Meditazioni: Lunedì della 5ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel lunedì della quinta settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Gesù rivoluziona i luoghi attraverso i quali passa; Scoprire la gioia più profonda; Una fede fondata nell’amore di Dio.

- Gesù rivoluziona i luoghi attraverso i quali passa

- Scoprire la gioia più profonda

- Una fede fondata nell’amore di Dio


L’arrivo di un personaggio importante suole produrre una piccola rivoluzione nei posti da lui visitati, soprattutto se sono luoghi poco abituati a vivere grandi avvenimenti. Ciò che suole regnare nei piccoli villaggi è la tranquillità della routine, la ripetitiva cadenza di una vita segnata dalla quotidianità di fare sempre le stesse cose e vedere continuamente le stesse persone. Proprio per questo l’arrivo di Gesù a Genesaret fu una rivoluzione. Dal momento in cui «la gente lo riconobbe» (Mc 6, 54), la notizia corse di bocca in bocca con la velocità di chi non vuole perdere l’occasione della vita. Le piazze di quei villaggi si riempirono di malati e il rumore delle barelle quando toccavano il terreno diventò il suono predominante in quella zona della Galilea.

«Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza»[1]. Ed è facile immaginare che sarà stato proprio questo, la tenerezza, quello che emanava lo sguardo di Gesù mentre guariva un malato dopo l’altro; mentre, come fece in altre occasioni simili, produceva in essi la vera rivoluzione: quella di perdonare i loro peccati (cfr. Mc 2, 5). Però questa rivoluzione richiede un passaggio preliminare: quando scesero dalla barca, «subito lo riconobbero», ci dice il vangelo. Può essere guarito da Cristo solo chi è capace di riconoscerlo. Forse, come hanno saputo fare i santi, possiamo cominciare col riconoscere Gesù nella carne delle persone che ci stanno vicino, sapendo guardare con tenerezza le loro ferite. Sappiamo che tutti i particolari del servizio che facciamo ai nostri amici o parenti, in realtà li stiamo facendo a Gesù Cristo (cfr. Mt 25, 40). San Josemaría sosteneva che «se noi cristiani vivessimo davvero secondo la nostra fede, si verificherebbe la più grande rivoluzione di tutti i tempi»[2].


Se guardiamo gli avvenimenti da lontano, vediamo il Signore circondato da commozione, rumore, grida; un gran numero di persone si accalcano nel tentativo di raggiungerlo. Però noi vogliamo scoprire che cosa succede più vicino, nel cuore di Gesù. A parte la tenerezza nello sguardo, non c’è dubbio che la gioia che provavano le persone guarite avrà invaso anche il Signore, che sapeva allietarsi con quello che era causa di felicità per gli altri. San Paolo invita i Romani a rallegrarsi con quelli che sono nella gioia (cfr. Rm 12, 15), perché sa che quello è l’atteggiamento caratteristico di chi ha i sentimenti di Cristo (cfr. Fil 2, 5).

Comunque sappiamo che Gesù non è venuto a portare la gioia passeggera di una guarigione fisica. Qualche tempo dopo, mentre si dirige al Calvario, «a destra e a sinistra il Signore vede questa folla che vaga come un gregge senza pastore. Potrebbe chiamarli a uno a uno, con i loro nomi, con i nostri nomi. Vi sono lì in mezzo [...] quelli che erano stati risanati dai loro mali»[3]. Infatti, Gesù sapeva che, poco tempo dopo, alcuni avrebbero cancellato dalla loro memoria quel giorno, dimenticando le meraviglie che il Messia aveva operato nella loro vita.

Le persone di Genesaret che riacquistarono la salute lo fecero sicuramente perché credevano che Gesù poteva fare il miracolo, credevano nella sua capacità di vincere la malattia. Tuttavia, forse il loro cuore rimase a metà strada; si limitarono a cercare il Signore, mentre egli aveva qualcosa di immediato da offrire loro, non scoprirono la profonda gioia di vivere accanto a Gesù. Invece, «la gioia cristiana scaturisce da questa certezza: Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia [...]. E questa gioia rimane anche nella prova, nella stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che a Dio si affida e in Lui confida»[4].


Notare il contrasto tra quello che è successo a Genesaret, quando la folla si precipitava in cerca della guarigione e quello che è successo sul Calvario, quanto tutti chiedevano a gran voce la crocifissione, ci può aiutare a considerare senza fretta, con sincerità, che cosa esattamente cerchiamo quando cerchiamo Gesù. San Giovanni, che tanto bene sapeva quello che albergava nel cuore di Cristo, ci dà una traccia per purificare la nostra fede; «Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4, 16). Si tratta di qualcosa che a volte, senza volere, possiamo dimenticare nei momenti di difficoltà, quando ci sembra che il Signore sta dormendo o non vuole far uso del suo potere.

Non c’è dubbio, infatti, che questo è uno dei grandi problemi della fede: comprendere il mistero della volontà di Dio quando il Signore non utilizza il suo potere come a noi piacerebbe che facesse. Credere in Gesù quando siamo presenti a un miracolo è facile; difficile è, invece, essere presenti nelle situazioni in cui, erroneamente, a noi sembra che Dio non intervenga. A volta, senza rendercene conto, possiamo comportarci come quelli che sul Calvario gridavano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui» (Mt 27, 42).

Tante volte vediamo ingiustizie, maltrattamenti e dolori che ci possono far dubitare della presenza di Dio. San Giovanni visse lo stesso: tempeste, persecuzioni, il martirio del Battista e degli altri undici apostoli. Non solo, ma san Giovanni visse il Calvario e, paradossalmente, è ciò che gli permette di affermare che ha «conosciuto e creduto» nell’amore di Dio. È proprio questo, che il Signore non è sceso dalla croce, che ci ha insegnato che la rivoluzione della tenerezza non è un insieme di belle vicende, ma la presenza di un amore che si dona sino alle ultime conseguenze. «L’esperienza della tenerezza consiste nel vedere la potenza di Dio passare proprio attraverso ciò che ci rende più fragili»[5]. Maria, nostra madre, è colei che meglio comprende l’amore di Dio: ella ci aiuterà a conoscerlo meglio e a credere più fermamente in lui.


[1] Cfr. Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 88.

[2] San Josemaría, Solco, n. 945.

[3] San Josemaría, Via Crucis, III Stazione.

[4] Benedetto XVI, Angelus, 16-XII-2007.

[5] Papa Francesco, Udienza, 19-I-2022.