Meditazioni: Mercoledì della 4ª settimana di Quaresima

Riflessioni per meditare nel mercoledì della quarta settimana di Quaresima. I temi proposti sono: Dio creatore, un padre accanto; Il Figlio sempre unito al Padre; Fede in Cristo e giudizio di Dio.

- Dio creatore, un padre accanto

- Il Figlio sempre unito al Padre

- Fede in Cristo e giudizio di Dio


Gesù aveva guarito un paralitico di sabato e, con nostro stupore, i dottori della legge rimangono come impigliati in questa circostanza del calendario, invece di credere nella libera manifestazione di Dio: basandosi su una rigida interpretazione della Sacra Scrittura, non sono disposti ad ammettere che qualcuno possa fare qualcosa il sabato, neppure fossero miracoli o guarigioni. Non hanno ricevuto la luce dello Spirito Santo - che possiamo chiedere - per lasciarsi sfidare dalla realtà davanti ai loro occhi.

Gesù risponde loro in modo lapidario: «Il Padre mio agisce anche ora e anch'io agisco» (Gv 5, 17). Queste parole riassumono una importante verità teologica, che illumina la nostra condizione di creature: certo la Bibbia afferma che il sabato Dio riposò, significando che non proseguì nella creazione di altre creature, «però agisce sempre e continuamente, mantenendole in essere (...). Dio è la causa di tutte le cose nel senso che le fa anche sussistere; perché se in un dato momento il suo potere si interrompesse, in qull’istanto smetterebbero di esistere tutte le cose che la natura contiene»[1]. La nostra esistenza dipende interamente da Dio, in ogni istante. Ogni secondo della nostra vita è un dono che il Signore ci offre con fiducia. Il Creatore non abbandonò la sua opera una volta creata, ma continuò a seguirla «operando nella e sulla storia degli uomini»[2].

Come spiegava san Josemaría, «il Dio della nostra fede non è lontano, ad osservare in modo indifferente la sorte degli uomini. È un Padre che ama ardentemente i suoi figli, un Dio creatore che trabocca di affetto per le sue creature. E concede agli uomini il grande privilegio di poter amare, trascendendo in tal modo l’effimero e il transitorio»[3].


Con la sua risposta a coloro che gli rimproveravano di guarire nel giorno del riposo, Gesù implicitamente svela la sua natura divina, mostrandosi di fatto come «signore del sabato» (Lc 6, 5). I rabbini distinguevano tra il “lavoro” di Dio nella creazione, che terminò il sabato, e il suo operare nella provvidenza, che invece non si interrompe. Per questo, quando Gesù si mette allo stesso livello del Padre, associandosi alla sua azione continua in favore degli uomini, questa affermazione risulta insopportabile ai suoi oppositori. La Sacra Scrittura ci dice che «I Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio» (Gv 5, 18). E il Signore non cerca di dissuaderli da tale convincimento perché realmente egli è Figlio di Dio, la filiazione del Padre è al centro del suo essere e della sua missione: è parte essenziale del suo mistero. Sino a quel momento, nessuno in tutta la storia della salvezza si era rivolto al Padre chiamandolo “Padre mio”, come Gesù fa sempre; tanto meno con quella parola piena di confidenza che usavano i bambini ebrei per chiamare il loro genitore: abbà, papà.

«In verità, in verità io vi dico - dice il Signore - che il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo» (Gn 5, 19-20). Gesù è il modello più perfetto dell’unione con il Padre. «Con riferimento a tale modello, riflettendolo nel nostro intimo e nel nostro comportamento, possiamo far crescere in noi un modo e un orientamento di vita “a somiglianza di Cristo” e nella quale si esprime e si realizza la “vera libertà dei figli di Dio” (cfr. Rm 8, 21)».[4] Effettivamente, alla luce dell’esempio di Cristo, riusciamo a comprendere meglio che il senso della nostra filiazione divina è ciò che ci rende profondamente liberi: «sapere che siamo opera delle mani di Dio, che siamo prediletti dalla Santissima Trinità, che siamo figli di un Padre eccelso. Chiedo al Signore che ci aiuti a renderci conto di tutto questo, ad assaporarlo giorno dopo giorno: in questo modo agiremo da persone libere. Non dimenticatelo: chi non sa di essere figlio di Dio, non conosce la più intima delle verità che lo riguardano, e nel suo comportamento viene a mancare della padronanza e della signorilità che contraddistinguono coloro che amano il Signore al di sopra di tutte le cose»[5].


«Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5, 22-24). Quando parliamo dell’ultimo giorno, del giudizio particolare e del giudizio finale, forse veniamo invasi da un certo timore. Tuttavia, è giusto saperlo ricondurre alla speranza, perché sappiamo che il nostro giudice sarà Gesù, che è venuto per salvarci, mandato dal Padre. Cristo ha dato la sua vita per noi: guardando Lui, inchiodato sulla croce e poi resuscitato, capiamo che la sua giustizia è unita al mistero della grazia, del suo amore per noi.

Certo, «la grazia non esclude la giustizia. Non cambia il torto in diritto. Non è una spugna che cancella tutto così che quanto s'è fatto sulla terra finisca per avere sempre lo stesso valore (...). Il nostro modo di vivere non è irrilevante, ma la nostra sporcizia non ci macchia eternamente, se almeno siamo rimasti protesi verso Cristo, verso la verità e verso l'amore. In fin dei conti, questa sporcizia è già stata bruciata nella Passione di Cristo. Nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo questo prevalere del suo amore su tutto il male nel mondo e in noi. Il dolore dell'amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia.[6]

«Non avere paura della morte – incoraggiava San Josemaría –. Accettala, d'ora in poi, generosamente... quando Dio vuole... come Dio vuole... dove Dio vuole. Non dubitare: verrà al momento, nel luogo e nel modo che più conviene... inviata dal tuo Padre, Dio. La nostra sorella morte è la benvenuta!»[7] Allo stesso tempo, il fondatore dell'Opus Dei si consolava sapendo che colui che ci aspetta «non sarà un Giudice - nel senso austero della parola - ma semplicemente Gesù».[8] E lì, per intercedere per noi, ci sarà anche la nostra madre celeste; lei è il rifugio dei peccatori e la nostra speranza.


[1] S. Tommaso d’Aquino, Commento su san Giovanni, in loc.

[2] Benedetto XVI, Discorso, 12-IX-2008.

[3] San Josemaría, Discorsi sull’università, n. 8.

[4] San Giovanni Paolo II, Udienza, 24-VIII-1988.

[5] San Josemaría, Amici di Dio, n. 26.

[6] Benedetto XVI, Spe Salvi, nn. 44.47.

[7] San Josemaría, Cammino, n. 739.

[8] San Josemaría, Cammino, n. 168.