Meditazioni: Sabato della 5ª settimana di Quaresima

Riflessioni per meditare nel sabato della quinta settimana di Quaresima. I temi proposti sono: L'inganno delle tentazioni; Sentirsi portatori di un tesoro; Seguire Cristo sul Calvario.

- L'inganno delle tentazioni

- Sentirsi portatori di un tesoro

- Seguire Cristo sul Calvario


DOPO LA RISURREZIONE DI LAZZARO, i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il Sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione» (Gv 11, 47-48). Allora Caifa, che era il sommo sacerdote, parlò: «È meglio che uno solo muoia per il popolo, e non perisca la nazione intera» (Gv 11, 50). Da quel momento, l'evangelista fa notare che le autorità ebraiche «avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo » (Gv 11, 57).

I Giudei avevano già da tempo l’intenzione di uccidere Gesù, ma fino ad allora non avevano preso una decisione definitiva. La risurrezione di Lazzaro fece loro prendere la decisione finale. Per questo Caifa conclude che è opportuno che Gesù muoia. I presenti sono convinti di aver adottato una risoluzione giusta, in quanto ciò avrebbe evitato di far vacillare la fragile pace concordata con le autorità romane e posto fine alle rappresaglie verso il popolo ebraico, sebbene non fosse questo il vero motivo per cui perseguitavano Cristo.

Questo modo di procedere riflette, in qualche modo, il corso di ogni tentazione. «In genere si comporta così: parte da poco, con un desiderio, un'idea, cresce, contagia altri e, alla fine, si giustifica»[1]. E il cuore, suggestionato dalla passione, è spesso convinto della giustizia distorta di questo pensiero. Ma la vita quotidiana del cristiano è anche segnata dalle ispirazioni dello Spirito Santo; Dio ci presenta numerose occasioni per dirigere i nostri impulsi verso «i beni eterni promessi»[2]. Possiamo chiedere al Paraclito di aiutarci ad essere docili ai suoi consigli, ad accogliere gli appelli che ci rivolge e di concederci la saggezza per non ingannarci con qualche tentazione passeggera.


NON TUTTI avevano reagito allo stesso modo dopo aver assistito alla risurrezione di Lazzaro. «Molti Giudei, che erano venuti alla casa di Maria, vedendo ciò che Gesù aveva fatto, credettero in lui» (Gv 11, 45). Coloro che rimasero impressionati alla vista del miracolo andarono incontro al Signore al suo ingresso trionfale a Gerusalemme: «Il popolo che era con lui quando chiamò Lazzaro dal sepolcro (...) ne rese testimonianza. Per questo le folle gli andarono incontro, perché avevano udito che Gesù aveva fatto questo segno» (Gv 12, 17-18).

Altre volte Gesù aveva esortato i suoi discepoli ad annunziare la salvezza: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16, 15). Tuttavia, in questo caso non ci sono parole esplicite: quello che fanno queste persone è la naturale conseguenza di aver conosciuto il Signore. Si sentono portatori di un tesoro e vogliono condividerlo con tutti i loro fratelli. È la stessa reazione di Andrea quando incontra Pietro: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1, 41). «La gioia del Vangelo riempie il cuore e tutta la vita di chi incontra Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo, la gioia nasce e rinasce sempre»[3].

«L'apostolato – diceva san Josemaría (...) è una sovrabbondanza della vita interiore»[4]. Gli apostoli erano attraenti perché comunicavano l'esperienza che avevano avuto di Gesù Cristo: lo avevano visto, toccato e udito, quindi era naturale diffondere la gioia di averlo incontrato. Non è stato un compito imposto dall'esterno, ma l'impulso spontaneo di chi ha riempito il suo cuore di Vangelo.


MOLTI di coloro che, vedendo quel miracolo, credettero in Gesù, e che poi lo avrebbero accolto con applausi a Gerusalemme, forse si saranno sentiti delusi quando hanno assistito alla sua condanna a morte. I giorni del giubilo saranno sembrati già così lontani. Alcuni forse avranno assistito al suo passaggio con la croce. E, al momento della sua morte, lo accompagnavano solo sua madre, Giovanni e alcune donne.

Non sappiamo con certezza perché tutte queste persone abbiano abbandonato Gesù. È probabile che fosse il timore di essere accomunati a lui, un condannato a morte, o il pensiero che forse quell'uomo non fosse il Messia atteso. Cristo non era diventato la ragione principale della loro vita, e questo potrebbe averli portati a nascondere la loro ammirazione per il Maestro. «È tempo di dire a Gesù Cristo: “Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille modi sono sfuggito al tuo amore, ma eccomi ancora una volta a rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Salvami ancora, Signore, accoglimi ancora una volta nelle tue braccia redentrici”» [5].

Seguire Cristo implica lasciare il conforto della riva per appassionarsi alla missione di esserne il testimone. Lo Spirito Santo, con i suoi doni, ci aiuta a percorrere questo cammino, che comprende sia gli applausi di Gerusalemme che il dolore del Calvario. La Vergine ha rischiato tutta la sua vita con quel "sì" all'angelo. E sebbene questo le abbia procurato molti momenti di dolore fino a veder morire suo figlio, la certezza che Dio trionfa sempre le ha dato la più grande consolazione. «Con un gruppo di donne coraggiose, come quelle, ben unite alla Vergine Addolorata, quale lavoro di anime si farebbe nel mondo!» [6].


[1] Francesco, Omelia, 4-IV-2020.

[2] Orazione sopra le offerte, Sabato V di Quaresima.

[3] Francesco, Evangelii gaudium, n. 1.

[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 239.

[5] Francesco, Evangelii gaudium, n. 3.

[6] San Josemaría, Cammino, n. 982.