Meditazioni: Lunedì della 5ª settimana di Pasqua

Riflessioni per meditare il lunedì della quinta settimana di Pasqua. I temi proposti sono: La Chiesa è aperta a tutti; Umiltà perché il Signore possa operare; Dio è entrato nella storia.

- La Chiesa è aperta a tutti

- Umiltà perché il Signore possa operare

- Dio è entrato nella storia


PAOLO E BARNABA girano il mondo conosciuto portando la novità che ha cambiato radicalmente la loro vita: l'incontro personale con Cristo. Spesso il Signore faceva sì che i discepoli accompagnassero le loro parole con miracoli sorprendenti. A Listra, ad esempio, guarirono un uomo nato zoppo. "Egli ascoltava Paolo mentre parlava e questi, fissandolo con lo sguardo e vedendo che aveva fede di essere salvato, disse a gran voce: «Àlzati, ritto in piedi!». Egli balzò in piedi e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare, dicendo, in dialetto licaònio: «Gli dèi sono scesi tra noi in figura umana!»" (At 14, 9-11). L'ammirazione suscitata dall'accaduto fu tale che la popolazione locale li considerò divinità scese sulla terra.

Durante la Pasqua riviviamo costantemente lo slancio dei primi cristiani: la vibrazione dei loro viaggi, dei loro incontri e dei loro discorsi. “Emerge dal Libro degli Atti la natura della Chiesa, che non è una roccaforte, ma una tenda capace di allargare il suo spazio (cfr Is 54, 2) e di dare accesso a tutti. La Chiesa è “in uscita” o non è Chiesa, o è in cammino allargando sempre il suo spazio affinché tutti possano entrare, o non è Chiesa. «Una Chiesa con le porte aperte» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 46), sempre con le porte aperte. Quando vedo qualche chiesetta qui, in questa città, o quando la vedevo nell’altra diocesi da dove vengo, con le porte chiuse, questo è un segnale brutto. Le chiese devono avere sempre le porte aperte perché questo è il simbolo di cosa è una chiesa: sempre aperta. La Chiesa è «chiamata a essere sempre la casa aperta del Padre. [...] Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa» (ibid., 47)".[1]

L'incontro di Paolo e Barnaba con il mondo non ebraico mostra la cattolicità della Chiesa. Il messaggio di Cristo è destinato a tutti, indipendentemente dalla provenienza geografica o culturale. Il libro degli Atti degli Apostoli può essere un buon manuale di istruzioni per continuare la gioia dell'evangelizzazione in mezzo ai nostri compiti ordinari.


È FANTASTICO CHE, ai nostri giorni, Dio voglia usare ciascuno di noi per raggiungere molte persone. Dopo l'Ascensione avrebbe potuto continuare a rivelarsi direttamente alle persone, ma ha preferito farlo attraverso le relazioni umane: in mezzo all'amicizia, in famiglia, in società, ecc. E la sua potenza divina non è minore ai nostri giorni di quella mostrata in mezzo ai primi cristiani.

«Il Signore farà anche di noi, nella nostra vita ordinaria, strumenti capaci di operare miracoli, e dei più straordinari, se fosse necessario, – diceva San Josemaría –. Chi non potrebbe raccontare tanti casi di ciechi fin quasi dalla nascita, che hanno recuperato la vista, ricevendo tutto lo splendore della luce di Cristo? Altri erano sordi, altri muti, e non potevano ascoltare o articolare una parola come figli di Dio (...). Faremo miracoli, come sono stati operati in te stesso, in me: forse eravamo ciechi, o sordi, o storpi, o esalavamo il fetore della morte, e la parola del Signore ci ha sollevati dalla nostra prostrazione. Se amiamo Cristo, se lo seguiamo sinceramente, se non cerchiamo noi stessi, ma solo Lui, in suo nome potremo trasmettere ad altri, gratuitamente, quello che gratuitamente Lui ci ha concesso».[2]

In questo impegno di portare felicità agli altri è importante approfondire l'umiltà di sapere che è Dio che opera in mezzo a noi. "Nella misura in cui cresce la nostra unione con il Signore e si fa intensa la nostra preghiera, anche noi andiamo all’essenziale e comprendiamo che non è la potenza dei nostri mezzi, delle nostre virtù, delle nostre capacità che realizza il Regno di Dio, ma è Dio che opera meraviglie proprio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza all'incarico. Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di non confidare semplicemente in noi stessi, ma di lavorare, con l'aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidandoci a Lui come fragili «vasi di creta»".[3]


SAN GIUDA, nel Vangelo di oggi, pone a Cristo una domanda che forse è passata per la testa anche a noi: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?» (Gv 14, 22). "Perché il Risorto non si è manifestato in tutta la sua gloria ai suoi avversari per mostrare che il vincitore è Dio? Perché si è manifestato solo ai suoi discepoli? "[4]

La risposta di Cristo è misteriosa. Sembra che non alluda a ciò che il suo apostolo ha chiesto: parla di mantenere la sua parola vivificante, di essere amati da Dio e che saremo la dimora dello Spirito Santo. Anche se non abbiamo una spiegazione esaustiva del perché il Signore abbia voluto fare le cose in un modo e non in un altro, sappiamo che i suoi disegni sono sempre i più saggi. E, nella sua immensa saggezza, per rivelarsi all'umanità ha voluto tenere conto della libertà umana e di tutte le conseguenze del voler entrare nella logica della storia. «Il rivelarsi di Dio nella storia per entrare in rapporto di dialogo d’amore con l’uomo, dona un nuovo senso all’intero cammino umano. La storia non è un semplice succedersi di secoli, di anni, di giorni, ma è il tempo di una presenza che le dona pieno significato e la apre ad una solida speranza».[5]

Quello che è certo è che Dio ha voluto contare su ciascuno di noi. «Non so che cosa capiti a te... – scriveva San Josemaría –, ma io ho bisogno di confidarti la mia emozione interiore, quando leggo le parole del profeta Isaia: “Ego vocavi te nomine tuo, meus es tu!” — Io ti ho chiamato, ti ho portato nella mia Chiesa, sei mio! Dio mi dice che sono suo! C'è da diventare pazzi d'Amore!»[6]. Possiamo chiedere a Maria di riempirci di un santo orgoglio per essere stati chiamati dal Signore a diffondere il suo messaggio, come Paolo e Barnaba; e, allo stesso tempo, di non mancare dell'umiltà di sapere che è Dio che opera tutto il bene in noi.


[1] Francesco, Udienza, 23-X-2019.

[2] San Josemaría, Amici di Dio, n 262.

[3] Benedetto XVI, Udienza, 13-VI-2012.

[4] Benedetto XVI, Udienza, 11-X-2006.

[5] Benedetto XVI, Udienza, 12-XII-2012.

[6] San Josemaría, Forgia, n. 12.