Meditazioni: Martedì dell’8ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel martedì dell’ottava settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Gesù chiama al distacco; Lasciare «tutto» include anche alcuni aspetti interiori; Dio non si lascia vincere in generosità.

- Gesù chiama al distacco

- Lasciare «tutto» include anche alcuni aspetti interiori

- Dio non si lascia vincere in generosità


La conclusione dell’incontro col giovane ricco probabilmente avrà colpito gli apostoli; però quella vicenda dà a Gesù l’occasione per chiarire il significato e il valore del distacco. Cristo ha bisogno di discepoli che abbiano un bagaglio leggero, per essere mossi dallo Spirito Santo, e disposti a lasciarsi riempire da lui. Infatti, come dice santa Teresa di Calcutta, «neppure Dio può mettere qualcosa in un cuore che è già pieno»[1]. La missione apostolica richiede una delicata libertà di cuore.

«In verità io vi dico – Gesù comincia a dire –: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorella o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Mc 10, 29-30). Gli apostoli rimasero pensierosi nell’ascoltare il Maestro. Hanno visto, durante il periodo di tempo che stanno passando con lui, che cosa comporta la povertà del Signore, il quale non ha neppure «dove posare il capo» (Mt 8, 20). Sono testimoni che Dio «da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8, 9).

«La ricchezza di Gesù è la sua fiducia illimitata in Dio Padre, è raccomandarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solamente la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato dai suoi genitori e li ama, senza dubitare neppure un istante del loro amore e della loro tenerezza [...]. È stato detto che l’unica vera tristezza è non essere santi; potremmo dire anche che esiste un’unica vera miseria: non vivere come figli di Dio e fratelli di Cristo»[2].


«Il Santo è proprio quell'uomo, quella donna che, rispondendo con gioia e generosità alla chiamata di Cristo, lascia ogni cosa per seguirlo»[3]. Potremmo pensare che per Pietro e per diversi apostoli questo «ogni cosa» al quale ha rinunciato non fossero troppe cose: una vecchia barca, una casa alla buona e poco altro. Tuttavia, san Gregorio Magno commenta: «ha lasciato molto colui che ha abbandonato tutto, anche se è poca cosa»[4]. Inoltre, lo hanno fatto prontamente. Non si sono seduti a valutare i pro e i contra, perché non era questa la cosa importante.

Comunque in realtà lasciare «ogni cosa» significa anzitutto riordinare le cose più intime, i propri sentimenti, la volontà, le decisioni circa il proprio futuro, i progetti e le idee. Questo è ciò che veramente conta, ciò che costituisce la vera leggerezza per camminare con Dio; ed è questo che fecero quei primi discepoli. «Infatti non ha lasciato tutto colui che continua a essere legato sia pure solo a se stesso. Del resto, a nulla serve aver lasciato tutto il resto ad eccezione di se stesso, perché non c’è carico più pesante per l’uomo che il suo stesso io»[5].

Lasciare tutto vuol dire accettare l’invito di Gesù per riempirci sempre più della sua vita divina. «La chiamata di Dio, il carattere battesimale, la grazia, fanno sì che ogni cristiano possa e debba incarnare pienamente la fede. Ogni cristiano deve essere alter Christus, ipse Christus presente fra gli uomini»[6]. Questo abbandono non è una rinuncia alle nostre caratteristiche personali o ai nostri buoni aneliti; è, piuttosto, riempirci di Dio, permettere che egli intervenga con il suo Vangelo in ogni aspetto della nostra vita.


Il premio che Cristo offre alla donazione degli apostoli – cento volte tanto e la vita eterna – supera di gran lunga quel che essi potevano immaginare. Il libro della Sapienza lo aveva annunciato in questi termini: «Diede ai santi la ricompensa delle loro pene, li guidò per una strada meravigliosa, divenne per loro riparo di giorno e luce di stelle nella notte» (Sap 10, 17).

«Questo “centuplo” è fatto dalle cose prima possedute e poi lasciate, ma che si ritrovano moltiplicate all’infinito. Ci si priva dei beni e si riceve in cambio il godimento del vero bene; ci si libera dalla schiavitù delle cose e si guadagna la libertà del servizio per amore; si rinuncia al possesso e si ricava la gioia del dono. Quello che Gesù diceva: “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (cfr At 20, 35) [...]. Solo accogliendo con umile gratitudine l’amore del Signore ci liberiamo dalla seduzione degli idoli e dalla cecità delle nostre illusioni. Il denaro, il piacere, il successo abbagliano, ma poi deludono: promettono vita, ma procurano morte. Il Signore ci chiede di distaccarci da queste false ricchezze per entrare nella vita vera, la vita piena, autentica, luminosa»[7].

«Se siamo un pochino generosi – diceva san Josemaría –, il Signore ci supera sempre: ci dà molto più di quello che noi diamo a lui. Noi ci guadagniamo sempre; è una carta che si può giocare bene»[8]. E ricorreva all’intercessione di santa Maria: «Chiedo alla Madre di Dio che ci sappia sorridere, che ci voglia sorridere, e ci sorriderà. Inoltre, moltiplicherà sulla terra la vostra generosità con il mille per uno. Non solo il cento per uno: il mille per uno!»[9].


[1] Santa Teresa di Calcutta, Non c’è amore più grande, Rizzoli, Milano 2010.

[2] Papa Francesco, Messaggio, 26-XII-2013.

[3] Benedetto XVI, Omelia, 15-X-2006.

[4] San Gregorio Magno, Omelia 5 sul Vangelo.

[5] San Pier Damiani, Sermone 9.

[6] San Josemaría, Colloqui, n. 58.

[7] Papa Francesco, Angelus, 11-X-2015.

[8] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 13-IV-1974.

[9] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 19-XI-1972.