​Meditazioni: mercoledì della 3ª settimana di Avvento

Riflessioni per meditare nel mercoledì della terza settimana di Avvento. Ecco i temi proposti: Il cristiano vive del tesoro della speranza; Lasciare che Dio operi nella nostra vita; La meravigliosa azione di Dio attraverso di noi.

Il cristiano vive del tesoro della speranza ǀ Lasciare che Dio operi nella nostra vita ǀ La meravigliosa azione di Dio attraverso di noi


Il cristiano vive del tesoro della speranza

«Il Signore viene, non tarderà»[1]. L’avvento è tempo di speranza perché la salvezza è vicina, è imminente. «Ecco, il Signore Dio viene con potenza»[2]. Il cristiano vive del tesoro della speranza. L’autore sacro la definisce «un’ancora sicura e salda per la nostra vita» (Eb 6, 19). L’ancora permette alla nave di aggrapparsi al fondale del mare, di fissare la propria posizione, di non preoccuparsi delle correnti e impedisce che la nave vada alla deriva. La speranza cristiana si fonda sulle promesse di Dio, sul suo amore incondizionato, e non tanto sulle nostre forze e le nostre possibilità. «È una speranza nuova, viva, che viene da Dio. Non è mero ottimismo, non è una pacca sulle spalle o un incoraggiamento di circostanza, con un sorriso di passaggio. No. È un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli»[3].

Quando il popolo israelita viveva esiliato a Babilonia, i profeti sostenevano la speranza e l’animo degli esiliati con l’annuncio di una prossima liberazione. Nella prima lettura ascoltiamo oggi il profeta Isaia che invita il popolo a mantenere accesa la fiamma di una speranza fondata su Dio, giacché soltanto lui può salvare: «Io sono il Signore, non ce n’è altri [...]. Perché io sono Dio, non ce n’è altri» (Is 45, 6.22). Grazie al potere del Signore «otterrà giustizia e gloria tutta la stirpe d’Israele» (Is 45, 25).

La virtù della speranza ci protegge dagli alti e bassi dello scoraggiamento e ci sostiene nei momenti in cui le contrarietà minacciano di spazzare via ogni cosa. Quando il cuore vive di speranza chiude la strada alle lamentele sterili e ci rende capaci di raggiungere mete che sembravano irraggiungibili. Con essa possiamo sopportare le più grandi prove. «Già molti anni fa – ricorda san Josemaría –, con una convinzione che cresceva di giorno in giorno, ho scritto: “Spera tutto da Gesù: tu non hai nulla, tu non vali nulla, tu non puoi nulla: sarà Lui ad agire se ti abbandoni in Lui”. È passato il tempo, e quella mia convinzione si è fatta ancora più robusta, più profonda. Ho visto in molte persone che la speranza in Dio accende meravigliosi falò d’amore, il cui fuoco conserva il cuore palpitante, senza sconforti, senza mancamenti, anche se lungo il cammino si soffre, e a volte duramente»[4].


Lasciare che Dio operi nella nostra vita

La speranza si manifesta nel desiderio di permettere che Dio agisca nella nostra vita. Isaia ricorda al popolo in esilio che è Dio che fa tutte le cose: «Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura» (Is 45, 7). La partenza da Babilonia non fu frutto di una rivolta o di una intelligente strategia politica o militare. Dio aprì la strada quando il tempo fu maturo.

Nella nostra vita succede lo stesso. È il Signore, con la sua azione misericordiosa, che porta la salvezza sulla nostra terra, perché «il Signore donerà il suo bene [...]; i suoi passi tracceranno il cammino» (Sal 85, 13-14). Egli è il protagonista principale e colui che, avvalendosi della nostra libertà, scrive l’intreccio della nostra storia. Dio vuole che da parte nostra interveniamo con la lotta e con uno slancio personale, ma senza dimenticare, nello stesso tempo, che tutto dipende da Lui, «perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5). «Se qualche volta ti sembra che l’orizzonte si chiuda e che la terra si unisca al cielo, guarda al cielo – consigliava san Josemaría –. Così farai molto bene sulla terra: guardando al cielo»[5].

«Diceva dunque il fondatore dell'Opera: non sono io che ho inventato qualcosa; è un Altro che fa ed io sono soltanto disponibile a servire come strumento»[6]. Queste parole del cardinale Ratzinger, in occasione della canonizzazione di san Josemaría, riassumono il segreto della santità: lasciare operare Dio, abbandonandosi per davvero a lui durante la nostra giornata, nonostante le preoccupazioni; accettiamo che Egli ci vada conducendo per i sentieri che preferisce. Con questa disponibilità si aprono «le porte del mondo perché Dio possa farsi presente, operare e trasformare tutto»[7].

Quando si aspetta qualcosa o qualcuno, si nutre la speranza che questo desiderio venga soddisfatto; ma rimanere in attesa richiede pazienza e molta fiducia. Dio ha i suoi tempi, che non sempre coincidono con i nostri. La speranza va di pari passo con la pazienza che, lungi dal rivelare apatia, è una manifestazione di fortezza. Secondo sant’Agostino, la pazienza è «come una traccia di Dio che risiede in noi»[8], che ci rende capaci di «sopportare, portare sulle spalle le cose non piacevoli della vita, anche le prove; è capacità di dialogare con i limiti»[9].


La meravigliosa azione di Dio attraverso di noi

Quando nel carcere arrivano notizie sulla predicazione di Gesù, Giovanni invia due discepoli per parlare con il Signore e chiedergli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Lc 7, 19). Gesù li accoglie e, come risposta, mostra loro i frutti dell’azione di Dio nelle anime: «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia» (Lc 7, 22).

Giovanni conosce molto chiaramente la sua missione – preparare la strada del Messia – e sospetta che la sua fine sia vicina. Per sé non cerca alcun protagonismo. È disposto a diminuire perché Cristo cresca (cfr. Gv 3, 30). «Ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito. [...] La vita cristiana esige, per così dire, il martirio della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo a orientare il nostro pensiero e le nostre azioni»[10]. In tal maniera scopriremo l’effetto che sana, trasforma e rivitalizza l’azione divina nella nostra anima e saremo buoni strumenti nelle sue mani.

«Pensate all’esempio di san Giovanni Battista – ci faceva meditare san Josemaría –, quando manda i suoi discepoli a chiedere al Signore chi Egli sia. Gesù risponde facendo loro notare tutti quei miracoli. Ricorderete questo passo del Vangelo; da oltre quarant’anni l’ho suggerito alla meditazione dei miei figli. Questi miracoli il Signore continua a farli ora, servendosi delle vostre mani: persone che non vedevano e che ora vedono; persone incapaci di parlare, perché avevano il demonio muto, che se ne liberano e parlano; persone impossibilitate a muoversi, paralitici per ciò che andava al di là delle forze umane, che escono dall’immobilità e compiono opere di virtù e di apostolato. Altri che sembrano vivi e che sono invece morti, come Lazzaro: “Iam fœtet, quatriduanus est enim”.

Voi, con la grazia divina e con la testimonianza della vostra vita e della vostra dottrina, delle vostre parole prudenti e imprudenti, li portate a Dio e tornano in vita. Neppure per questo vi potete meravigliare: perché siete Cristo, e Cristo compie queste cose per vostro mezzo»[11]. «Tutte le cose grandi, che il Signore vuol fare attraverso la nostra miseria, sono opera sua [...]. I frutti non sono nostri, perché le querce non fanno limoni. I frutti sono di Dio Padre, che è stato tanto padre e tanto generoso da metterli nella nostra anima»[12].

Maria è la nostra speranza. La chiamiamo così perché lei è la via sicura perché Dio possa continuare a compiere nel nostro mondo le sue meraviglie. L’umile donna di Nazaret continua la sua missione dal cielo e ci suggerisce continuamente di permettere alla grazia di Dio di operare nei nostri cuori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 5).


[1] Antifona d’ingresso, mercoledì della III settimana di Avvento.

[2] Alleluia, mercoledì della III settimana di Avvento.

[3] Papa Francesco, Omelia della Veglia Pasquale, 11-IV-2020.

[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 205.

[5] San Josemaría, Appunti presi durante una meditazione, 15-I-1959.

[6] Cardinale J. Ratzinger, Lasciare operare Dio, l’Osservatore Romano, 6-X-2002.

[7] Ibid.

[8] Sant’Agostino, De patientia, 1.

[9] Papa Francesco, Udienza, 12-II-2018.

[10] Benedetto XVI, Udienza, 29-VIII-2012.

[11] San Josemaría, In dialogo con il Signore, “Ora che comincia l’anno”, n. 5 f/g.

[12] Ibid., 5 d