Dio entra nella nostra casa
Il Signore ci libera
Un bene che tende a comunicarsi
È DA POCO che Gesù ha cominciato a predicare. La sua fama si è diffusa in tutta la regione. Forse per questo motivo, un indemoniato manifesta di essere posseduto mentre il Signore si trova nella sinagoga di Cafarnao (cfr. Lc 4,31-37). Pietro, che probabilmente assiste alla scena, è stupito davanti all’autorità di quel Maestro i cui insegnamenti non solo gli risultano chiari, ma lo commuovono anche e lo attraggono. Cristo parla in un modo che tutti capiscono e, inoltre, accompagna le parole con opere che le confermano e conferiscono loro una maggiore autorità. Senza alcun rito o preparazione, con un semplice ordine – «Taci, esci da lui!» (Lc 4,35) – il demonio abbandona quell’uomo.
«Uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone» (Lc 4,38). Forse spinto da ciò che ha visto, Pietro non perde l’occasione e gli chiede di guarire la suocera, che «era in preda a una grande febbre» (Lc 4,38). Cristo non si fa pregare. Non lo trattiene il fatto che sia sabato, ma va incontro a quella richiesta. Come ha appena fatto con lo spirito impuro, così fa con la febbre, che grazie alla sua sola parola scompare del tutto. E subito la suocera si alza e si mette a servirli (cfr. Lc 4,39).
Quando riceviamo il Signore nella Comunione, Gesù entra nella nostra casa come ha fatto con Pietro. E in quei momenti, come l’apostolo, possiamo confidargli ciò che occupa il nostro cuore: preoccupazioni, speranze, dubbi, dolori… In realtà, Dio è già disposto ad aiutarci prima ancora che glielo chiediamo. Ma desidera che ci rivolgiamo a lui, che gli apriamo la nostra intimità e mettiamo nelle sue mani le nostre necessità. «Se ti accorgi che non ce la fai, per qualsiasi motivo, digli, abbandonandoti in Lui: Signore, confido in Te, mi abbandono in Te, ma Tu aiuta la mia debolezza!
E, pieno di fiducia, ripetigli: guardami, Gesù, sono uno straccio sporco; l'esperienza della mia vita è tanto triste, non merito di essere tuo figlio. Diglielo…; e diglielo molte volte.
— Non tarderai a sentire la sua voce: “Ne timeas!” — non avere paura!; oppure: “Surge et ambula!” — alzati e cammina!»[1].
PER LA PRIMA VOLTA nel Vangelo di san Luca appare quella che sarà una costante nella vita pubblica del Maestro: sebbene molti gli chiedano solo la guarigione del corpo, Gesù non si limita a questo. Cristo guarisce i mali più importanti: quelli dell’anima. Come farà in un’altra occasione: al paralitico che calano dal tetto di una casa dirà prima: «Ti sono perdonati i tuoi peccati» (Lc 5,20). E solo dopo aggiungerà: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua» (Lc 5,24).
«Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da vari mali li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva» (Lc 4,40). Gesù sa che il Regno che sta per instaurare metterà radici nelle anime delle persone. Per questo prepara il terreno e libera gli uomini sia dalle malattie del corpo che da quelle dello spirito. «Da molti uscivano anche demòni, gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!”» (Lc 4,41). Cristo dimostra così che «sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro agli altri, cercare i lontani e giungere agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva»[2].
Anche noi possiamo avvicinarci al Signore con il desiderio che strappi dalla nostra anima tutto ciò che potrebbe separarci da lui. Come scriveva san Josemaría: «Chiedi al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, e a tua Madre, che ti aiutino a conoscerti e a piangere per tutte quelle cose sporche che ti hanno attraversato e che hanno lasciato — ahimè — tante incrostazioni…
— E nel contempo, senza allontanarti da questa considerazione, digli: dammi, Gesù, un Amore che sia fuoco di purificazione, nel quale la mia povera carne, il mio povero cuore, la mia povera anima, il mio povero corpo si consumino, ripulendosi di tutte le miserie terrene… Poi, il mio io ormai vuoto, riempilo di Te: che non mi attacchi a nulla qui sulla terra; che mi sostenga sempre l'Amore.»[3].
ALL’ALBA, Gesù si dedica alla preghiera, dalla quale scaturisce non solo l’amore che lo ha spinto a guarire coloro che gli hanno presentato, ma anche la forza che lo spinge a continuare a diffondere la buona notizia. Per questo, quando alcuni cercarono di trattenerlo perché non si allontanasse da loro, Cristo disse: «È necessario che io annunzi la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato» (Lc 4,43).
Gesù vuole raggiungere un numero maggiore di anime. Questo desiderio di portare il Regno a tutti gli uomini è ciò che lo spinge a predicare in tutte le sinagoghe della Giudea. Prima dell’Ascensione, il Signore lascerà ai suoi discepoli questa missione: predicare nel suo nome la conversione per il perdono dei peccati a tutti i popoli, cominciando da Gerusalemme. Tutto ciò che gli apostoli hanno visto e udito durante gli anni trascorsi con Cristo è destinato a essere condiviso con tutta l’umanità. «Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per sé stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa»[4].
Gli apostoli furono i primi a diffondere ciò che Gesù aveva fatto per tutti gli uomini. E oggi Gesù vuole che noi, suoi discepoli, continuiamo questa missione. «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49). Ci siamo avvicinati un po' al fuoco dell'Amore di Dio; lasciamo che la sua forza muova le nostre vite e alimentiamo il desiderio di portare il fuoco divino da un estremo all'altro della terra, facendolo conoscere a chi ci circonda: affinché tutti possano giungere alla pace di Cristo e trovino in essa la felicità»[5]. Possiamo ricorrere alla Vergine Maria affinché «la gioia del Vangelo / giunga sino ai confini della terra / e nessuna periferia sia priva della sua luce»[6].
[1] San Josemaría, Forgia, n. 287.
[2] Francesco, Evangelii Gaudium, n. 24.
[3] San Josemaría, Forgia, n. 41.
[4] Francesco, Evangelii Gaudium, n. 9.
[5] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 170.
[6] Francesco, Evangelii Gaudium, n. 288.