- La stanchezza di Gesù, perfetto uomo
- Abbandonarci in Cristo per essere al sicuro
- Vedere Gesù anche nelle difficoltà
Il lago di Genesaret, con i suoi 165 chilometri quadrati di superficie e 43 metri di profondità, è un lago piuttosto modesto. Tuttavia, malgrado le sue dimensioni ridotte, era ricco di pesci e nelle sue acque si scatenavano violente tempeste, come avviene del resto anche oggi. Si trova in un avvallamento del terreno, circondato da montagne, tra le quali si fa strada la valle del Giordano e la pianura di Esdrelón. Attraverso questi corridoi naturali arrivano forti raffiche di vento che confluiscono nel lago provocando ondate furiose, sufficienti anche a capovolgere una piccola imbarcazione.
Una di queste tempeste arrivò nel lago mentre Gesù e i suoi discepoli lo stavano attraversando. Si avvicinava il tramonto. Si era conclusa una giornata intensa di predicazione a una grande folla di persone. Era tanta la gente, che il Signore era stato costretto a salire su una barca e allontanarsi un poco dalla sponda perché potessero vederlo e ascoltarlo. In quella stessa barca Gesù era rimasto, stanco: «Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva» (Mc 4, 38). È l’unica volta che i vangeli ce lo presentano addormentato: «Ognuno di questi gesti umani è un gesto divino. In Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità. Cristo è Dio fatto uomo, uomo perfetto, uomo completo. E, nella sua umanità, ci fa conoscere la divinità»[1]. È commovente contemplarlo così: esausto, dopo una giornata di lavoro nella quale ha fatto un completo dono di sé, fino a rimanere senza forze e ad aver bisogno di un sonno profondo per recuperare le energie.
«La stanchezza di Gesù, segno della sua vera umanità, può essere vista come un preludio della passione, con la quale Egli ha portato a compimento l’opera della nostra redenzione»[2]. Si mostra a noi come perfetto uomo, uguale a noi in tutto fuorché nel peccato. Allora capiamo più facilmente che, con la sua grazia, anche noi possiamo incarnare la sua vita, anche se qualche volta ci costa, anche se ci stanchiamo, anche se si nota il peso del lavoro quotidiano compiuto per amore.
Si scatena la tempesta. Le onde ingrossano. Si sente chiaramente lo scricchiolio del legno della barca. I discepoli, esperti pescatori, sono in tensione. La loro esperienza riconosce che quella tempesta è pericolosa. Si meravigliano che, in quella situazione critica, Gesù continui a dormire. Lo svegliano con una frase nella quale, sotto l’apparenza del rimprovero, c’è molta fiducia: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (Mc 4, 38). Il Signore si mette in piedi, redarguisce il vento, e dice al mare: «“Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”» (Mc 4, 39-40).
Stupiti, i discepoli sono ancora una volta colmi di timore, benché ora si tratti di un timore diverso: la grandiosità del mare lascia il posto alla grandiosità del mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo. «Il gesto solenne di calmare il mare in tempesta è chiaramente segno della signoria di Cristo sulle potenze negative e induce a pensare alla sua divinità: “Chi è dunque costui - si domandano stupiti e intimoriti i discepoli -, che anche il vento e il mare gli obbediscono?" (Mc 4, 41). La loro non è ancora una fede salda, che si sta ancora formando; è un misto di paura e di fiducia; l'abbandono confidente di Gesù al Padre è invece totale e puro. Perciò, per questo potere dell'amore, Egli può dormire durante la tempesta, completamente sicuro nelle braccia di Dio»[3].
Anche la nostra fede si sta ancora formando, è sempre in crescita. Molte volte ci meravigliamo, abbiamo paura, siamo insicuri nel caso di piccole o grandi tempeste: tentazioni, contrarietà, delusioni con noi stessi, sconfitte... È il momento di invocare Gesù perché ci aiuti ad affrontare queste situazioni con pace e abbandono. Come consigliava sant’Agostino, «Che le ondate non ci trascinino vista la confusione esistente nel vostro cuore. Ad ogni modo, benché siamo uomini, non disperiamo se il vento trascina gli affetti della nostra anima. Svegliamo Cristo: la nostra navigazione proseguirà tranquilla e raggiungeremo un buon porto»[4].
In una piazza San Pietro completamente vuota, sotto la pioggia, davanti a un crocifisso e a una immagine della Madonna, nel marzo del 2020 il Papa Francesco ha presieduto una veglia di preghiera in un momento difficile per l’intera umanità, in piena pandemia. Ha scelto di commentare proprio il passo del Vangelo che stiamo meditando. Le sue parole possono servirci per affrontare anche i momenti di difficoltà che possono apparire nella nostra vita.
«“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te [...]. Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta veramente e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri [...]. “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti; da soli, da soli affondiamo. Abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nella barca della nostra vita. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai»[5].
«Quando la sofferenza arriva in modo così umano, così normale – difficoltà e problemi familiari..., o le mille piccolezze della vita quotidiana –, ti costa fatica vedere Cristo dietro tutto questo. – Apri docilmente le tue mani a questi chiodi..., e il tuo dolore si trasformerà in gioia»[6]. Per intercessione di santa Maria, «stella del mare», chiediamo al Signore che aumenti la nostra fede, che ci liberi dalle nostre paure e ci riempia di speranza.
[1] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 109.
[2] Benedetto XVI, Angelus, 27-III-2011.
[3] Benedetto XVI, Omelia, 21-VI-2009.
[4] Sant’Agostino, Sermone 63, 3.
[5] Papa Francesco, Momento straordinario di preghiera in tempi di epidemia, 27-III-2020.
[6] San Josemaría, Solco, n. 234.