Meditazioni: Venerdì della 5ª settimana di Pasqua

Riflessione per meditare il venerdì della quinta settimana di Pasqua. I temi proposti sono: Il dono di essere amati da Dio; Gesù rimane vicino a noi; Ogni missione è una missione di servizio.

Il dono di essere amati da Dio Gesù rimane vicino a noi Ogni missione è una missione di servizio


Il dono di essere amati da Dio

Nel corso degli anni, gettando uno sguardo indietro, gli apostoli ricorderanno le parole di Gesù durante l’Ultima Cena. Nel Cenacolo tante vicende degli ultimi tre anni sembreranno lontane, e anche di poca importanza, perché ora intuiscono che il Signore stava per chiamarli a qualcosa di più grande. La loro vita avrà un senso più profondo, una portata assai più rilevante: il mondo intero. Le parole del Signore rimarranno per sempre nella loro anima: «Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (Gv 15, 14). Amici dello stesso Figlio di Dio. Magari facevano fatica a crederlo, ma era vero. Il Signore affermerà subito che nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici. Ed è proprio quello che Gesù ha fatto per noi: ci riconosce amici e ci dà la propria vita, specialmente nel tesoro dei sacramenti. Parliamo di “grazia” proprio perché si tratta di un dono immeritato. Nasce in noi una risposta di fiducia totale quando scorgiamo «l’amore gratuito e “appassionato” che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo»[1].

Abbiamo fede nell’amore del Signore per ciascuna e per ciascuno di noi. Questo fatto rende la vita più bella, le dà un senso, un indirizzo e un fondamento. Ci permette di impregnare la nostra esistenza di felicità e di santità. Si va espandendo nel corso degli anni. L’eco della voce di Cristo nel Cenacolo ci conferma continuamente, anche oggi, la certezza di questo amore. «Non è difficile immaginare almeno in parte i sentimenti del cuore di Gesù Cristo quella sera, l’ultima che trascorreva con i suoi, prima del sacrificio del Calvario. Pensate all’esperienza così umana del commiato di due persone che si vogliono bene. Vorrebbero stare sempre insieme, però il dovere – un qualunque dovere – li costringe a dividersi. Sognerebbero di restare uniti, ma non possono. E così l’amore umano, che per quanto grande è sempre limitato, ricorre a un simbolo: le due persone, prima di lasciarsi, si scambiano un ricordo, forse una fotografia, con una dedica così accesa, che quasi potrebbe bruciare la carta. Non possono fare di più, perché il potere delle creature non è all’altezza del loro volere. Ma ciò che noi non possiamo fare, lo può fare il Signore. Gesù Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo, non ci lascia un simbolo, ma la realtà: ci lascia se stesso»[2].

Gesù rimane vicino a noi

Ognuno è in grado di ricordare il momento in cui Cristo si è messo più profondamente nella sua vita, quando ormai non poteva stare senza di lui. Per ogni cristiano questa compagnia del Signore che non ci mancherà costituisce il punto di partenza della missione apostolica. Pietro, Giovanni, Giuda Taddeo, Giacomo, Filippo... Tutti gli apostoli si rendono conto che questa missione di vasta prospettiva costituisce la ragione della loro vita. Non possono nascondere la gioia dell’amicizia e della scelta di Cristo. Si addentreranno per strade polverose e solcheranno mari in tempesta e in bonaccia, saranno perseguitati e saranno testimoni di conversioni... Tutto varrà la pena, perché nulla di tutto questo li allontana dall’amore di Dio.

«Quando, nel Vangelo, Gesù invia i discepoli in missione, non li illude con miraggi di facile successo; al contrario, li avverte chiaramente che l’annuncio del Regno di Dio comporta sempre una opposizione [...]. L’unica forza del cristiano è il Vangelo. Nei tempi di difficoltà, si deve credere che Gesù sta davanti a noi, e non cessa di accompagnare i suoi discepoli [...]. Nel bel mezzo del turbine, il cristiano non deve perdere la speranza, pensando di essere stato abbandonato. Gesù rassicura i suoi dicendo: “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati” (Mt 10,30). Come dire che nessuna delle sofferenze dell’uomo, nemmeno le più minute e nascoste, sono invisibili agli occhi di Dio. Dio vede, e sicuramente protegge; e donerà il suo riscatto. C’è infatti in mezzo a noi Qualcuno che è più forte del male»[3].

Darete frutti che durano, ci vuole dire il Signore; infatti vi ho destinati a qualcosa di grande, di bello, a condividere quello che avete visto e udito, e a portarlo fino al più lontano angolo della terra. E siccome si tratta di una missione che ci raccomanda Dio stesso, la sua efficacia è certa, anche se i risultati non sempre possiamo misurarli con i nostri parametri. Diceva san Josemaría che «Gesù è allo stesso tempo seminatore, seme e frutto della semina»[4]. Così affronteremo le vicende della storia con una speranza salda e rinnovata.

Ogni missione è una missione di servizio

Ogni missione che Cristo ci affida è una missione di amore e di servizio. Ogni cristiano, dall’ultimo battezzato fino ai successori degli apostoli, vive la sua chiamata come una vera donazione agli altri. «Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce»[5]. Servire è una parola bella: Cristo è il servo dolente, Maria è la serva del Signore. Serve soltanto chi sa amare e, allo stesso tempo, ama soltanto chi ha imparato a servire. Mettersi al posto dell’altro, pensare agli altri, non imporsi, rendersi disponibile a punti di vista differenti, a gusti diversi, avvertire l’affetto del Signore per ogni anima, prendersi cura degli altri mediante il nostro lavoro... Tutto questo è imparare ad amare.

«Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 15), ci dice Gesù. Perciò siamo chiamati anche a un servizio che è vibrazione apostolica, la stessa che ci trasmette il Signore; condividere ciò che viviamo e ciò che ci riempie di entusiasmo e di pace. «Dio ha fatto l’uomo in maniera tale che non può evitare di condividere con altri i sentimenti del suo cuore: se ha ricevuto una gioia, nota in sé una forza che lo induce a cantare e a sorridere, a far sì – in un modo o nell’altro – che altri partecipino della sua felicità»[6].

«Con opere di servizio – scriveva san Josemaría –, possiamo preparare al Signore un trionfo più grande di quello del suo ingresso in Gerusalemme... Perché non si ripeteranno né le scene di Giuda, né quelle dell’Orto degli Ulivi, né quella notte buia... Otterremo che il mondo arda nelle fiamme del fuoco che Egli è venuto a portare sulla terra!...»[7]. Come nella Vergine Santissima, si accenda anche in noi, malgrado le normali difficoltà, il desiderio di servire ogni persona. «Oh!, Madre!: sia la nostra, come la tua, la gioia di stare con Lui e di avere Lui»[8].


[1] Benedetto XVI, Messaggio, 15-X-2012.

[2] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 83.

[3] Papa Francesco, Udienza, 28- VI-2017.

[4] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 151.

[5] Papa Francesco, Omelia, 19-III-2013.

[6] San Josemaría, Cartas 37, n. 16.

[7] San Josemaría, Forgia, n. 947.

[8] San Josemaría, Solco, n. 95.