Meditazioni: Martedì della 5ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel martedì della quinta settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Il vero significato della Legge; Dio ci chiede la donazione del cuore; La carità è la Legge dello Spirito Santo.

- Il vero significato della Legge.

- Dio ci chiede la donazione del cuore.

- La carità è la Legge dello Spirito Santo.


Nel corso della sua vita pubblica Gesù era continuamente giudicato dai farisei. Non poche volte, non trovando di che accusarlo (cfr. Lc 6, 7), fissavano la loro attenzione sul comportamento dei suoi discepoli: volevano trovare in loro le cose storte che non trovavano nel Signore. Una volta lo scandalo farisaico nacque dal fatto che gli apostoli avevano mangiato i pani senza aver compiuto tutti i riti previsti per la purificazione delle mani. Forse ricordiamo come le nostre madri insistevano con noi sull’importanza di lavarci le mani prima di mangiare. Più di una volta lo avremo fatto malvolentieri, magari semplicemente per evitare rimbrotti. Poi, però, siamo cresciuti; e ora abbiamo scoperto che non si trattava di un semplice capriccio: era un gesto importante, aveva un senso, perché era in gioco la salute.

Possiamo dire che nei farisei che interpellano Gesù non è mai cresciuto interiormente il significato della Legge. Continuavano a lavarsi le mani, ma sempre per paura del castigo. «Il timore stringe il cuore e impedisce di andare incontro agli altri, incontro alla vita»[1]. Quei farisei non hanno mai capito che i comandamenti di Dio non erano un capriccio, ma un orientamento amorevole per il bene delle loro anime. Non hanno mai capito che «la legge non è stata fatta per farci schiavi, ma per farci liberi, per farci figli [...]. La rigidità non è un dono di Dio; la mitezza sì; la bontà sì; la benevolenza sì; il perdono sì; ma la rigidità no!»[2]. Dietro ogni comandamento c’è il desiderio di Dio che il nostro cuore rimanga puro in modo che possiamo contemplarlo (cfr. Mt 5, 8). Ed è proprio questa la cosa importante.


Nella vita cristiana siamo chiamati a far sì che la nostra adesione ad alcuni precetti avvenga con una purezza di cuore sempre maggiore, e non semplicemente col desiderio di compiere o di sentirci soddisfatti perché, per esempio, abbiamo fatto la nostra parte. Certamente, possiamo incappare nell’errore dei farisei e pensare che la vita cristiana consista in una serie di cose che «bisogna compiere», trasformando l’ampio orizzonte della santità in uno spazio ristretto, in cui l’unica cosa che conta è adempiere a qualunque costo una serie di doveri. Per un altro verso, possiamo anche cadere nell’atteggiamento contrario, quello che ritiene che l’unica cosa che conta per agire è «sentire amore» in un senso astratto, riducendolo semplicemente a una sensazione gradevole che va e viene.

Proprio per questo Gesù, in un suo dialogo con i farisei, tira fuori una frase che si trova nel libro di Isaia e che ci dà modo di capire quello che il Signore si aspetta da noi: «Questo popolo mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me» (Is 29, 13). La testimonianza della Sacra Scrittura, fin dall’Antico Testamento, è unanime in questo senso: quello che Dio ci chiede è la donazione sincera del cuore. Chi cerca continuamente il dialogo sincero con Dio non cade nello scrupolo, perché scopre il suo profondo amore misericordioso; neppure cade nel rilassamento, perché sa che questo amore merita una corrispondenza, e perciò non bastano semplicemente le parole. «“Le opere sono amore, e non le belle parole” – era solito ricordare san Josemaría -. Opere, opere! – Proposito: continuerò a dirti molte volte che ti amo – quante volte te l’ho ripetuto oggi! -; ma, con la tua grazia, sarà soprattutto il mio comportamento, saranno le piccole cose di ogni giorno – con la loro eloquenza muta – a gridare davanti a Te, dimostrandoti il mio Amore»[3].


San Paolo era «fariseo, figlio di farisei» (At 23, 6). È cresciuto in quell’ambiente che si sforzava di dar gloria a Dio nell’adempimento puntuale dei comandamenti. «Quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge, irreprensibile» (Fil 3, 6), dice. Tuttavia, nella vita di Paolo accadde qualcosa che cambiò radicalmente la sua concezione di ciò che Dio si aspettava da lui: l’incontro personale con Gesù Cristo. Ciò che cambia a partire da allora non è che san Paolo non adempia più la legge di Dio, ma che egli vuole vivere in lui «avendo come giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede» (Fil 3, 9).

San Paolo scopre che «la carità è pienezza della Legge» (Rm 13, 10). Per vivere la carità occorre riconoscere, prima di tutto, che ce la può dare solamente Dio, che è un dono del Signore. «Il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo [...], viene “scritto” nei cuori dallo Spirito Santo. Per questo diventa la “legge dello Spirito” [...]. È dunque lo Spirito Santo che diventa così maestro e guida dell’uomo dall’intimo del cuore»[4]. Alla Madonna, che nella Legge non ha mai visto alcuna schiavitù ma la libertà dell’amore, possiamo chiedere aiuto per «vivere secondo lo Spirito Santo» che, per san Josemaría, significa «permettere che Dio prenda possesso di noi e cambi il nostro cuore alla radice, portandolo alla Sua misura»[5].


[1] Benedetto XVI, Udienza, 11-IV-2012.

[2] Papa Francesco, Omelia, 24-X-2016.

[3] San Josemaría, Forgia, n. 498.

[4] San Giovanni Paolo II, Udienza, 9-VIII-1989.

[5] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 134.