Meditazioni: Lunedì dell’8ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel lunedì dell’ottava settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: I comandamenti sono la via verso la felicità; In Cristo Dio viene incontro a noi; Possiamo accettare o no l’invito di Gesù.

- I comandamenti sono la via verso la felicità

- In Cristo Dio viene incontro a noi

- Possiamo accettare o no l’invito di Gesù


«Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» (Mc 10, 17). Così inizia il dialogo fra Gesù e un giovane che gli si era avvicinato. Questa domanda di fondamentale importanza, che il giovane fa in ginocchio, è la stessa che «nel corso dei secoli è stata rivolta a Cristo da innumerevoli generazioni di uomini e donne, giovani e anziani [...]. È l'interrogativo fondamentale di ogni cristiano»[1] e di ogni uomo. Ciò che questo giovane anela è quello che tutti noi desideriamo: essere felici sulla terra e dopo in cielo.

Abbiamo ascoltato la risposta di Gesù: «Tu conosci i comandamenti» (Mc 10, 19). Anzitutto Gesù conferma che deve stare attento agli echi della legge che Dio ha iscritto nel suo cuore e che ha rivelato al popolo. Il Signore, «con delicata attenzione pedagogica, risponde conducendo il giovane quasi per mano, passo dopo passo, verso la verità piena»[2]. La via per saziare la sete di senso di cui è pieno il suo cuore è chiara: vive in accordo con i comandamenti, divenuti vita della sua vita.

I comandamenti sono la via verso la felicità che Dio ha tracciato per i suoi figli. Anche se alcuni sono formulati in negativo, per individuare facilmente i limiti del bene e del male, i comandamenti sono in realtà un «sì» a Dio, al suo amore. Sono un «sì» anche agli altri uomini, perché l’amore al prossimo nasce da un cuore disposto a donarsi. Sono, infine, un «sì» a noi stessi. Più che una meta, «sono la prima tappa necessaria nel cammino verso la libertà»[3]. Con i comandamenti Dio ci vuole educare alla vera libertà: «Il Signore ci invita, ci spinge – perché ci ama teneramente – a scegliere il bene»[4].


Il giovane ascoltò attentamente Gesù e gli rispose con entusiasmo: «Maestro tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». A questo punto il Vangelo sottolinea che «Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò» (Mc 10, 20-21). In questo sguardo sereno di Cristo si rispecchia e brilla l’amore di Dio per gli uomini; in esso è «contenuto quasi il riassunto e la sintesi di tutta la Buona Novella»[5].

L’autentica felicità nasce quando scopriamo che Dio ci cerca e ci viene incontro. Dio «nella sua immensa misericordia, supera l’abisso dell’infinita differenza tra Lui e noi, e ci viene incontro. Per realizzare questa comunicazione con l’uomo, Dio si fa uomo: non gli basta parlarci mediante la legge e i profeti, ma si rende presente nella persona del suo Figlio, la Parola fatta carne. Gesù è il grande “costruttore di ponti”, che costruisce in sé stesso il grande ponte della comunione piena con il Padre»[6].

«Una cosa sola ti manca – disse ancora Gesù al giovane –: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» (Mc 10, 21). Il Signore «non vuole imporsi»[7], semplicemente lo invita. Il Signore non si stanca e, con pazienza, aspetta la nostra risposta. Siamo sempre in tempo ad accettare il suo invito. «Io voglio che voi siate felici – diceva san Josemaría durante una riunione familiare –, e lo chiedo al Signore con tutta la mia anima. Ma se volete essere felici, dovete essere disposti a seguire il Signore, mettendo i piedi dove Egli li ha messi»[8].


A quel punto il giovane ricco purtroppo non accolse l’invito di Gesù. Si riempì di tristezza e ritornò alla sua abituale routine. Gli evangelisti fanno una diagnosi unanime della causa del rifiuto: il giovane «possedeva molti beni» (Mc 10, 22; cfr. Mt 19, 22 e Lc 18, 23). I legami a quel che egli possedeva gli impedirono di fare il passo di amore verso Gesù. Non ebbe la scioltezza sufficiente per liberarsi di quei legami ed acquisire un bene assai più grande. «Dice il Vangelo abiit tristis, se ne andò triste. Perciò qualche volta l’ho chiamato l’uccello triste – predicava san Josemaría –: aveva perso la gioia, perché aveva rifiutato di dare a Dio la sua libertà»[9].

Sul clima gioioso che si era creato incombe ora il nuvolone dell’avvilimento. «Soltanto noi uomini ci uniamo al Creatore attraverso l’esercizio della nostra libertà: possiamo rendere o negare a Dio la gloria che gli compete in quanto Autore di tutto ciò che esiste. Questa possibilità tratteggia il chiaroscuro della libertà dell’uomo»[10]. I santi, da parte loro, si sono lasciati muovere dallo Spirito Santo e in tal modo la loro libertà si è accresciuta: non si sono fatti vincolare dalle cose della terra, divenendo così tanto leggeri da potersi muovere al passo di Dio.

Seguire Gesù significa imitare il suo semplice stile di vita. La povertà «ch’accompagnò Cristo in sulla croce; con Cristo fu seppellita, con Cristo resuscitò, con Cristo salì in cielo; la quale eziandio in questa vita concede all’anime, che di lei innamorano, agevolezza di volare in cielo»[11]. Maria, essendo piena di grazia, era anche piena di libertà. A lei possiamo chiedere che non ci lasciamo condurre da altri beni che non siano il più grande: seguire da vicino suo figlio Gesù.


[1] San Giovanni Paolo II, Omelia, 12-10-1997.

[2] San Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 8.

[3] Ibid., n. 13.

[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 24.

[5] San Giovanni Paolo II, Lettera ai giovani, 31-III-1985, n. 7.

[6] Papa Francesco, Angelus, 6-IX-2015.

[7] San Josemaría, Amici di Dio, n. 24.

[8] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 26-V-1974.

[9] San Josemaría, Amici di Dio, n. 24.

[10] Ibid.

[11] San Francesco d’Assisi, Fioretti, n. 13.