Giuseppe accetta i progetti divini Scoprire Dio nella realtà quotidiana La coerenza del modo di fare di Dio
Giuseppe accetta i progetti divini
La vita ordinaria è piena di occasioni e di decisioni che imprimono una determinata direzione, e alcune di esse hanno una importanza trascendentale per il nostro futuro. Se abitualmente abbiamo bisogno di valutare le cose alla presenza di Dio, a maggior ragione in certe situazioni particolari. «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa» (Mt 1, 20), disse l’angelo al patriarca. Il vangelo di san Matteo ci dice che Giuseppe considerò quello che succedeva nella sua orazione per stabilire in che modo agire. In tal modo si fa presente a noi «come figura di uomo rispettoso, delicato, che, pur non possedendo tutte le informazioni, si decide per la reputazione, la dignità e la vita di Maria. E nel suo dubbio su come agire nel modo migliore, Dio lo ha aiutato a scegliere illuminando il suo giudizio»[1].
Santa Maria concepì Cristo grazie alla fede, perché accolse i progetti del Signore, credette che si adempissero le parole dette dall’angelo. Possiamo applicare lo stesso ragionamento a san Giuseppe che accolse tutto quello che gli fu comunicato da parte di Dio. Il santo patriarca si fidò di quelle parole e si lasciò coinvolgere personalmente in ciò che gli era stato annunciato. Fece suo il progetto di Dio, certo che fosse una cosa buona, non soltanto per l’umanità in generale, ma anche per lui stesso: si sentiva felice di essere dentro quella storia; aveva aderito al progetto e voleva portarlo avanti. Nel linguaggio comune diciamo che la riproduzione di un’opera d’arte è «fedele» quando rispecchia il progetto originale dell’artista. Dio entra in rapporto con le creature che posseggono una libertà autentica; l’arte, allora, consiste nell’imparare nel corso della vita ad accogliere i suoi progetti e nel riconoscere in essi una bontà per noi e per coloro che ci sono vicini.
Scoprire Dio nella realtà quotidiana
San Giuseppe sa cavarsela nelle situazioni normali: nel lavoro, nella famiglia, nella vita ordinaria..., ed è lì che impara ad accogliere e a trasformare in vita il dono di Dio. Questa disposizione è indispensabile per tutti i cristiani. Al santo patriarca possiamo chiedere di rinnovare il nostro sguardo e il nostro cuore perché abbiano la freschezza di aprirci ai doni e ai progetti divini.
Siamo tutti chiamati a formare famiglie, che, imitando quella di Cristo, spalanchino le proprie porte. Accogliere vuol dire avere il coraggio di ricevere con tenerezza, riconoscere ciò che è buono, andare avanti, avere iniziativa, non rassegnarsi alla comodità di ciò che si conosce né cedere alla passività. Accettare vuol dire avere una disposizione abituale a essere sempre pronto alle necessità degli altri. Giuseppe «è un coraggioso e forte protagonista. L’accoglienza è un modo attraverso cui si manifesta nella nostra vita il dono della fortezza che ci viene dallo Spirito Santo»[2]. Il santo patriarca è un uomo fedele, sempre pronto ad accogliere, in primo luogo la parola di Dio; però accoglie anche il chiaroscuro della storia nella quale si vede inserito, accoglie le sfide che il mondo e le persone che gli stanno accanto impongono alla sua missione. «Torna ancora una volta il realismo cristiano, che non butta via nulla di ciò che esiste. La realtà, nella sua misteriosa irriducibilità e complessità, è portatrice di un senso dell’esistenza con le sue luci e le sue ombre. È questo che fa dire all’apostolo Paolo: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rm 8,28). E Sant’Agostino aggiunge: “Anche quello che viene chiamato male”. In questa prospettiva totale, la fede dà significato ad ogni evento lieto o triste»[3].
A san Josemaría piaceva riflettere sul fatto che san Giuseppe cerca continuamente il modo migliore di adempire i progetti divini, che ormai sono diventati i suoi; «colloca al servizio della fede tutta la sua esperienza umana. Di ritorno dall’Egitto, avendo saputo che era re della Giudea Archelao, al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Ha imparato a muoversi nell’ambito del piano divino e, a conferma che il suo presentimento corrisponde effettivamente alla volontà di Dio, riceve l’indicazione di riparare in Galilea»[4]. Nel nostro cammino per portare avanti la missione che Dio ci ha affidato faremo dei passi avanti e altri indietro; ma anche nei momenti che possono sembrare cattivi potremo scoprire la voce di Dio che ci consola, ci istruisce e ci illumina. «Accogliere così la vita ci introduce a un significato nascosto. La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente, se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo. E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e se alcune cose ormai sono irreversibili. Dio può far germogliare fiori tra le rocce»[5].
La coerenza del modo di fare di Dio
«Osservate qual è l’ambiente in cui Cristo nasce – ci suggeriva san Josemaría –. Lì tutto ci sprona a una donazione incondizionata: Giuseppe – una storia di aspre vicende, che si uniscono alla gioia di essere il custode di Gesù – mette in gioco la sua dignità, la serena continuità del suo lavoro, la tranquillità del futuro; tutta la sua esistenza è una immediata disponibilità a far ciò che Dio gli chiede [...]. A Betlemme nessuno si riserva nulla. Lì non si sente parlare della mia dignità, del mio tempo, del mio lavoro, delle mie idee, dei miei gusti, del mio denaro; lì tutto viene messo al servizio del grandioso gioco di Dio con l’umanità»[6]. Per poter accogliere la realtà e le altre persone così come ha fatto il santo patriarca, abbiamo bisogno di abbandonarci nelle certezze di Dio più che nelle nostre; così saremo disposti a imparare da tutti e da tutto, anche dai nostri errori, perché dietro scopriremo sempre un sussurro divino. «La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie. Solo a partire da questa accoglienza, da questa riconciliazione, si può anche intuire una storia più grande, un significato più profondo»[7].
San Giuseppe fece tesoro dell’annuncio dell’angelo e si mise in cammino verso i luoghi che gli sembravano i più adatti per Gesù; né del resto aveva discusso con la sua sposa sulla propria reazione quando aveva saputo che essa avrebbe dato alla luce un figlio. Nel cercare una locanda per il Bambino che stava per nascere, san Giuseppe non si lamentò ogni volta che gli rifiutarono alloggio, e neppure volle fermarsi ostinatamente a Betlemme, vista la minaccia di Erode, per quanto ingiusto fosse intraprendere un cammino verso l’Egitto. In ognuna di queste vicende san Josemaría nota che il santo patriarca «apprese a poco a poco che i disegni soprannaturali hanno una coerenza divina, sovente in contraddizione con i piani umani»[8]. Ecco perché abbiamo bisogno di chiedere la sapienza del padre terreno di Gesù per imparare a comprendere questa logica divina, e così accogliere, come venuti da Dio le persone e gli eventi che ci coinvolgono.
[1] Papa Francesco, lett. ap. Patris corde, n. 4.
[2] Ibid.
[3] Ibid.
[4] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 42.
[5] Papa Francesco, lett. ap. Patris corde, n. 4.
[6] San Josemaría, Lettera 14-II-1974, n. 2.
[7] Papa Francesco, lett. ap. Patris corde, n. 4.
[8] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 42.