, 33-34). Così san Marco conclude il suo racconto. L’evangelista fa differenza tra il popolo che ascoltava gli insegnamenti di Gesù per la prima volta o magari per caso, e i discepoli che seguivano abitualmente il Signore. Con questi Gesù passa lungo tempo da soli spiegando loro i suoi insegnamenti con maggiore profondità. Quei discepoli avranno cominciato come uno fra i tanti del popolo: un giorno, qualcuno avrà parlato loro di Gesù e si sono avvicinati ad ascoltarlo mossi, forse, dalla curiosità; ma poi, dopo uno o più incontri con lui, hanno cominciato a essere discepoli.

Qualcosa di simile succede con ognuno di noi. Quando incontriamo Gesù nelle pagine del Vangelo, subito vogliamo saperne di più, ci interessa andare a fondo nel significato della sua vita e delle sue parole. Intuiamo che in Cristo «si celano tutti i tesori e tutta la sapienza»[6], e vogliamo arricchirci con essi. «Anche ora è possibile avvicinare intimamente Gesù, corpo e anima. Cristo ci ha indicato chiaramente il cammino che passa attraverso il Pane e la Parola: alimentiamoci quindi con l’Eucaristia, e conosciamo e pratichiamo ciò che Gesù venne a insegnarci, conversando con Lui nell’orazione»[7]. E con tutta naturalezza, benché a volte questo richieda anche un certo impegno, cerchiamo la compagnia assidua di nostro Signore. Allora comprendiamo meglio Maria, che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2, 19). Possiamo chiedere a nostra Madre di imparare anche ad accogliere la Parola di Dio e ad approfondirne il significato, perché dia un frutto abbondante.


[1] Papa Francesco, Angelus, 14-VI-2015.

[2] San Josemaría, Solco, n. 860.

[3] San Giovanni Crisostomo, Omelia 7 [attribuita], PG 64, 21-26.

[4] Papa Francesco, Angelus, 14-VI-2015.

[5] Benedetto XVI, Angelus, 17-VI-2012.

[6] San Giovanni della Croce, Cantico spirituale, canto 36, 3.

[7] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 118.